venerdì 07/03/2025 • 05:54
L'Agenzia entra nel dettaglio della nuova disciplina degli impatriati chiarendo il contenuto dei requisiti che devono sussistere per fruire di tale regime (Risp. AE 6 marzo 2025 n. 66).
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Con l'istanza di interpello 6 marzo 2025 n. 66 l'Agenzia delle Entrate analizza le condizioni che devono sussistere per fruire del nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati che si applica in favore dei soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d'imposta 2024. Caso prospettato La risposta all'interpello si riferisce a un contribuente che possiede i seguenti requisiti: di essere cittadino italiano residente all'estero da dicembre 2020 a tutt'oggi; di lavorare all'estero da dicembre 2020 con regolare iscrizione all'AIRE; di avere una laurea triennale in Management conseguita presso un'università italiana e una laurea specialistica in Finanza conseguita all'estero; di avere un'impegnativa firmata con un nuovo datore di lavoro in base alla quale è previsto il rientro in Italia per lavorare con contratto a tempo indeterminato a partire da aprile 2025, con la qualifica di Quadro di secondo livello; che, prima di iniziare il nuovo lavoro, il suo attuale datore di lavoro estero gli permetterebbe di lavorare nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2025 o come frontaliere oppure in smart working in Italia. In questo quadro, viene chiesto dall'istante se: possiede i requisiti di lavoro di elevata qualificazione o specializzazione richiesti dalla disposizione di legge per lavoratori impatriati; può applicare il nuovo regime impatriati di cui all'art. 5 D.Lgs. 209/2023 con riferimento ai redditi derivanti dall'attività che svolgerà in Italia a partire da aprile 2025 con il nuovo datore di lavoro. Risposta dell'Agenzia delle Entrate Le condizioni che devono sussistere, ai sensi del citato art. 5, per fruire del nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati che si applica in favore dei soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d'imposta 2024 sono: i lavoratori si impegnano a risiedere fiscalmente in Italia per un periodo di tempo corrispondente a quello di cui al comma 3, secondo periodo; i lavoratori non sono stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d'imposta precedenti il loro trasferimento. Se il lavoratore presta l'attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore dello stesso soggetto presso il quale è stato impiegato all'estero prima del trasferimento oppure in favore di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo, il requisito minimo di permanenza all'estero è di: sei periodi d'imposta, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo; sette periodi d'imposta, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all'estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo; l'attività lavorativa è prestata per la maggior parte del periodo d'imposta nel territorio dello Stato; i lavoratori sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal D.Lgs. 28 giugno 2012 n. 108 e dal D.Lgs. 9 novembre 2007 n. 206. Con riferimento al requisito minimo di permanenza la norma prevede che il nuovo regime può essere applicato, nel rispetto delle condizioni richieste, anche nell'ipotesi in cui il lavoratore si trasferisca in Italia per prestare l'attività lavorativa nel territorio dello Stato in favore del medesimo soggetto (residente o non residente in Italia), presso il quale è stato impiegato all'estero prima del predetto trasferimento oppure in favore di un soggetto «appartenente al suo stesso gruppo». Nella predetta ipotesi in cui il lavoratore svolga in Italia l'attività lavorativa a favore dello stesso soggetto (datore/gruppo) per il quale lavorava all'estero, la norma prevede l'allungamento del periodo minimo di pregressa permanenza all'estero che, da tre, aumenta a sei o sette anni, a seconda che si tratti o meno del medesimo soggetto (datore/gruppo) presso cui era svolta l'attività lavorativa in Italia prima del trasferimento all'estero. In merito ai requisiti di elevata qualificazione e specializzazione la norma attualmente dispone che sono altamente qualificati i lavoratori che intendono svolgere prestazioni lavorative retribuite per conto o sotto la direzione o il coordinamento di un'altra persona fisica o giuridica e che sono alternativamente in possesso: del titolo di istruzione superiore di livello terziario rilasciato dall'autorità competente nel paese dove è stato conseguito che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale o di una qualificazione professionale