giovedì 08/05/2025 • 06:00
Per esportare negli Stati Uniti riducendo l'impatto dei dazi, è fondamentale partire dalla corretta classificazione doganale dei prodotti e dall'analisi delle rese Incoterms utilizzate nei contratti. Occorre valutare la possibilità di recesso per eccessiva onerosità o inserire hardship clause per gestire i costi straordinari.
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Le strategie per ridurre l'impatto dei dazi USA
Per tutte le aziende italiane che esportano verso gli Stati Uniti, è ora indispensabile attuare una serie di strategie volte a minimizzare i rischi e a ottimizzare i propri piani di esportazione, a partire dallo studio e dalla corretta individuazione della classificazione doganale dei beni, che potrebbe consentire l'esclusione dal perimetro dei nuovi dazi.
Questa necessità si è resa evidente già dal 12 marzo, quando gli Stati Uniti hanno applicato dazi addizionali del 25% su acciaio e alluminio. Da quel momento le aziende esportatrici, italiane ed europee, devono verificare attentamente la classificazione doganale dei propri prodotti, poiché le nuove misure statunitensi si riferiscono anche ad “altri articoli derivanti da acciaio e alluminio”, la cui identificazione potrebbe non essere agevole. Oltre alle voci tradizionali, infatti, appaiono in lista anche contenitori metallici, serbatoi, cisterne e un ventaglio di componenti per macchinari.
È importante rimarcare che esiste anche un elenco di prodotti esentati dalle nuove misure, come rame, prodotti chimici e farmaceutici, il legno e i semiconduttori. Non è sempre semplice identificare quali beni siano soggetti alle nuove tariffe, motivo per cui è fondamentale effettuare un'accurata analisi della classificazione doganale dei prodotti esportati.
Il 2 aprile 2025, l'Italian Trade Agency (ICE) ha pubblicato una nota informativa con cui ha riassunto le principali tecniche che le aziende possono utilizzare per ridurre l'impatto delle tariffe statunitensi sul proprio export. Un primo step indicato è la verifica se le proprie merci rientrano tra quelle soggette ai nuovi dazi, consultando l'Harmonized Tariff Schedule Code degli Stati Uniti (HTS-US), ossia la Nomenclatura Combinata statunitense.
Risulta essenziale, inoltre, tenere costantemente monitorate le sezioni dell'HTS statunitense, per rimanere aggiornati su possibili modifiche o aumenti del trattamento daziario richiesto all'importazione, nonché per verificare se i propri beni rientrino o meno tra i prodotti esenti.
Contratti e Incoterms
Un ulteriore aspetto critico evidenziato da ICE è la verifica dei termini di resa Incoterms utilizzati dalle aziende nei contratti di fornitura con i clienti USA. Se un'impresa italiana o europea è vincolata a forniture con clausole che prevedono l'accollo dei dazi alle frontiere statunitensi (Incoterms DDP, ossia Delivered Duty Paid), occorre verificare le condizioni per un recesso contrattuale per eccessiva onerosità sopravvenuta; diversamente, gli oneri economici dei nuovi dazi graverebbero sull'impresa che esporta.
In presenza di clausole DDP, l'azienda è tenuta a sostenere i dazi all'importazione negli Stati Uniti, con un deciso aggravio di costi. Occorre quindi svolgere una due diligence sui contratti con i propri clienti e verificare se l'impresa abbia assunto l'impegno a sopportare tali oneri.
Anche nel caso, più frequente, di vendite con clausole ExWorks o simili, i dazi incidono comunque sulla competitività dei prodotti esportati dall'Unione europea, anche se le nuove misure si estendono a molti altri Paesi.
Per ridurre l'impatto delle nuove misure commerciali è quindi opportuna una revisione dei contratti con i propri clienti. È consigliabile concludere contratti che prevedano le c.d. hardship clause, ossia degli accordi che consentono alle parti di rideterminare il prezzo di vendita pattuito in caso di eventi straordinari sopravvenuti, come l'introduzione di eccessivi oneri doganali alla frontiera USA.
Più in generale, le imprese dovrebbero prediligere la conclusione di accordi commerciali di breve durata e con condizioni flessibili, anziché appoggiarsi a contratti di fornitura a lungo termine con clausole rigide e difficilmente rinegoziabili.
Altri strumenti di mitigazione dei dazi
Sono molte le strategie che le imprese possono attivare per ridurre legittimamente la base imponibile su cui applicare il dazio.
Un utile strumento è l'istituto statunitense del TVIS (Transaction Value of Identical or Similar Merchandise), ossia un metodo di determinazione del valore doganale che semplifica la determinazione della base imponibile, consentendo agli operatori di ridurre fino al 38% il valore doganale dei propri beni.
Un altro metodo di riduzione del valore doganale su cui calcolare il dazio USA è la cosiddetta First Sale Rule, una norma doganale statunitense che consente di determinare l'importo dei dazi all'importazione sul prezzo più basso rappresentato dalla prima vendita, anziché sul prezzo finale dell'ultima transazione.
Per tutte le aziende che esportano verso gli Stati Uniti diventa quindi indispensabile effettuare un'attenta due diligence su tutta la filiera produttiva, con particolare riguardo all'origine doganale dei beni. Se, per esempio, un'impresa italiana volesse esportare un prodotto di arredamento dal valore di 1.000 euro, che presenta però componenti americane dal valore di 350 euro, le tariffe imposte alla frontiera devono essere applicate esclusivamente sulla quota di prodotto non originario USA.
Se la documentazione relativa alla catena di fornitura è assente o se la Dogana statunitense ritiene che le prove fornite dall'importatore non siano sufficienti a qualificare in maniera chiara quali parti del bene sono considerate di origine statunitense, la tariffa addizionale del 10% sarà applicata sull'intero valore del prodotto.
Alcune aziende potrebbero ricorrere, invece, alle Free Trade Zone, ossia zone franche doganali nelle quali è possibile depositare le proprie merci in esenzione dai dazi fino a un massimo di cinque anni, attendendo futuri sviluppi positivi della guerra commerciale.
Da ultimo, è importante segnalare anche la possibilità di richiedere un eventuale rimborso delle tariffe pagate all'importazione in USA, mediante una richiesta di duty drawback da presentare alla Dogana statunitense, entro cinque anni dall'ingresso delle merci.
È bene inoltre restare aggiornati sulle decisioni del Dipartimento del Commercio USA, ossia l'ente incaricato di applicare queste misure tariffarie.
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Sara Armella
- Avvocato, Studio legale Armella & AssociatiRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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