X

Homepage

  • Fisco
  • Lavoro
  • Contabilità
  • Impresa
  • Finanziamenti
  • Mondo Digitale
  • Speciali
  • Info dagli ordini
  • Podcast
  • Video
  • Rassegna stampa
  • Archivio ultime edizioni
  • Il mio archivio

Accedi ai nostri nuovi servizi

Registrati alla Newsletter

Iscriviti al canale WhatsApp

Segui il canale Spotify

  • Fisco
  • Lavoro
  • Contabilità
  • Impresa
  • Finanziamenti
  • Mondo Digitale
  • Speciali
Accedi ai nostri nuovi servizi
  • Fisco
  • Lavoro
  • Contabilità
  • Impresa
  • Finanziamenti
  • Mondo Digitale
  • Speciali
  • ARGOMENTI
  • Crisi di impresa
Altro

martedì 17/06/2025 • 06:00

Impresa Dalla Cassazione

Rivendica fallimentare: la doppia prova a carico del terzo rivendicante

Con l'ordinanza n. 14384/2025 la Cassazione ribadisce il proprio consolidato insegnamento volto a rafforzare l'onere probatorio gravante sul terzo che intenda rivendicare beni mobili inventariati dal curatore, confermando la centralità dell'art. 621 c.p.c. quale presidio a tutela della par condicio creditorum.  

di Matteo Spataro - Avvocato in Milano Studio legale Edoardo Ricci - Avvocati

+ -
    • Condividi su
  • Tempo di lettura 3 min.
  • Ascolta la news 5:03
  • caricamento..

Il caso

La Cass. 29 maggio 2025 n. 14384 ha definito un giudizio che trae origine dalla presentazione, in sede di verifica dello stato passivo fallimentare, di una domanda di rivendica di beni mobili inventariati dal curatore all'interno di un immobile di proprietà del terzo rivendicante, nel quale la società fallita in passato aveva esercitato la propria attività d'impresa.

Il rivendicante allegava di essere proprietario dei beni in forza di titoli di acquisto anteriori alla dichiarazione di fallimento e di avere l'utilizzo esclusivo dei locali per la propria attività imprenditoriale, essendo da tempo cessato il contratto di locazione dell'immobile sottoscritto con il fallito.

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando princìpi di diritto ormai consolidati nella giurisprudenza di legittimità circa la natura, le modalità e i limiti della prova nella rivendica fallimentare.

La presunzione legale di appartenenza e il regime probatorio dell'art. 621 c.p.c.

La Corte di Cassazione, ribadito che “la dichiarazione di fallimento attua un pignoramento generale dei beni del fallito”, conferma che l'inventariazione dei beni da parte del Curatore equivale all'individuazione dei beni stessi oggetto di esecuzione, analogamente a quanto accade nel pignoramento individuale.

Da ciò consegue che le rivendiche, aventi ad oggetto beni inventariati, proposte nei confronti del fallimento hanno la stessa natura e soggiacciono alla stessa disciplina delle opposizioni di terzo all'esecuzione dettata dagli artt. 619 e ss. c.p.c. in tema di esecuzione individuale.

Pertanto, il terzo che rivendichi la proprietà o altro diritto reale sui beni compresi nell'attivo fallimentare (in quanto inventariati ai sensi degli artt. 84 e ss. l. fall. e oggi degli artt. 193 e ss. CCII) deve provare con atto scritto avente data certa anteriore al fallimento e senza potersi avvalere della prova testimoniale e/o per presunzioni (salvo il caso residuale in cui l'esercizio del diritto sia reso verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore):

  • sia il proprio diritto reale (vale a dire: di avere acquistato la proprietà del bene prima della dichiarazione di fallimento);
  • sia il titolo sottostante all'affidamento del bene al fallito (vale a dire: che il bene non era di proprietà del fallito, ma gli era stato affidato dal terzo proprietario in forza di un titolo diverso dalla proprietà o altro diritto reale).

È questa la cosiddetta doppia prova costantemente predicata dalla Corte di Cassazione (si vedano, tra le molte: Cass. 15 maggio 2024 n. 12958; Cass. 27 dicembre 2023 n. 34451, che parla di “regime probatorio aggravato previsto dall'art. 621 c.p.c.”; Cass. 26 settembre 2017 n. 20191; Cass. 5 novembre 2012 n. 18932; Cass. 24 novembre 2011 n. 27092; Cass. 20 luglio 2007 n. 16158).

Tale onere probatorio è il riflesso della presunzione legale relativa di appartenenza dei beni mobili rinvenuti nei luoghi riferibili al fallito, fondata sulla relazione fattuale e apparente tra questi ultimi e il debitore, in una prospettiva di tutela dell'affidamento dei creditori e della par condicio concorsuale.

