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lunedì 03/03/2025 • 06:00

Lavoro VERSIONE ITALIANA

Impatriati: le attuali disposizioni

È passato poco più di un anno, anche se sembra passato un secolo. L'entrata in vigore del D.Lgs. 209/2023, con particolare riferimento al suo articolo quinto, ha conquistato il primo posto tra le fonti di riferimento, novellando l'art 16 del D.Lgs 147/2015. Nuova fonte e nuova data spartiacque (01/01/2024)si sono aggiunte al lungo elenco delle modifiche normative intervenute in materia.

di Fabiola Giornetta - Consulente del lavoro - Ceccato & Tormen Partners

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  • Tempo di lettura 1 min.
  • Ascolta la news 5:03

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La funzionalità è pur sempre la stessa: aumentare l'attrattiva italiana agli occhi di un soggetto straniero residente all'estero.

Tuttavia, contrariamente al disposto normativo vigente al 31 dicembre 2023, l'attuale versione prevede una maggiore selezione della platea dei beneficiari che risulta limitata a soggetti:

  • aventi particolari qualifiche o titoli professionali;
  • risultanti residenti all'estero per almeno tre periodi d'imposta (dimostrabile con iscrizione AIRE oppure in applicazione delle disposizioni contenute all'interno della convenzione contro la doppia imposizione fiscale di riferimento).

Seguono i punti chiave del regime in trattazione.

I requisiti

Il presupposto di partenza è sempre il trasferimento della residenza in Italia.

Nello specifico al comma 1, dell'articolo citato sopra, si precisa che il regime agevolato trova applicazione nei confronti di “..redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo derivanti dall'esercizio di arti e professioni prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917..”.

Pertanto, nell'ambito delle citate tipologie di reddito, la disposizione prevede la sua applicazione ai soggetti che in Italia trasferiscono la propria residenza ai sensi dell'art 2 del TUIR. 

Lo stesso D. Lgs. 209/2023 ha altresì profondamente modificato l'art 2 del TUIR rubricato “soggetti passivi”, estendendone il campo di applicazione. 

Nel dettaglio sono considerati soggetti passivi coloro che: 

  • hanno la residenza in Italia ai sensi del Codice civile; 
  • hanno il domicilio in Italia, inteso quale luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona; 
  • sono presenti in Italia; 
  • risultano iscritti nell'Anagrafe della popolazione residente (salvo prova contraria).

Si tratta di condizioni tra loro alternative, pertanto, la presenza di anche solo una delle condizioni succitate potrebbe bastare per considerare il soggetto residente in Italia.

Gli ulteriori requisiti normativamente previsti ai fini dell'accesso al regime in questione sono:  

a) impegno a risiedere fiscalmente in Italia per un periodo di tempo corrispondente non inferiore a 4 periodi d'imposta;

b) non essere stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d'imposta precedenti il trasferimento;

c) l'attività lavorativa sia prestata per la maggior parte del periodo d'imposta in Italia;

d) il possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108 e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206. A questo proposito si precisa che l'ipotesi di elevata qualificazione e specializzazione ricorre a fronte del:

  • conseguimento di un titolo di istruzione superiore che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e della relativa qualifica professionale superiore;
  • possesso dei requisiti previsti dal D Lgs. 6.11.2007, n. 206, limitatamente all'esercizio delle professioni ivi regolamentate.

Il periodo minimo di permanenza all'estero aumenta nei casi di contribuenti che proseguono la propria attività lavorativa alle dipendenze dello stesso datore di lavoro o di uno appartenente al medesimo gruppo. Ovvero:

  • 6 anni: se il contribuente non ha lavorato in Italia a favore dello stesso datore di lavoro oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
  • 7 anni: se l'interessato, prima del suo trasferimento all'estero, ha lavorato alle dipendenze del medesimo datore di lavoro oppure di altro datore di lavoro appartenente allo stesso gruppo.

Per quanto riguarda la definizione di soggetti appartenenti al medesimo gruppo, essi si identificano in coloro che hanno un rapporto di controllo diretto o indiretto ai sensi dell'articolo 2359 (comma 1, n. 1) c.c. oppure che sono sottoposti al comune controllo diretto o indiretto da parte di un altro soggetto.

Al ricorrere di tutti i requisiti è pertanto possibile accedere a questo regime fiscale che consiste nella riduzione del 50% dell'imponibile fiscale, per 5 periodi d'imposta (anno del trasferimento e i quattro successivi). 

Se la residenza fiscale in Italia non è mantenuta per almeno quattro anni, il lavoratore decade dai benefici e si provvede al recupero di quelli già fruiti, con applicazione dei relativi interessi.

La percentuale di riduzione è aumentata al 60% per cento nei seguenti casi:

a) il lavoratore si trasferisce in Italia con un figlio minore;

b) in caso di nascita di un figlio ovvero di adozione di un minore di età durante il periodo di fruizione del regime di cui al presente articolo. In tale caso il beneficio di cui al presente comma è fruito a partire dal periodo d'imposta in corso al momento della nascita o dell'adozione e per il tempo residuo di fruibilità dell'agevolazione.

Tuttavia, questa maggiore agevolazione si applica a condizione che, durante il periodo di fruizione del regime da parte del lavoratore, il figlio minore di età, ovvero il minore adottato, sia residente nel territorio dello Stato.

Ai fini della verifica della sussistenza residenza estera (almeno 3 periodi d'imposta), la disposizione precisa al comma 6 che i cittadini italiani si considerano residenti all'estero se:

  • sono stati iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) ovvero
  • hanno avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

Uno sguardo alle novità per gli impatriati

La legge di bilancio (art 1, comma 187) ha previsto la disapplicazione del trattamento di disoccupazione in favore dei lavoratori impatriati (introdotto ai sensi della legge 402/1975). Riprende tale disposizione la circolare dell'INPS 17 gennaio 2025, n. 184.

Pertanto, i cittadini italiani rimpatriati potranno beneficiare esclusivamente delle protezioni previste dal Regolamento 883/2004. Tale regolamento consente l'esportabilità della prestazione di disoccupazione dallo Stato in cui si è concluso il rapporto di lavoro per un periodo limitato, generalmente di tre mesi, prorogabile fino a sei in alcuni casi.

La legge di bilancio 2025 ha altresì introdotto, al comma 6, un nuovo bonus Irpef in favore dei titolari di reddito di lavoro dipendente (articolo 49, Tuir, con esclusione dei redditi da pensione lettera a), comma 2, articolo 49, Tuir), di ammontare variabile sulla base del reddito complessivo. Banalizzando, anche se non si dovrebbe, parliamo del c.d. cuneo fiscale.

In questo caso, il successivo comma 9, ha chiarito che il reddito da prendere come riferimento, ai fini della determinazione del reddito complessivo, nel caso degli impatriati deve tener conto anche della quota esente del reddito agevolato. Questo con riferimento ai lavoratori impatriati ex articolo 16, D.Lgs. 147/2015, e articolo 5, D.Lgs. 209/2003.

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Marcello Ascenzi

- Dottore commercialista

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