lunedì 14/04/2025 • 06:00
Il concetto di disponibilità dell'immobile, che costituisce elemento dirimente per poter usufruire della detrazione per spese di ristrutturazione, non comporta necessariamente che all'interno dello stesso si esplichi materialmente la convivenza tra il proprietario e il familiare che ne ha sostenuto le spese (CGT II Lombardia 31 marzo 2025 n. 831).
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Il caso
Oggetto della controversia era un avviso di accertamento in materia di IRPEF con il quale l'Agenzia delle Entrate aveva accertato ad un contribuente un'indebita detrazione di imposta per le spese di ristrutturazione edilizia sostenute dallo stesso e relative a lavori effettuati su un'abitazione di proprietà esclusiva del figlio.
Secondo l'Agenzia delle Entrate, la detrazione in parola spetterebbe certamente anche al familiare convivente del possessore o detentore dell'immobile, ma sarebbe necessario che l'intervento sia realizzato su una qualsiasi delle abitazioni in cui si esplica la convivenza.
Nel dettaglio, nel caso di specie, la detrazione non sarebbe spettata in quanto non vi era mai stata convivenza tra padre e figlio nell'immobile oggetto di ristrutturazione.
L'Ufficio richiamava a supporto i chiarimenti di prassi (da ultimo, Circolare AE 25 luglio 2022 n. 28/E) in cui si è ribadito che “la detrazione spetta al familiare per i costi sostenuti per gli interventi effettuati su una qualsiasi delle abitazioni in cui si esplica la convivenza, indipendentemente dall'ubicazione della stessa, purché risulti a disposizione”. In sostanza, la detrazione non spetterebbe per le spese riferite ad un immobile che – ancorché posseduto o detenuto da un familiare – non risulti “a disposizione”, e che non sia mai stato, di fatto, luogo nel quale si esplicava la convivenza. Con il ricorso il contribuente evidenziava come vi fosse convivenza tra padre e figlio in una diversa abitazione principale producendo in giudizio dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà.
Sufficiente la “disponibilità” dell'immobile
I giudici di primo grado accoglievano il ricorso risultando dagli atti che tra l'inizio dei lavori ed il termine degli stessi (e dunque durante la ristrutturazione) il figlio, proprietario dell'abitazione, risultava convivente col genitore che aveva sostenuto i costi della ristrutturazione stessa.
“Perché sia ammessa la detrazione”, affermavano a chiare lettere gli interpreti, “non è richiesto che la convivenza tra il genitore che sostiene quei costi e il figlio, proprietario della casa così ristrutturata, continui anche dopo l'ultimazione dei lavori con il trasferimento della residenza dell'intero nucleo famigliare nell'abitazione oggetto dell'intervento”.
Esito favorevole al contribuente confermato anche in secondo grado dai giudici d'appello i quali si sono parimenti conformati alla dottrina in materia secondo la quale è sufficiente che l'immobile sia nella disponibilità del nucleo familiare e non utilizzato da terzi: ciò che era avvenuto nel caso di specie in cui l'immobile era stato acquistato dal figlio, ristrutturato dal padre, rimasto sempre nella disponibilità del nucleo familiare e all'interno del quale avrebbero potuto convivere.
Nel clou della motivazione, la Corte in oggetto ha chiarito il concetto di disponibilità dell'immobile il quale costituisce elemento dirimente per poter usufruire della detrazione in questione ma che non comporta necessariamente che all'interno dello stesso si esplichi materialmente la convivenza tra il proprietario ed il familiare che ne ha sostenuto le spese di ristrutturazione. Correttamente, pertanto, il contribuente - che aveva sostenuto le spese di ristrutturazione dell'immobile acquistato dal figlio, all'epoca con lui convivente in altra abitazione principale - aveva dedotto le spese relative ad un immobile nella disponibilità del suo nucleo familiare, in quanto non locato o concesso in comodato a terzi.
I chiarimenti della Suprema Corte di Cassazione su familiarità e status di convivenza
In materia si rammenta l'indirizzo della Suprema Corte di Cassazione in relazione ai concetti di “famiglia” e “convivenza” (cfr, tra le altre, Cassazione n. 5584/2022). In tal senso, è stato precisato che «per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, s'intendono il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado»; il titolo che legittima la detrazione è quindi costituito dall'essere "un familiare" nei già menzionati termini nonché convivente con il possessore/intestatario dell'immobile.
La Suprema Corte di Cassazione ha, altresì, chiarito che non è richiesta l'esistenza di un sottostante contratto di comodato e, pertanto, non va indicato nessun estremo di registrazione nell'apposito spazio del modulo di comunicazione dell'inizio dei lavori che il soggetto che intende fruire della detrazione deve presentare.
Con riferimento, poi, allo status di convivenza esso deve sussistere già al momento in cui si attiva la procedura ovvero alla data di inizio dei lavori o al momento del sostenimento delle spese ammesse alla detrazione se antecedente all'avvio dei lavori e non è necessario che sussista per l'intero periodo di fruizione della detrazione (in tal senso, la stessa prassi ministeriale).
Fonte: Corte di Giustizia Tributaria II Lombardia 31 marzo 2025 n. 831
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Maurizio Tarantino
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