lunedì 12/05/2025 • 06:00
La Cassazione ha chiarito che, nel caso di sopravvenienze attive derivanti dal riconoscimento di un credito in sede processuale, le stesse debbano essere imputate al periodo d’imposta relativo all’emissione della pronuncia, non dovendosi attendere il passaggio in giudicato (Cass. 6 maggio 2205 n. 11917).
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Sopravvenienze attive derivanti dal riconoscimento di un credito in sede processuale
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 11917/2025, si è espressa in materia di imputazione temporale delle sopravvenienze attive e, in particolare, delle componenti positive di reddito scaturite all’esito di una vicenda processuale.
La Suprema Corte, infatti, ha affermato per la prima volta il principio di diritto secondo il quale le sopravvenienze attive derivanti dal riconoscimento di un credito in sede giudiziale dovranno essere dichiarate nell'anno di imposta in cui la relativa sentenza è stata depositata, a meno che la sua efficacia esecutiva non sia stata sospesa.
La pronuncia della Suprema Corte trae origine da un ricorso promosso dall’Agenzia delle Entrate, soccombente in entrambi i gradi di merito, la quale aveva fondato un accertamento, emesso nei confronti di una società contribuente, sul rilievo di una condotta imputabile a quest’ultima di dichiarazione infedele relativa all'anno di imposta 2009. Ci si riferiva, specificamente, alla dichiarazione di alcune sopravvenienze attive rappresentate dalla restituzione di somme versate ad un istituto di credito, risultate riconducibili a debiti per interessi in forza di un contratto di conto corrente bancario.
L’istituto di credito, condannato alla restituzione di tali importi dal giudice ordinario di prime cure, aveva appellato la relativa decisione ottenendone la sospensione parziale, per poi risultare nuovamente soccombente in ragione di una sentenza depositata nel 2009 e divenuta definitiva l’anno dopo per mancata impugnazione.
Ebbene, ci si domanda quando la contribuente avrebbe dovuto imputare tali sopravvenienze attive. In merito si sono formate due tesi contrapposte, quella dell’Agenzia delle Entrate e quella della CTR della Puglia: ad avviso della prima, la contribuente avrebbe dovuto imputare le menzionate sopravvenienze al periodo d’imposta 2009, ossia nel momento in cui le stesse sono divenute certe nella loro esistenza e nel loro esatto ammontare; ad avviso della CTR adita, al contrario, la società avrebbe agito correttamente attendendo l’anno 2010, nel corso del quale si era formato il giudicato sulla spettanza del credito restitutorio. La Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso erariale.
La pronuncia in commento richiama altra giurisprudenza di legittimità sul punto, secondo la quale una sopravvenienza attiva deve essere assoggettata ad imposizione con riferimento all'esercizio in cui la posta acquista certezza e, qualora la stessa consista nel venir meno di un costo già contabilmente rappresentato, rileva il momento in cui si è acquisita la giuridica certezza della sua inesistenza, vale a dire quello in cui si è verificato il fatto di gestione che ne ha prodotto il venir meno. Su tali basi, allora, la Cassazione ha ritenuto che, nelle ipotesi in cui la sopravvenienza attiva discenda dal riconoscimento giudiziale di un credito, occorra considerare il lasso temporale durante il quale il provvedimento è stato depositato: la posta attiva, infatti, assumerebbe solo con il deposito quella connotazione di certezza nell'esistenza ed obiettiva determinabilità richiesta dall'art. 109 c. 1 TUIR.
La soluzione proposta dalla Suprema Corte collide con il suo orientamento in materia di compensazione giudiziale, per il quale il requisito della certezza di un credito comporta che il relativo accertamento da parte del giudice sia divenuto definitivo; in proposito, la Cassazione ha rilevato come l’art. 109 c. 1 TUIR, debba essere verificato sulla base di criteri essenzialmente economici e come un'eventuale modifica della decisione nei successivi gradi di giudizio realizzerebbe una sopravvenienza passiva, idonea anch'essa a concorrere alla formazione del reddito.
Osservazioni
L’opera nomofilattica della Suprema Corte non si è esaurita qui, poiché ha chiarito la rilevanza, ai fini dell'imputazione a reddito delle sopravvenienze attive, dell’eventuale sussistenza di ostacoli al suo concreto conseguimento da parte del contribuente (come, ad esempio, nel caso delle sopravvenienze che discendono dal riconoscimento di un credito con sentenza, laddove l'efficacia esecutiva di quest'ultima sia sospesa nelle more del giudizio di appello o per cassazione). Nel caso in cui, pertanto, ricorrano delle condizioni ostative al perseguimento della componente positiva sopravvenuta da parte del contribuente, quest’ultima non potrà, evidentemente, concorrere alla formazione effettiva del reddito nel corso dell’esercizio d’impresa. Le sopravvenienze attive, pertanto, richiederanno ai fini della loro imputazione temporale la concreta possibilità del loro incasso.
Fonte: Cass. 6 maggio 2025 n. 11917
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Ferdinando Broggi
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