In altri termini, il possesso di fatto da parte del fallito genera una presunzione, che inverte l'onere della prova: sarà quindi onere del terzo reclamante, ai sensi dell'art. 621 c.p.c., superare tale presunzione mediante documentazione avente data certa, in grado di dimostrare tanto il proprio titolo di acquisto, quanto la diversa ragione della disponibilità del bene in capo al fallito (comodato, locazione, deposito, ecc.).

L'apparenza del possesso e l'irrilevanza della cessazione del godimento

Il ricorrente aveva posto particolare rilievo sulla circostanza della cessazione, risalente al 2018, del contratto di locazione immobiliare con il fallito, con la conseguenza che la curatela non avrebbe potuto legittimamente inventariare i beni mobili oggetto della domanda di rivendica perché, appunto, la relazione tra il debitore e l'immobile (di proprietà del ricorrente) in cui i beni erano stati rinvenuti era venuta meno da tempo.

La Corte ha ritenuto l'argomento infondato, in quanto è irrilevante che l'inventario sia stato eseguito in luoghi relativamente ai quali il fallito avrebbe perso la disponibilità giuridica. Il dato centrale non è la titolarità giuridica del bene immobile o la validità del rapporto locatizio, ma l'apparenza del possesso in capo al fallito: se il bene è rinvenuto in un luogo a lui riferibile, anche in via di fatto, si applica la presunzione legale di appartenenza del bene al fallito, che impone al terzo rivendicante l'onere della doppia prova. Il che vale anche in assenza di godimento formale, ove persista una relazione materiale e fattuale tra il fallito e il luogo.

Considerazioni conclusive

L'ordinanza in esame offre un'ulteriore conferma dell'orientamento giurisprudenziale volto a valorizzare, nel contesto fallimentare, esigenze di certezza e tutela del concorso, anche a costo di sacrificare istanze di giustizia sostanziale del terzo rivendicante. In tal senso, l'onere della “doppia prova” si configura come un presidio sistematico, funzionale a evitare spoliazioni fraudolente dell'attivo, anche mediante l'uso distorto di strumenti negoziali apparentemente leciti.

La ratio è quella di garantire la certezza dell'attivo fallimentare e tutelare l'affidamento dei creditori. Quando il curatore fallimentare procede all'inventario dei beni presenti nei locali ove il fallito esercitava la propria attività d'impresa, si presume che tali beni siano di proprietà del fallito stesso: questa è una presunzione legale relativa, fondata sull'apparenza del possesso.

In dottrina non sono mancati inviti a un'applicazione meno rigorosa e intransigente del principio della doppia prova, specie in presenza di terzi effettivamente proprietari, ma privi di documentazione “a prova di fallimento”, o in quei casi in cui il fallito sia evidentemente non proprietario o l'affidamento dei creditori non sia leso.

L'ordinanza qui in commento, tuttavia, conferma l'irremovibilità della Corte di Cassazione, dal cui consolidato insegnamento è doveroso trarre il richiamo alla necessità per il terzo che agisca in rivendica di dotarsi di un impianto probatorio rigoroso, in grado di superare l'apparenza e la presunzione legale di appartenenza dei beni inventariati al fallito.

Fonte: Cass. 29 maggio 2025 n. 14384

Quotidianopiù è anche su WhatsApp! Clicca qui per iscriverti gratis e seguire tutta l'informazione real time, i video e i podcast sul tuo smartphone.

© Copyright - Tutti i diritti riservati - Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.

Vedi anche

Impresa Dalla Cassazione

Chiusura del concordato fallimentare e definitività dell’omologazione

La Corte di Cassazione, con ordinanza 19 maggio 2025 n. 13337, afferma che la chiusura del fallimento per concordato fallimentare non è condizionata alla piena attuazion..

di Gabriele Prenna - Avvocato in Milano Studio legale Edoardo Ricci - Avvocati

Approfondisci con


L’accertamento del passivo nella liquidazione giudiziale dopo il Correttivo

L’articolo fornisce una guida dettagliata sul procedimento previsto in materia di accertamento del passivo nella liquidazione giudiziale, così come modificato dal D.Lgs. 136/2024 pubblicato nella G.U. n. 227 del 27/09/2..

di

Francesco Bartolini

- Magistrato di cassazione a riposo

Registrati gratis

Per consultare integralmente tutte le news, i podcast e i video in materia di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale, la rassegna stampa del giorno e ricevere quotidianamente la tua newsletter

Iscriviti alla Newsletter

Rimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione

Funzionalità riservata agli abbonati

Per fruire di tutte le funzionalità e consultare integralmente tutti i contenuti abbonati o contatta il tuo agente di fiducia.

Trovi interessante questo video?

Per continuare a vederlo e consultare altri contenuti esclusivi abbonati a QuotidianoPiù,
la soluzione digitale dove trovare ogni giorno notizie, video e podcast su fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale.
Abbonati o contatta il tuo agente di fiducia.
Se invece sei già abbonato, effettua il login.

Ricerca Vocale

Clicca sul microfono per cominciare a registrare il messaggio.

“ ”