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giovedì 20/02/2025 • 14:00

Fisco DALL'AGENZIA DELLE ENTRATE

Impatriati: sei periodi d'imposta in caso di datori non coincidenti

Se l'istante rientra in Italia nel 2025 e lavorerà per la stessa società per la quale aveva già lavorato fino al 2016, quindi non immediatamente prima del trasferimento all'estero, il periodo minimo di residenza all'estero per l'applicazione del nuovo regime impatriati è di 6 periodi di imposta (Risp. AE 20 febbraio 2025 n. 41).

a cura di

redazione Memento

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L'istante, cittadino italiano residente in Francia, dichiara che:

  • negli anni in cui era residente in Italia (dal 2015 al 2018) ha prestato attività di lavoro dipendente presso due diversi datori di lavoro; nel 2018 si è trasferito in Francia per lavorare presso una società appartenente allo stesso gruppo di cui fa parte la società per cui ha lavorato in Italia nel 2015 e nel 2016;
  • è sua intenzione rientrare in Italia a gennaio 2025 per lavorare presso la società per la quale aveva lavorato in Italia nel 2015 e nel 2016.

A tal proposito, l'istante chiede se possa fruire, dal periodo d'imposta 2025 e per i quattro anni successivi, del nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati di cui all'art. 5 D.Lgs. 209/2023, essendo stato all'estero per sei anni e, in particolare, se la circostanza che al rientro in Italia lavorerà per di lavoro per il quale era stato impiegato in Italia dal 2015 al 2016, quindi non immediatamente prima del trasferimento all'estero, determini, invece, l'allungamento, del periodo minimo di pregressa permanenza all'estero ai fini dell'applicazione del predetto regime.

Il periodo minimo di pregressa permanenza all'estero viene innalzato da tre periodi d'imposta a:

  • sei periodi d'imposta, se il lavoratore, prima del trasferimento all'estero, non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto per il quale ha lavorato all'estero oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
  • sette periodi d'imposta, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all'estero, è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto per il quale ha lavorato all'estero oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo.

Ad esempio, il lavoratore impiegato all'estero presso la Società Alfa che, al trasferimento in Italia, continua a lavorare per tale Società (o per una società del medesimo gruppo) potrà applicare il nuovo regime, nel rispetto di ogni altra condizione, se è stato residente all'estero per un periodo minimo di sei anni. Inoltre, se il lavoratore già lavorava per la Società Alfa (o per una società del medesimo gruppo) prima del trasferimento all'estero potrà applicare il nuovo regime, nel rispetto di ogni altra condizione, se è stato residente all'estero per un periodo minimo di sette anni.

Si ritiene, al riguardo, che, ai fini della determinazione del periodo minimo di residenza all'estero, occorra valutare se, al rientro in Italia, il contribuente continuerà a lavorare per lo stesso datore di lavoro (medesima società o altra società riconducibile al medesimo gruppo come definito ai sensi dell'art. 2359 c. 1 n. 1) e 2) c.c.) per il quale ha lavorato all'estero durante il periodo d'imposta precedente il trasferimento della residenza in Italia o, comunque, fino alla data in cui avviene tale trasferimento.

Pertanto, ad esempio, per il contribuente che rientra in Italia nel 2024 per svolgere l'attività lavorativa in favore dello stesso datore di lavoro per il quale ha lavorato all'estero fino al 2020, avendo successivamente interrotto il rapporto di lavoro con tale soggetto, il periodo minimo di permanenza all'estero è di tre anni. Ciò in quanto non c'è coincidenza tra il datore di lavoro (medesima società o altra società riconducibile al medesimo gruppo come definito ai sensi dell'art. 2359 c. 1 n. 1) e 2) c.c.) per il quale il lavoratore è stato impiegato all'estero nel periodo d'imposta precedente il rientro in Italia e quello presso il quale lavorerà dopo il trasferimento in Italia.

Qualora, inoltre, vi sia coincidenza tra il datore di lavoro (medesima società/gruppo) per il quale il lavoratore è stato impiegato all'estero prima del rientro in Italia e quello presso il quale lavorerà dopo il trasferimento in Italia, al fine di stabilire il periodo minimo di pregressa permanenza all'estero che, da tre, aumenta a sei o sette anni, a seconda che si tratti o meno del medesimo soggetto (datore/gruppo) presso cui era svolta l'attività lavorativa in Italia prima del trasferimento all'estero, occorre verificare se continuerà a lavorare per lo stesso datore di lavoro per il quale ha lavorato all'estero e se questo coincida con il datore di lavoro presso il quale ha lavorato durante il periodo d'imposta precedente il trasferimento all'estero o, comunque, fino alla data in cui avviene tale trasferimento.

In altri termini, ad esempio, per il contribuente che rientra in Italia nel 2024 per svolgere l'attività lavorativa in favore dello stesso datore di lavoro per il quale ha lavorato all'estero, il periodo minimo di permanenza all'estero è di sei anni se non c'è coincidenza tra il datore di lavoro per il quale il lavoratore è stato impiegato all'estero nel periodo d'imposta precedente o, comunque, fino alla data del rientro in Italia e quello presso il quale lavorerà dopo il trasferimento in Italia.

Nel caso in esame, l'istante dichiara che al rientro in Italia nel 2025 lavorerà per la stessa società per la quale aveva già lavorato in Italia fino al 2016 quindi non immediatamente prima del trasferimento all'estero. Pertanto, nel caso di specie, il periodo minimo di residenza all'estero, ai fini dell'applicazione del nuovo regime è di sei periodi di imposta. Ciò in quanto, in base a quanto affermato dall'istante, non c'è coincidenza tra il datore di lavoro (società/gruppo) per il quale il lavoratore è stato impiegato in Italia nel periodo immediatamente precedente il trasferimento all'estero e quello presso il quale inizierà a lavorare dopo il trasferimento in Italia.

Fonte: Risp. AE 20 febbraio 2025 n. 41

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