di livello post secondario di durata almeno triennale o corrispondente almeno al livello 6 del Quadro nazionale delle qualificazioni di cui al decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 8 gennaio 2018, recante “Istituzione del Quadro nazionale delle qualificazioni rilasciate nell'ambito del Sistema nazionale di certificazione delle competenze di cui al D.Lgs. 16 gennaio 2013 n. 13», pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 20 del 25 gennaio 2018; dei requisiti previsti dal D.Lgs. 6 novembre 2007 n. 206, limitatamente all'esercizio di professioni regolamentate; di una qualifica professionale superiore attestata da almeno cinque anni di esperienza professionale di livello paragonabile ai titoli d'istruzione superiori di livello terziario, pertinenti alla professione o al settore specificato nel contratto di lavoro o all'offerta vincolante; di una qualifica professionale superiore attestata da almeno tre anni di esperienza professionale pertinente acquisita nei sette anni precedenti la presentazione della domanda di Carta blu UE, per quanto riguarda dirigenti e specialisti nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione di cui alla classificazione ISCO08, n. 133 e n. 25.”. Ai fini dell'applicazione del nuovo regime che riguarda sia lavoratori italiani che stranieri, il richiamo alle disposizioni contenute nelle norme sopra citate deve, invece, necessariamente intendersi effettuato solo ai requisiti relativi al possesso, alternativamente, del titolo di istruzione o di una qualificazione professionale, ivi elencati. Nella sostanza, è sufficiente (al ricorrere delle altre condizioni richieste dalla norma) possedere i predetti “requisiti di elevata qualificazione o specializzazione” non essendo, invece, richiesto dalla norma che venga esercitata, né prima né dopo il trasferimento, la corrispondente attività professionale. L'Agenzia evidenzia che la circolare 1 aprile 2016 n. 9/E ha chiarito come il legislatore abbia inteso escludere dall'area dell'interpello tutte quelle ipotesi caratterizzate “da una spiccata ed ineliminabile rilevanza dei profili fattuali riscontrabili dall'amministrazione finanziaria ma solo in sede di accertamento; si tratta, in altre parole, di tutte quelle fattispecie in cui rileva il mero appuramento del fatto (cd. accertamenti di fatto)”: la conseguenza diretta è l'inammissibilità delle istanze con le quali viene richiesta la valutazione dei titoli di elevata qualificazione e specializzazione previsti dal nuovo regime. In merito al secondo quesito, non è più necessario verificare la sussistenza di un collegamento ''funzionale'' tra il trasferimento della residenza fiscale in Italia e l'inizio di un'attività lavorativa dalla quale derivi un reddito agevolabile, prodotto in Italia, diversamente da quanto chiarito con riferimento al previgente ''regime speciale per lavoratori impatriati''. Non è necessario, dunque, che al rientro in Italia sussistano i requisiti previsti dalla norma, potendo gli stessi maturare anche successivamente. In tal caso, il contribuente potrà applicare il nuovo regime al ricorrere dei predetti requisiti per i residui periodi d'imposta di fruizione dell'agevolazione, che si applica per ciascun periodo d'imposta in cui i requisiti sussistono. In conclusione, nel caso di specie non è possibile fruire del nuovo regime con riferimento ai redditi derivanti dall'attività svolta per i primi tre mesi del 2025, alle dipendenze del medesimo datore di lavoro per il quale è stato impiegato all'estero poiché il periodo minimo di permanenza all'estero è di sei periodi d'imposta. Inoltre, il reddito derivante dallo svolgimento dell'attività lavorativa, in qualità di ''frontaliere'', non sarebbe agevolabile in quanto prodotto all'estero sulla base della cd. ''lettura a specchio'' dei criteri di collegamento enunciati dall'articolo 23 TUIR per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato. L'istante potrà accedere al nuovo regime in relazione al reddito di lavoro dipendente derivante dal lavoro svolto in Italia alle dipendenze del nuovo datore di lavoro a partire da aprile 2025, trattandosi di un reddito prodotto in Italia alle dipendenze di un datore di lavoro diverso da quello per il quale era stato impiegato prima del rientro in Italia e risultando altresì integrato il requisito minimo di permanenza all'estero di tre periodi d'imposta. Fonte: Risp. AE 6 marzo 2025 n. 66 ...
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- Dottore commercialistaRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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