venerdì 20/06/2025 • 06:00
La crescente attenzione alla gestione del rischio ha trasformato il ruolo della corporate governance, favorendo una progressiva integrazione tra i presìdi di controllo interno delle aziende. Quali sono i vantaggi del tax control framework?
La riforma del regime di adempimento collaborativo, contemplata dalla delega fiscale e attuata con il D.Lgs. 221/2023, ha richiesto che il Tax Control Framework (TCF) sia allineato con i princìpi contabili adottati dall'impresa e integrato nel sistema complessivo di controllo interno.
Si tratta di una svolta culturale che il legislatore sta provando ad estendere anche alle PMI e comunque alle aziende sotto la soglia di accesso (oggi fissata in 750 milioni di fatturato, scenderà a 500 milioni nel 2026 e a 100 nel 2028). L'obiettivo è quello di arrivare nei prossimi anni ad abbracciare migliaia di contribuenti (oggi nel regime ci sono circa 150 società e altre 80 circa sono in procinto di entrare) e a “presidiare in modo partecipato” la maggior parte del gettito delle imprese italiane (stesso obiettivo che ha l'idea della compliance per le persone fisiche ad alto patrimonio, che andrebbe implementata).
Nelle piccole e medie imprese, tuttavia, il compito è più difficile soprattutto per gli oneri che il regime porta con sé.
E' per tale ragione, ad esempio, che il principio della segregazione funzionale di chi si occupa del monitoraggio del TCF deve essere attuato secondo modalità compatibili con la minore disponibilità di risorse e con una struttura organizzativa snella. Ecco allora che, a seconda delle caratteristiche dell'impresa, il monitoraggio del rischio fiscale può essere affidato al CFO, al responsabile amministrativo oppure a un consulente esterno dotato delle necessarie competenze. In alternativa, può essere istituito un comitato fiscale interfunzionale.
Ma vediamo nel dettaglio come, già oggi, i contribuenti "sotto soglia" possono fruire del regime premiale. L'art. 7-bis D.Lgs. 128/2015, come modificato dal D.Lgs. 221/2023, ha previsto la possibilità, per questi ultimi, di optare per l'adozione di un TCF certificato, accedendo in tal modo a un sistema di tutele e premialità che, pur diverso dal regime pieno, ne riprende le logiche di fondo. L'opzione, che ha una durata biennale ed è irrevocabile per il relativo periodo, si perfeziona con l'adozione e la certificazione di un TCF conforme alle Linee Guida emanate dall'Agenzia delle Entrate e diventa efficace a partire dal periodo d'imposta in cui viene esercitata.
La scelta non implica l'instaurazione di un dialogo continuo con l'Amministrazione finanziaria, come avviene nella cooperative compliance, ma introduce comunque un presidio preventivo attraverso il canale dell'interpello.
Per accedere è necessario costruire un sistema di gestione del rischio fiscale, formalizzato secondo i criteri stabiliti dalle Linee Guida, e sottoporlo a certificazione da parte di un professionista indipendente. Tale certificatore, che deve essere un avvocato o un dottore commercialista con almeno cinque anni di iscrizione all'albo e comprovata esperienza in materia tributaria, attesta l'idoneità del TCF a presidiare efficacemente il rischio fiscale, nonché la coerenza tra i controlli adottati e i criteri contabili di qualificazione, classificazione e imputazione temporale dei componenti reddituali.
La prospettiva premiale che accompagna l'adozione del TCF certificato è particolarmente significativa. Qualora il contribuente, dopo aver trasmesso un interpello preventivo all'Agenzia delle Entrate su specifici rischi fiscali, si attenga senza intenti simulatori o fraudolenti alla soluzione rappresentata, le eventuali violazioni commesse non saranno perseguibili penalmente ai sensi dell'art. 4 D.Lgs. 74/2000 (in materia di dichiarazione infedele) e non saranno applicate sanzioni amministrative.
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Daniele Sabatini
- Avvocato - Senior Counsel a WST Law & Tax FirmRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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