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lunedì 24/02/2025 • 06:00

Impresa Dalle Sezioni Unite

Società estinta: nuovo processo verso l’ex socio per pagamento imposte

Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza 12 febbraio 2025 n. 3625, hanno chiarito che se l'Amministrazione Finanziaria intende chiedere al socio il pagamento di imposte già gravanti sulla società estinta e cancellata dal Registro delle Imprese, è necessaria la notificazione nei suoi confronti di un avviso di accertamento.

di Giuseppina Satta - Avvocato in Firenze

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Cancellazione della società: piano sostanziale e processuale

Le Sezioni Unite sono state chiamate a decidere la seguente questione: a) se la condizione fissata dall'art. 2495 c.c. (cioè che i creditori  sociali non soddisfatti possono, dopo la cancellazione della società estinta, far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione) si rifletta sull'interesse ad agire in capo all'Amministrazione Finanziaria o sulla legittimazione passiva dei soci medesimi ai fini della prosecuzione del processo originariamente instaurato contro la società, e dunque b) se la riconducibilità nell'ambito dell'una o dell'altra condizione dell'azione implichi conseguenze specifiche in tema di onere della prova. Ciò tenuto conto che il processo tributario è annoverabile tra quelli di impugnazione-merito.

Cancellazione della società e azione contro i soci: regola generale sulla prosecuzione del processo

Osservano, in primo luogo, le Sezioni Unite che la cancellazione della società ha effetto costitutivo immediato ma non comporta l'estinzione, in danno dei creditori e in violazione dell'art. 24 Cost., delle obbligazioni sociali. Gli ex soci rispondono infatti di un debito che non è nuovo (derivando non dalla liquidazione ma dal pregresso svolgimento dell'attività societaria in adempimento del contratto sociale), quali successori, seppur intra viresex art. 2495 c. 2 c.c., ovvero illimitatamente, a seconda del regime di responsabilità attivo in pendenza del rapporto sociale.

I diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione si trasferiscono ai soci in contitolarità ovvero comunione indivisa, con eccezione delle mere pretese o dei crediti non certi né liquidi, per i quali la cancellazione fonda una presunzione di abbandono. Sul piano processuale, invece, la cancellazione emersa in corso di giudizio non comporta la chiusura anticipata del processo per cessazione della materia del contendere, ma una causa di interruzione del processo exartt. 299 c.p.c., con ricorso all'art. 110 c.p.c.

Ciò chiarito, i Giudici di legittimità precisano che il successore che risponde solo intra vires dei debiti trasmessigli non cessa, per questo, di essere tale; pertanto, se anche l'azione nei suoi confronti dovesse risultare inutile (per assenza di somme da questi riscosse), ciò si rifletterebbe sul requisito dell'interesse ad agire ma non sulla legittimazione passiva del socio medesimo.

Movendo da questa prospettiva, la condizione di cui all'art. 2495 c. 2 c.c. (i.e. la percezione di somme di liquidazione nelle società di capitali) non inerisce alla legittimazione passiva (ad causam), bensì all'interesse ad agire; con la precisazione, però, che la mancata percezione di somme di per sé non esclude l'interesse ad agire del creditore sociale in vista, ad esempio, dell'escussione di garanzie o della sopravvenienza di beni destinati a confluire in un regime di contitolarità o comunione indivisa. E vertendosi appunto di condizione dell'azione, in caso di contestazione è il creditore sociale a dover provare tanto la veste di ex socio del convenuto quanto il presupposto dell'art. 2495 c. 2 c.c.

La regola generale non vale per l'Amministrazione Finanziaria

Individuata la regola generale, la Cassazione rileva, però, come la stessa non sia perfettamente trasponibile nell'ambito dell'accertamento della responsabilità per debiti d'imposta, considerato che il sistema tributario è autonomo rispetto all'impianto codicistico.

L'art. 36 DPR 602/73 delinea, infatti, due diverse ipotesi di responsabilità per debiti di imposta della società:

