
sabato 07/06/2025 • 06:00
Il cd. DDL PMI, prossimo all'esame parlamentare, punta a introdurre in via sperimentale una misura che incentiva il ricambio generazionale tra lavoratori in età pensionistica e giovani under 35: analizziamone la disciplina e i possibili impatti sul mercato del lavoro italiano.
Il ricambio generazionale prende le mosse dalle piccole imprese italiane. Che così piccole, per il sistema Paese, non sono.
Al netto di tale “epiteto”, infatti, su 4,4 milioni di imprese attive in Italia il 95,13% è costituito da organizzazioni con meno di 10 addetti, contro lo 0,09% da grandi imprese. La movimentazione è di oltre 1.000 miliardi di euro complessivi: il 40% del valore aggiunto nazionale, con un terzo di tutti gli occupati.
A promuovere il ricambio generazionale anche nelle imprese più piccole è il disegno di legge n. 1484 del 2025 (cd. Decreto PMI), in Senato da pochi giorni, che punta a garantire attuazione all'art. 18 L. 180/2011 di recepimento del c.d. “Small Business Act” (comunicazione della Commissione europea del 25 giugno 2008).
L'art. 4 di questo disegno di legge, infatti, promuove la famigerata staffetta generazionale. Quella a cui il contratto di espansione, rimasto privo di finanziamenti e come tale perento, guardava.
Esploriamola lungo le tre traiettorie su cui si snoda.
Requisiti e disciplina della staffetta generazionale (DDL 1484/2025)
Anzitutto, la staffetta generazionale è sperimentale per il biennio 2026-2027 per tutte le imprese con meno di 50 dipendenti rispetto ad una platea massima di 1.000 lavoratori con contratto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato in possesso dei requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia o anticipata entro il 1 gennaio 2028. Tale requisito può essere conseguito anche attraverso il cumulo di periodi assicurativi presso diverse gestioni amministrate dall'Inps.
Ad essere introdotta è una forma di part-time incentivato. Questi 1.000 lavoratori possono, infatti, su base volontaria, optare per una riduzione dell'orario lavorativo in una misura compresa tra il 25% e il 50%, concordare con il datore di lavoro le modalità di svolgimento della prestazione attraverso clausole elastiche o flessibili su base settimanale o mensile. E beneficiare:
In secondo luogo, e per converso, il datore di lavoro, in sostituzione del lavoratore “pensionabile” part-time, assume un lavoratore di età inferiore ai 35 anni, con il beneficio a seconda dei casi:
Infine, il neoassunto potrà sostituire integralmente la posizione lavorativa del lavoratore “pensionabile”, una volta cessato il rapporto di lavoro di quest'ultimo.
Un primo passo
Il disegno di legge è sicuramente una risposta ad un mondo del lavoro caratterizzato da due sponde che hanno smesso di comunicare.
Da una parte, i giovani che non nascono (come suggerisce l'abbattimento del tasso di natalità a 390mila unità nel 2024) e che rinunciano all'occupazione (come dimostrano le 200mila posizioni di lavoro scoperte e circa i 3 milioni di Neet). Ad essere occupati sono infatti soltanto 5,4 milioni di under 35.
Dall'altra parte, i 10 milioni circa di over 50 che popolano le nostre aziende e che rischiano di tramutarsi in esuberi, piuttosto che restare risorse, in conseguenza di un'inefficace reskilling ma anche dell'impatto dell'innovazione tecnologica, intelligenza artificiale inclusa. Con un effetto “desertificazione” dei contesti organizzati e un abbattimento della produttività, legata all'effort di ogni singola risorsa, che drammaticamente già ristagna da 20 anni.
Si tratta di certo soltanto di una sperimentazione. Ed infatti, la “staffetta” merita di essere estesa, o meglio ripristinata nel ricordo del “compianto” contratto di espansione, anche nelle imprese più grandi.
Ma un primo passo è compiuto. Del resto, come recita un antico proverbio wolof: il giovane cammina veloce ma l'anziano conosce la strada.
Fonte: DDL 1484/2025
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