sabato 26/04/2025 • 06:00
Concludere l'accordo di conciliazione nei locali aziendali, anche se in presenza di un rappresentante sindacale, non è sufficiente a garantirne la validità: è infatti anche il luogo della conciliazione a tutelare il lavoratore. L'ha ribadito la Cassazione, con l'ordinanza 8 aprile 2025 n. 9286.
Nella fattispecie in esame la Corte d'Appello territorialmente competente confermava la sentenza di primo grado con cui erano state rigettate le domande proposte da un lavoratore nell'impugnativa del licenziamento per giusta causa intimato dalla propria datrice di lavoro.
In particolare, la Corte distrettuale giudicava dirimente la circostanza della sottoscrizione del verbale di conciliazione presso la sede aziendale, nella stessa data del licenziamento, dinnanzi ad un rappresentante della sigla sindacale UGL a cui il lavoratore non risultava iscritto.
Ad avviso dei giudici di merito, era stata provata l'effettività dell'assistenza prestata dal rappresentante sindacale; e la sottoscrizione presso la sede della società non determinava l'inidoneità dell'assistenza del rappresentante sindacale.
Il lavoratore ricorreva per cassazione, affidandosi a due motivi, a cui resisteva con controricorso la società. Entrambi le parti depositavano memorie e l'INPS, costituito, non svolgeva attività difensiva.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, nel formulare la sua decisione, parte dall'ultimo comma dell'art. 2113 c.c., che attribuisce caratteristiche di inoppugnabilità “alla conciliazione intervenuta ai sensi degli artt. 185, 410, 411, 412 ter e 412 quater del codice di procedura civile”.
Soffermandosi sulla conciliazione in sede sindacale, la Corte di Cassazione sottolinea che, affinché le rinunce e le transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro previsti da disposizioni inderogabili di leggi o di contratti collettivi possano considerarsi inoppugnabili, è necessario che l'accordo sia stato raggiunto con un'assistenza sindacale effettiva. Ciò al fine di mettere il lavoratore nelle condizioni di sapere a quali diritti rinunzia e in quale misura. Inoltre, in caso di transazione, viene richiesto che dall'atto stesso risultino la questione controversa oggetto della lite e le reciproche concessioni configuranti il contratto transattivo ai sensi dell'art. 1965 c.c. (cfr. Cass. 24024/2013 e Cass. 13217/2008).
La sottoscrizione dell'accordo presso la sede di un sindacato non costituisce requisito formale, ma funzionale, essendo volto ad assicurare che la volontà del lavoratore sia espressa in modo libero, consapevole e non condizionato. Ad ogni modo la stipula dell'accordo in una sede diversa non produce di per sé effetto invalidante della transazione, purché il datore di lavoro dia prova che il lavoratore ha avuto, grazie all'effettiva assistenza sindacale, piena consapevolezza delle dichiarazioni negoziali sottoscritte.
In questa prospettiva, la Corte di Cassazione dà continuità ai principi dalla stessa affermati con l'ordinanza n. 10065/2024 secondo la quale la conciliazione in sede sindacale non può essere validamente conclusa presso la sede aziendale. Ciò in quanto manca il requisito di neutralità indispensabile a garantire, unitamente all'assistenza prestata dal rappresentante sindacale, la libera determinazione della volontà del lavoratore.
Il legislatore, infatti, ha previsto una forma peculiare di protezione del lavoratore, fondata sull'invalidità delle rinunzie e delle transazioni avanti ad oggetto diritti inderogabili nonché sull'introduzione di un termine di decadenza per l'impugnativa, così da dargli la possibilità di riflettere sulla convenienza dell'atto compiuto e di ricevere consigli al riguardo.
Tale tutela giuridica non è necessaria quando l'accordo viene concluso in presenza di garanzie assicurate dall'intervento di organi pubblici qualificati ed operanti in sede protette, quali la sede giudiziale, le Commissioni di Conciliazione istituite presso l'Ispettorato Territoriale del Lavoro, le sedi sindacai, oltre i Collegi di conciliazione e arbitrato.
Passando, quindi, al caso di specie, la Corte di Cassazione osserva che le modalità seguite (ossia sottoscrizione da parte del lavoratore e della società, seppure in presenza di un rappresentante sindacale, presso i locali aziendali) non soddisfano i requisiti richiesti dalla normativa per la validità delle rinunce e transazioni.
Secondo la Cassazione la protezione del lavoratore non può ritenersi affidata esclusivamente alla rappresentanza sindacale, ma richiede anche che la conciliazione si svolga in un luogo idoneo, qualificabile come sede protetta. E solo la concomitanza di entrambi questi elementi (ossia assistenza sindacale effettiva e neutralità della sede) può garantire la libera determinazione del lavoratore nella rinuncia ai diritti riconosciuti da disposizioni di legge inderogabili e l'assenza di condizionamenti.
In considerazione di quanto sopra esposto, la Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello in diversa composizione, affinché provveda all'esame del merito della fattispecie concreta tenuto conto della valida impugnazione del verbale di conciliazione sottoscritto.
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