mercoledì 14/05/2025 • 10:57
La sentenza della CGUE 7 marzo 2024 (causa C-341/22) ha messo in discussione la compatibilità della disciplina italiana sulle società di comodo rispetto al diritto comunitario, in materia di diritto alla detrazione e recupero del credito IVA. Il MEF, con Risposta ad interrogazione parlamentare 13 maggio 2025 n. 5-03950, è tornata sulla questione.
redazione Memento
In Italia, una società è considerata di comodo quando, nei tre esercizi precedenti, i ricavi, le rimanenze e i proventi risultano inferiori alle soglie fissate dall'art. 30 c. 1 L. 724/94. Per queste società, il comma 4 prevede l'esclusione dal diritto alla detrazione IVA, al fine di contrastare fenomeni di frode, evasione e abusi, specie quando veicoli societari sono costituiti solo per evitare l'incidenza dell'IVA su beni usati a fini personali.
Tuttavia, la Corte di giustizia UE del 7 marzo 2024 (causa C-341/22) ha dichiarato incompatibile con la direttiva IVA (articoli 9 e 167) il ricorso a mere presunzioni per negare il diritto alla detrazione, criticando il sistema italiano che può precludere la detrazione anche in assenza di prove concrete di frode o abuso. Secondo la Corte, il beneficio del diritto a detrazione può essere negato solo se sono dimostrati abusi tramite elementi oggettivi e non semplici supposizioni. Questo principio si collega al divieto di pratiche abusive: non sono consentite costruzioni fittizie e prive di sostanza economica, create unicamente per ottenere vantaggi fiscali contrari agli obiettivi della direttiva IVA.
Alla luce di questa sentenza, sono stati richiesti chiarimenti sulle modalità operative di recupero dei crediti IVA maturati dalle società di comodo, con la proposta di utilizzare la dichiarazione integrativa per gli anni precedenti al 2024.
L'Agenzia delle Entrate, sentiti gli uffici competenti, ha ricordato che la revisione della disciplina sulle società di comodo è stata solo parzialmente avviata con l'art. 20 D.Lgs. 192/2024, che ha modificato i coefficienti patrimoniali ai fini del test di operatività e del calcolo del reddito minimo, ma non ha ancora adeguato la normativa IVA nazionale ai principi comunitari. Di conseguenza, la disposizione che esclude le società non operative dal diritto alla detrazione IVA è tuttora in vigore, senza modifiche che tengano conto del nuovo orientamento della Corte di giustizia.
Nel frattempo, non è possibile individuare una soluzione operativa per il recupero/utilizzo dei crediti IVA delle società di comodo, poiché qualsiasi decisione in merito deve attendere una revisione complessiva della disciplina nazionale, che tenga conto dell'impatto della sentenza UE e della necessità di evitare la riapertura di rapporti ormai conclusi, nonché effetti negativi sul gettito fiscale.
In sintesi, fino a quando non interverrà una modifica legislativa che recepisca i principi affermati dalla Corte di giustizia, resta in vigore il divieto di detrazione IVA per le società di comodo, e non vi sono ancora modalità operative per il recupero dei crediti maturati negli anni precedenti.
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Matteo Dellapina
- Avvocato, Cultore in Diritto Tributario presso l’Università di PaviaRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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