martedì 17/06/2025 • 12:15
L'innovazione ai fini del bonus R&S va valutata rispetto allo stato delle conoscenze dell'impresa, non in senso assoluto o in relazione al mercato. Inoltre, il MIMIT è competente per la valutazione tecnico-scientifica dei progetti di R&S e l'Agenzia delle Entrate non può introdurre criteri autonomi o più restrittivi (CGT II Lombardia 16 giugno 2025 n. 1482).
Il caso esaminato (CGT II Lombardia 16 giugno 2025 n. 1482) riguarda la contestazione dell'ammissibilità di crediti d'imposta dichiarati da una società per le annualità 2015 e 2016 e utilizzati in compensazione nel 2017, per un totale di oltre 88.000 euro. L'Agenzia delle Entrate aveva negato la spettanza dei crediti, contestando la qualificazione delle attività come R&S e irrogando sanzioni pesanti. La vicenda giudiziaria si è sviluppata su più livelli, ponendo al centro dell'attenzione le nozioni di “innovatività” e l'interpretazione delle fonti comunitarie e nazionali, oltre al tema – assai attuale – della distinzione tra crediti “inesistenti” e “non spettanti”.
Fatti della controversia
La società destinataria dell'atto impositivo aveva maturato crediti d'imposta R&S per le annualità 2015 e 2016, ritenendo che le attività svolte – relative sia allo sviluppo software che all'innovazione di componenti meccanici – rientrassero nei parametri previsti dall'art. 3 DL 145/2013. L'Agenzia delle Entrate, all'esito di un'istruttoria documentale, contestava invece la “mancanza di innovatività” dei progetti e la non ammissibilità dei costi sostenuti, qualificando i crediti come “inesistenti” e applicando la sanzione massima (100%). La società ricorreva in primo grado, sollevando molteplici motivi: dalla nullità dell'atto per difetto di contraddittorio e di sottoscrizione, alla violazione dell'onere della prova, fino alla richiesta di derubricazione da credito inesistente a non spettante (con conseguente decadenza dei poteri impositivi e riduzione delle sanzioni).
I motivi di appello e le deduzioni delle parti
L'Agenzia delle Entrate, soccombente in primo grado, proponeva appello lamentando la violazione delle norme di riferimento (art. 3 DL 145/2013, DM 27 maggio 2015) e sostenendo che il concetto di innovatività dovesse essere interpretato secondo i cinque criteri del Manuale di Frascati 2015 (novità per il mercato, creatività, incertezza, sistematicità, trasferibilità). Secondo l'Ufficio, la normativa nazionale doveva essere letta alla luce della Comunicazione CE 2014/C 198/01, richiamata nella prassi successiva dell'Amministrazione finanziaria.
La società appellata resisteva, sostenendo la correttezza della sentenza di primo grado e ribadendo che la valutazione dell'innovatività deve essere riferita allo stato delle conoscenze dell'impresa, non a quello assoluto del mercato, e che la fonte interpretativa rilevante era la Comunicazione CE 2006/C 323/01, recepita dal DM 28 marzo 2008 e dalla prassi coeva (Circ. MISE 16 aprile 2009 n. 46586, Circ. AE 16 marzo 2016 n. 5). In via incidentale, chiedeva la dichiarazione di nullità dell'atto per mancato contraddittorio preventivo.
La posizione della Corte: innovazione, Manuale di Frascati e Linee Guida MIMIT
La Corte di Giustizia Tributaria lombarda, con una motivazione articolata, prende posizione su aspetti chiave:
Competenze tecniche e ruolo del MIMIT
La Corte sottolinea che la valutazione dell'innovatività e della natura tecnico-scientifica dei progetti non è di competenza dell'Agenzia delle Entrate, ma del MIMIT. L'Ufficio non può sostituirsi all'organo tecnico ministeriale, né introdurre criteri innovativi non previsti dalla normativa vigente né dalle fonti comunitarie richiamate dalla legge.
Osservazioni
La sentenza in oggetto fornisce importanti indicazioni interpretative destinate a incidere concretamente sulla prassi amministrativa e sulle strategie difensive di imprese e professionisti:
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