martedì 06/05/2025 • 06:00
Anche se l'Agenzia delle Dogane autorizza il rimborso dei dazi doganali, confermando la revisione della classificazione proposta dall'importatore, può cambiare idea e ripristinare l'obbligazione doganale. Lo ha stabilito la CGUE con la sentenza 30 aprile 2025, causa C‑330/24.
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L'errore della Dogana legittima il ripristino dell'obbligazione
L'Agenzia delle dogane può ripristinare l'obbligazione doganale anche dopo aver accordato il rimborso dei dazi versati dall'importatore, nel caso in cui, a seguito di un nuovo controllo, emerga che la Dogana è incorsa in un errore di valutazione.
È questo il principio espresso dalla Corte di Giustizia europea, con la sentenza 30 aprile 2025, C-330/24.
Nel nostro ordinamento, tali conclusioni contrasterebbero però con il principio di legittimo affidamento sancito dall'art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente, che prevede anche un vero e proprio divieto, per l'Amministrazione finanziaria, di “venire contra factum proprium ”.
Com'è noto, tale divieto, in ambito tributario, consiste in una delle esplicazioni del principio di buona fede in senso oggettivo, il quale impone l'obbligo per l'Agenzia di comportarsi coerentemente con la apparenza generata con il proprio precedente comportamento. Il dovere di buona fede implica, pertanto, il riconoscimento della tutela dell'affidamento del contribuente rispetto alle informazioni/indicazioni dell'Amministrazione finanziaria, come riconosciuto anche dalla Suprema Corte (Cass., sez. V, 4 aprile 2012, n. 5402).
Occorre considerare inoltre che, secondo la Corte di Cassazione, la revisione della bolletta doganale è legittima soltanto ove sia fondata su nuovi fatti di cui l'Ufficio sia venuto a conoscenza (Cass., sez. trib., 27 marzo 2013, n. 7716).
Nel caso in cui la rettifica non sia suffragata da nessun nuovo fatto da cui possa scaturire una maggiore pretesa doganale, né da nessuna prova o elemento contro l'importatore, sarebbero del tutto assenti i presupposti per l'accertamento in revisione.
In questo caso, l'Amministrazione finanziaria non potrebbe modificare il precedente inquadramento classificatorio espresso nei confronti dell'importatore, in assenza della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi (Cass., sez. V, 13 settembre 2017, n. 21237).
Com'è noto, la tutela del legittimo affidamento maturato dall'operatore è particolarmente rafforzata anche dal legislatore europeo poiché il Codice doganale unionale espressamente esclude la revisione dell'accertamento doganale, in presenza di una situazione di legittimo affidamento dell'operatore (art. 119 Cdu, Reg. UE 952/2013).
Il caso esaminato dalla Corte di Giustizia
La vicenda prende avvio da una richiesta di rimborso “a posteriori”, fondata su un'ITV rilasciata a un altro operatore. Una società ceca aveva inizialmente classificato alcuni prodotti elettronici nella voce doganale 8521 90 00 90 della Nomenclatura combinata, corrispondente a “Videoregistratori, diversi da quelli con supporti magnetici, altri”, con un'aliquota del dazio all'importazione pari all'8,7%.
Successivamente, la società ha presentato all'autorità doganale una richiesta di riclassificazione della merce, allegando un'Informazione tariffaria vincolante (ITV) rilasciata a un altro operatore economico. Tale ITV classificava prodotti identici nella voce 8517 62 00 00, relativa a “Apparecchi per la ricezione, la conversione e la trasmissione o la rigenerazione della voce, di immagini o di altri dati, compresi gli apparecchi di commutazione e di routing”, con aliquota dello 0%.
Ritenendo corretta tale classificazione, l'autorità doganale ha inizialmente accolto l'istanza, disponendo il rimborso integrale dei dazi già versati.
A seguito di un successivo controllo a posteriori, tuttavia, la Dogana ceca ha stabilito che la classificazione originaria (8521 90 00 90) era quella corretta, come confermato anche dalla versione aggiornata della Nomenclatura combinata risultante dal regolamento di esecuzione (UE) 2021/532. L'autorità doganale ha quindi deciso di ripristinare l'obbligazione doganale, richiedendo il pagamento dei dazi rimborsati, in base all'articolo 116, paragrafo 7 del Codice doganale dell'Unione.
Il significato da attribuire al termine “errore” al centro del rinvio pregiudiziale Il Giudice del rinvio, ha rilevato che nella versione ceca, il termine utilizzato (“omylem”) suggerisce che il rimborso possa essere considerato “errato” solo laddove sia frutto di una svista o di un'azione involontaria da parte dell'Autorità doganale.
Il giudice si domandava pertanto se il ripristino dell'obbligazione doganale potesse avvenire solo in presenza di un errore non intenzionale, come un errore materiale o un'omissione, oppure se rientrino nell'ambito applicativo della norma anche le ipotesi in cui l'Autorità doganale, pur agendo consapevolmente, abbia adottato una valutazione giuridica errata, come una classificazione tariffaria deliberata che si rivela, in un momento successivo, non conforme.
La sentenza della Corte di Giustizia UE
La Corte di Giustizia, nel ribadire che a nessuna versione linguistica di un regolamento europeo può essere attribuito un valore prevalente, ha evidenziato la necessità di ricostruire il significato della norma tenendo conto dell'economia generale e della finalità normativa di cui essa fa parte.
In quest'ottica, ha fondato la propria decisione sulla scorta di un'interpretazione sistematica e teleologica del Codice doganale dell'Unione, chiarendo che l'articolo 116, paragrafo 7, richiede una lettura estensiva, funzionale a garantire la corretta riscossione delle risorse proprie dell'Unione.
In particolare, i giudici hanno evidenziato che il rimborso concesso “per errore” non si limita agli errori non intenzionali, ma include anche le ipotesi in cui l'Autorità doganale abbia adottato consapevolmente una decisione fondata su una classificazione tariffaria rivelatasi successivamente errata. Tale approccio, ha stabilito la Corte europea, risponde all'esigenza di assicurare che la tassazione doganale rifletta correttamente la realtà giuridica e commerciale delle merci importate. A conferma di ciò, il confronto tra le diverse versioni linguistiche del regolamento mostra come alcune facciano riferimento a un errore non intenzionale, mentre altre – tra cui quella italiana, francese, inglese e tedesca – utilizzano termini più generici, idonei a ricomprendere anche l'errore derivante da una valutazione consapevole poi risultata errata.
La Corte ha poi escluso che una simile interpretazione estensiva possa ledere i principi del legittimo affidamento e della certezza del diritto, sottolineando che il ripristino dell'obbligazione doganale è comunque subordinato al rispetto del termine di prescrizione di tre anni previsto dall'articolo 103 CDU.
In tale intervallo temporale, l'operatore economico deve accettare il rischio che l'amministrazione possa rettificare la precedente decisione, qualora emergano nuovi elementi o si accerti l'erroneità della classificazione.
Al contrario, l'articolo 124 CDU, che disciplina le ipotesi di estinzione dell'obbligazione doganale e prevede lo sgravio definitivo dei dazi, è soggetto a interpretazione restrittiva secondo la Corte UE, proprio in virtù della sua natura eccezionale e del suo impatto diretto sulle finanze dell'Unione.
Fonte: CGUE 30 aprile 2025 C-330/24
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