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mercoledì 04/06/2025 • 06:00

Impresa Dalla Cassazione

Contratto di agenzia: parità delle parti in materia di recesso

La Cassazione, con ordinanza 26 maggio 2025 n. 14048, ha confermato che in tema di recesso vige il principio di parità delle parti con la conseguenza che entrambe hanno la stessa possibilità di recedere dal contratto di agenzia. La clausola che prevede una penale solo a carico di una parte è da ritenersi nulla per frode alla legge.

di Paola Sabatino - Dottore commercialista

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Il contratto di agenzia è un contratto, introdotto nel codice civile dall'art. 1742, per il quale una parte assume stabilmente l'incarico di promuovere, per conto dell'altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata. Il contratto deve essere provato per iscritto. Tale tipologia contrattuale può essere stipulata a tempo determinato o a tempo indeterminato. L'art. 1750 c.c. che disciplina la durata del contratto e l'ipotesi di recesso dispone che se il contratto di agenzia è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto stesso dandone preavviso all'altra entro i termini stabiliti. Quest'ultimi sono fissati dal medesimo articolo, ma sono, tuttavia, derogabili in senso più favorevole all'agente e graduati in ragione alla durata del rapporto. Altresì, il medesimo articolo, all'ultimo comma, dispone che, salvo diverso accorto tra le parti, la scadenza del termine di preavviso deve coincidere con l'ultimo giorno del mese del calendario.

La questione

Una S.r.l. chiedeva dinanzi al Tribunale di Firenze una condanna al pagamento di una somma a titolo di penale, generata dall'inadempimento contrattuale di un agente che aveva esercitato il diritto di recesso due giorni dopo la stipula del contratto. Nel decidere la controversia, il Giudice di prime cure prendeva atto che la durata del contratto era a tempo indeterminato e procedeva alla riqualifica del rapporto contrattuale da “collaborazione” ad “agenzia”.

Il Tribunale di Firenze rigettava il ricorso e la società proponente avanzava appello dinnanzi la Corte di Firenze.

I Giudici di appello hanno confermato la sussistenza di un contratto di agenzia e hanno rilevato che il recesso dopo due giorni dalla stipula del contratto, senza che l'agente abbia prestato alcuna attività lavorativa, non poteva generare alcuna penale. Sul punto, la previsione di una penale violava, senza ombra di dubbio, l'art. 1750 c.c. Preso atto del contratto, la Corte di appello di Firenze sollevava la configurazione di una eccessiva onerosità atteso che diveniva gravoso l'esercizio del diritto di recesso dell'agente, incorrendo, così, in una sovversione della regola della parità delle parti in materia di recesso.

Va da sé che la conseguenza era la nullità della clausola per frode alla legge ex art. 1344 c.c. La clausola contrattuale de qua predeterminava solo a vantaggio del preponente il danno legato al recesso e non a carico dell'agente.

Preso atto della violazione del principio di parità tra le parti, la Corte d'appello rigettava il ricorso.

Il procedimento giungeva dinnanzi i Giudici della Cassazione, i quali, con l'ordinanza n. 14048 in commento, rigettando il ricorso rilevavano che i Giudici di merito avevano correttamente evidenziato che la regola di parità non era rispettata, in virtù del fatto che l'art. 1750 c. 2 c.c. prevede che “se il contratto di agenzia è a tempo indeterminato ciascuna delle parti può recedere dal contratto stesso dandone preavviso all'altra entro un termine stabilito dalla legge”. Tuttavia, il successivo c. 4, statuisce che le parti possono concordare termini di preavviso di maggiore durata, ma il preponente non può serbare un termine inferiore a quello posto a carico dell'agente.

Riportandosi all'orientamento giurisprudenziale prevalente (Cass. 24478/2021) i massimi Giudici hanno confermato che “In tema di contratto di agenzia, l'art.1750 c. 4 c.c., nel porre la regola inderogabile secondo cui i termini di preavviso devono essere gli stessi per le due parti del rapporto, esprime un precetto materiale che vieta pattuizioni che alterino la parità delle parti in materia di recesso, con la conseguenza che è nullo per frode alla legge (art. 1344 c.c.) il patto che contempli, in aggiunta all'obbligo di pagare l'indennità di mancato preavviso, una clausola penale che, in quanto eccessivamente onerosa, incida in maniera significativa sulla normale facoltà di recedere di una delle parti, limitandola fortemente”.

Nel caso di specie, il recesso dell'agente diveniva eccessivamente oneroso. Per tali ragioni la Corte ha rigettato il ricorso, condannando parte ricorrente alle spese di lite.

Osservazioni

Con l'ordinanza del 26 maggio 2025 n. 14048 in commento si conferma quanto sia importante volgere lo sguardo all'intera disciplina contrattualistica, ivi inclusa l'eccessiva onerosità della penale. La penale, si rammenta, è da considerarsi eccessiva quando l'importo pattuito è manifestatamente sproporzionato rispetto al danno effettivamente subito dal creditore a causa dell'inadempimento. Nel caso di specie, la clausola penale incideva in maniera significativa sulla normale facoltà di recedere da parte dell'agente.

Fonte: Cass. 26 maggio 2025 n. 14048

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