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venerdì 09/05/2025 • 06:00

Lavoro DALLA CASSAZIONE

Infortuni sul lavoro: confermata responsabilità del datore di lavoro di fatto

La responsabilità dell'amministratore per l'infortunio subito dal lavoratore non viene meno per il fatto che il ruolo rivestito sia apparente: ciò in virtù del principio di effettività, che attribuisce la posizione di garanzia a colui che di fatto esercita i poteri del datore di lavoro. Lo ha stabilito la Cassazione nella sentenza 15697/2025.

di Cipriano Ficedolo - Avvocato penalista d’impresa

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Nella pronuncia n. 15697 del 18 marzo 2025, la quinta sezione penale della Cassazione ha confermato la sussistenza della responsabilità del datore di lavoro "di fatto" in materia di infortuni sul lavoro.

I fatti

La vicenda processuale trae origine a seguito di un infortunio sul lavoro occorso ad un lavoratore impegnato a scaricare cementi, tubi, ed attrezzi vari da un furgone da cantiere; mentre lo stesso era intento a movimentare tale materiale, un tubo di cemento per fognature del peso di oltre 40 kg. gli era caduto sulle dite della sua mano sinistra, cagionandogli lesioni personali.

In conseguenza del predetto sinistro, al datore di lavoro veniva mosso l'addebito colposo per imprudenza, negligenza e imperizia e violazione degli artt. 18 c. 1 lett. f), 37 c. 1 e 169 c. 1 D.Lgs. 81/2008, per aver omesso di formare adeguatamente il lavoratore e di impartirgli disposizioni sui rischi e sulle azioni da intraprendere nella movimentazione dei carichi manuali.

A seguito del processo penale il Tribunale di Campobasso condannava il legale rappresentante pro tempore della società e quindi datore di lavoro, in ordine al reato di cui all'art. 590 c.p. in danno del lavoratore, alla pena di 6 mesi di reclusione, condanna confermata in secondo grado.

Avverso la sentenza della Corte di Appello l'imputato presentava ricorso per cassazione.

La decisione della Suprema Corte

La Suprema Corte rigettava il ricorso ritenendolo infondato sulla base delle seguenti motivazioni.

L'imputato, con il primo motivo di ricorso, a propria discolpa, asseriva di non avere alcuna responsabilità penale fondata sulla qualifica formale di legale rappresentante della società dal momento che, a suo dire, era un semplice prestanome ed inoltre, nel corso dell'istruttoria, non era stata dimostrata la sua partecipazione attiva nella gestione dell'attività aziendale, di conseguenza non avrebbe potuto/dovuto rispondere dell'infortunio.

Ma i giudici di legittimità hanno ritenuto inammissibili e manifestamente infondate le motivazioni con cui si censurava la qualifica del datore di lavoro del ricorrente, poiché la posizione di garanzia in tema di debito di sicurezza antinfortunistica deve essere riferita anche solo alla assunzione della carica di legale rappresentante della società alle cui dipendenze è posto il lavoratore e su cui i terzi fanno affidamento.

Tale interpretazione è confortata dalla lettura degli artt. 2 e 299 D.Lgs. 81/2008 che definiscono la qualifica di datore di lavoro e perimetrano l'esercizio di fatto delle funzioni tipiche di coloro che rivestono tale qualifica, oltre che quella di dirigente e preposto: il datore di lavoro è il soggetto titolare del rapporto di lavoro, il quale riveste la posizione di garanzia.

A ciò si aggiunga che, l'art. 299 D.Lgs. 81/2008, nel definire l'esercizio di fatto dei poteri direttivi, stabilisce che la posizione di garanzia relativa al datore di lavoro grava altresì su colui che, pur sprovvisto di formale investitura, eserciti in concreto i poteri riferiti al soggetto definito dall'art. 2.

La norma, nell'estendere gli obblighi di garanzia a coloro ai quali di fatto svolgono le mansioni tipiche delle figure di cui si è detto, non esclude la corresponsabilità di coloro i quali sono titolari formali della qualifica. Permane, dunque, in capo al titolare del rapporto di lavoro la posizione di garanzia, a meno che questi non abbia investito tramite delega di funzione, prevista dall'art. 16, altri soggetti delle funzioni prevenzionistiche.

Inoltre, la Suprema Corte rifacendosi ai precedenti di legittimità affermava che la responsabilità dell'amministratore di società non viene meno per il fatto che il ruolo rivestito sia solo apparente, ma anzi, in materia di infortuni sul lavoro, assume la posizione di garante, in virtù del principio di effettività, colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto.

In tale contesto, la previsione di cui all'art. 299 D.Lgs. 81/2008, ha natura ricognitiva dell'esposto principio, in applicazione del quale, pertanto, la individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, in tal modo prevalenti rispetto alla carica attribuita al soggetto in parola.

Considerazioni

La sentenza in commento ribadisce un principio giurisprudenziale granitico formulato dalla Suprema Corte, ovvero, il principio di effettività della posizione giuridica ricoperta dall'amministratore della società sia esso datore di lavoro di fatto o, di diritto.

Tale principio è di fondamentale importanza al fine dell'addebito delle responsabilità in capo al soggetto datore di lavoro; altrimenti sarebbe facile nominare un amministratore (datore di lavoro) c.d. testa di legno su cui ricadrebbero tutte le responsabilità e amministrare de facto una società senza rispondere del proprio operato.

Fonte: Cass. Pen. 18 marzo 2025 n. 15697

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