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mercoledì 19/02/2025 • 16:42

Fisco Dall’Agenzia delle Entrate

Omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore: imposta di registro

Con Ris. 19 febbraio 2025 n. 13/E, l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti su un dubbio interpretativo relativo alla determinazione della base imponibile dell'imposta proporzionale di registro alle disposizioni negoziali contenute nel Decreto di omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore.

a cura di

redazione Memento

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Con la risoluzione n. 13/E del 19 febbraio 2025, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che il decreto di omologa di un concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore deve essere ricondotto all'ambito applicativo dell'art. 21 c. 3 TUR, e quindi l'imposta proporzionale di registro troverà applicazione sui beni dell'attivo fallimentare, oggetto di trasferimento, identificato analiticamente nei singoli beni che lo compongono ed applicando per ciascuno di essi, in base alla relativa natura, l'imposta di registro prevista nella tariffa. Le medesime conclusioni valgono anche per quanto concerne il trattamento dell'imposta di registro alla procedura di concordato nella liquidazione giudiziale.

Si ricorda che la procedura del concordato fallimentare con terzo assuntore (di cui agli artt. 124 – 140 RD 267/42) si caratterizza per la duplice circostanza che l'assuntore, da un lato, si obbliga con i propri mezzi a soddisfare i creditori concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico dell'accollo, e dall'altro lato, acquisisce, di regola, per effetto della sentenza di omologa le attività fallimentari.

La Circ. AE 21 giugno 2012 n. 27/E, in considerazione del fatto che l'accollo delle obbligazioni costituisce una disposizione intrinsecamente connessa a quella relativa al trasferimento dell'attivo fallimentare, ha stabilito che l'imposta proporzionale di registro va applicata, in base a quanto previsto dall'art. 21 c. 2 TUR, alla disposizione dell'atto che dà luogo alla imposizione più onerosa, risultante dal confronto tra l'imposizione gravante sulla parte del decreto relativo all'accollo dei debiti scaturenti dal concordato, soggetti all'imposta nella misura del 3%, e l'imposizione gravante sui beni dell'attivo fallimentare trasferiti per effetto del concordato.

Le motivazioni a sostegno dell'applicabilità del c. 2 dell'art. 21 risiedono nel fatto che nel concordato fallimentare con l'intervento di un assuntore l'accollo dei debiti del concordato e la cessione dei crediti sono due disposizioni distinte, legate da un vincolo di derivazione necessaria, che, però, non riduce l'atto di accollo a mero accordo di pagamento dei beni del concordato.

Tuttavia, le indicazioni rese con la citata Circ. AE 21 giugno 2012 n. 27/E non hanno trovato conferma nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, che applica decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, il criterio di tassazione correlato all'art. 8 lett. a) Tariffa, parte prima, allegata al DPR 131/86, con commisurazione dell'imposta di registro in misura proporzionale al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti, tenuto conto che l'aliquota applicabile dipende dalle voci dell'attivo trasferito, mentre il contestuale accollo dei debiti è escluso dalla tassazione e dalla base imponibile ex art. 21 c. 3 TUR (cfr Cass. 13 novembre 2023 n. 31530; Cass. 5 giugno 2024, n. 15727, Cass. 30 novembre 2023, n. 33442). La tesi della Cassazione muove dalla considerazione che gli effetti del concordato con assuntore derivano direttamente dalla legge, tale per cui non può essere paragonato ad un accordo negoziale siglato tra le parti.

Alla luce dell'indirizzo assunto dalla Suprema Corte, si devono ritenere superati i chiarimenti forniti sulla questione in esame dalla richiamata Circ. AE 21 giugno 2012 n. 27/E.

Fonte: Ris. AE 19 febbraio 2025 n. 13/E

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