  1. quella che concerne i liquidatori che non abbiano pagato le imposte del periodo della liquidazione o dei periodi antecedenti, e gli amministratori, sia in carica al momento dello scioglimento della società, avvenuto senza nomina dei liquidatori, sia quelli che abbiano compiuto, negli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione, operazioni di liquidazione o abbiano occultato attività sociali. Si tratta di fattispecie che si pone al di fuori di qualsiasi fenomeno di successione vertendosi piuttosto di responsabilità ex lege, risarcitoria ed illimitata, per fatto proprio exartt. 1176 e 1218 c.c.; estinta la società contribuente, il processo tributario nel quale questa risulti coinvolta non può proseguire ad opera o nei confronti dell'ex liquidatore o dell'ex amministratore;
  2. quella che concerne i cessati soci della società estinta. Questa responsabilità colpisce i soci che abbiano ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali ovvero abbiano avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, e trova limite quantitativo nel valore dei beni loro assegnati. Pur non trattandosi di una responsabilità ex lege per inadempimento o fatto illecito (come quella dei liquidatori e amministratori di cui al punto che precede), né di una responsabilità di tipo successorio come quella ex art. 2495 c.c., al pari di quest'ultima essa ingenera in capo al socio l'obbligo di pagamento di un debito della società sul solo presupposto obiettivo (e nei limiti) della percezione di attività sociali in fase di liquidazione (o anche, con previsione ampliativa rispetto alla disciplina civilistica, nelle due annualità d'imposta antecedenti). Con la differenza, però, che quando il Fisco chiede al socio il pagamento delle imposte già gravanti sulla società cessata è necessaria la notificazione nei suoi confronti di un avviso di accertamento, con possibilità di impugnazione, secondo le regole generali ex artt. 19 e 21 D.Lgs. 546/92.

Secondo la Cassazione la necessità di attivazione nei confronti del socio di un autonomo e originario procedimento amministrativo di accertamento (necessità connessa alla natura pubblicistica dell'obbligazione tributaria e al carattere autoritativo del relativo accertamento) impedisce il pieno e totale dispiegarsi di quella successione nel processo riconosciuta, invece, alla fattispecie di cui all'art. 2495 c.c. In altri termini, il giudizio di opposizione introdotto dalla società e proseguito dai o contro i soci che ad essa siano succeduti scaturisce da un atto impositivo e da correlati motivi di contestazione del tutto avulsi dalla tematica della responsabilità patrimoniale personale dei soci ex art. 2495 c.c.

La nuova azione verso l'ex socio

La questione dell'avvenuta percezione di attività sociali o quote di liquidazione da parte dei soci potrà trovare ingresso non nel giudizio già pendente nei confronti della società, ma solo in quello diverso e nuovo che potrà originarsi a seguito della notificazione ai soci stessi di autonomo e distinto atto impositivo ai sensi del citato art. 36. Sarà il Fisco a dovere allegare e provare la responsabilità dei soci nei limiti di quanto da costoro percepito.

Ad avviso delle Sezioni Unite, le richiamate peculiarità del processo tributario, radicate in quelle dell'obbligo tributario e del suo accertamento, sono tali da giustificare una disciplina normativa (art. 36) che appare per certi versi deteriore per il Fisco rispetto a quella applicabile al creditore, per così dire, di diritto comune, venendo alla fine solo ad esso imposto di far valere ex novo, e non già immediatamente e direttamente nel processo interrotto e riassunto, la responsabilità degli ex soci.

Le Sezioni Unite hanno, quindi, enunciato i seguenti principi di diritto:

  • nella fattispecie di responsabilità dei soci limitatamente responsabili per il debito tributario della società estintasi per cancellazione dal registro delle imprese, il presupposto dell'avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione (art. 2495 c. 3 c.c.) integra, oltre alla misura massima dell'esposizione debitoria personale dei soci, una condizione dell'azione attinente all'interesse ad agire e non alla legittimazione ad causam dei soci stessi;
  • questo presupposto, se contestato, deve essere provato dal Fisco che faccia valere, con la notificazione ai soci ex artt. 36 c. 5 DPR 602/73 e 60 DPR 600/73 di apposito avviso di accertamento, la responsabilità in questione, fermo restando che l'interesse ad agire dell'Amministrazione finanziaria non è escluso per il solo fatto della mancata riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, potendo tale interesse radicarsi in altre evenienze, quali la sussistenza di beni e diritti che, per quanto non ricompresi in questo bilancio, si siano trasferiti ai soci, ovvero l'escussione di garanzie;
  • la verifica del presupposto dell'avvenuta riscossione in base al bilancio finale di liquidazione, concernendo un elemento che deve essere dedotto nella fase di accertamento da indirizzarsi direttamente nei confronti dei soci ex art. 36 c. 5 DPR 602/73, non può avere ingresso nel giudizio di impugnazione introdotto dalla società avverso l'avviso di accertamento ad essa originariamente notificato, quand'anche questo giudizio venga poi proseguito, a causa dell'estinzione della società per cancellazione dal registro delle imprese, da o nei confronti dei soci quali successori della società stessa.

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