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martedì 31/12/2024 • 06:00

Lavoro Retribuzione

Gender pay gap: riduzione possibile con la contrattazione collettiva

Il divario retributivo di genere rimane uno dei problemi oggettivi del mondo del lavoro, come confermano i rapporti di INPS e del Global Gender Gap Report. La contrattazione collettiva e la certificazione sulla parità di genere possono migliorare la situazione con l'introduzione di nuovi modelli organizzativi.

di Marco Micaroni - Responsabile Relazioni Industriali di Autostrade per l'Italia s.p.a.

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Il gender pay gap, nonostante gli sforzi compiuti in questi ultimi anni, rimane un problema oggettivo, confermato da tutti gli studi e le rilevazioni anche recenti.

Come vedremo in breve, diversi sono i fattori che concorrono alla mancata soluzione della questione: stereotipi culturali, interruzioni di carriera, bias, discriminazioni oggettive di genere.

Il divario retributivo uomo/donna diventa infine anche una questione previdenziale, certificato peraltro dal XXIII Rapporto Annuale INPS 2024, che mette in luce che in Italia persiste un divario pensionistico del 30% circa a sfavore delle donne.

Alcuni dati generali  

Il Global Gender Gap report, realizzato dal World Economic Forum, monitora fin dal 2006 la situazione generale di 146 paesi. Se in Europa si registra un sensibile miglioramento, soprattutto nel nord e in Spagna, l'Italia si colloca soltanto all'87esimo posto a livello globale e, in Europa, solo alla 37esima posizione, davanti solo a Ungheria, Repubblica Ceca, Turchia.

Il dato è riferito in generale a quattro dimensioni: partecipazione e opportunità economiche, livello di istruzione, salute e sopravvivenza, emancipazione politica: secondo l'indice registrato, nonostante i progressi registrati, per raggiungere l'uguaglianza di genere, al momento, saranno necessari ancora 134 anni.

Entrando nel merito specificatamente delle differenze retributive uomo/donna in Italia, è significativo un altro documento, l'Osservatorio Inps 2023 sui lavoratori dipendenti del settore privato. Secondo i numeri evidenziati dall'Ente previdenziale, la retribuzione media annua complessiva è di 22.839 euro; per il genere maschile 26.227 euro, contro i 18.305 per le donne.

Il contesto normativo di riferimento

L'Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile rappresenta lo scenario generale di riferimento; il goal 5 ha l'obiettivo di raggiungere l'uguaglianza di genere sotto ogni punto di vista, il goal 8.5 dovrebbe garantire entro il 2030 un'equa remunerazione per lavori di equo valore.

L'obiettivo del diritto alla parità di retribuzione tra donne e uomini dovrebbe venire rafforzato dalla Direttiva UE 2023/970 del Parlamento Europeo e del Consiglio, adottata il 10 maggio 2023, che si affida alla trasparenza dei dati retributivi per combattere la disparità di genere sul tema.

La Direttiva in tal senso impone specifici obblighi in capo all'azienda, sia prima dell'assunzione che nel corso dello svolgimento dell'attività lavorativa. Le disposizioni introducono obblighi di reporting che variano a seconda delle dimensioni aziendali. Almeno le aziende grandi saranno tenute a comunicare all'autorità nazionale competente il divario retributivo di genere all'interno delle organizzazioni societarie. Se dalla comunicazione emergerà un divario retributivo superiore al 5% non giustificabile sulla base di criteri oggettivi e neutri, le società saranno tenute ad adottare misure correttive, da condividere anche con le organizzazioni sindacali.

L'obbligo di presentazione del Rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile da parte delle aziende pubbliche e private che occupano oltre cinquanta dipendenti, sancito dal Decreto Interministeriale del Ministero del Lavoro di concerto con quello delle Pari Opportunità e la famiglia del 3 giugno 2024, potrebbe essere un ulteriore strumento utile per contribuire ad abbattere il gap retributivo uomo/donna.

Le principali cause dietro il gender gap

L'argomento dovrebbe essere lungamente affrontato e riguarda soprattutto aspetti di natura culturale, legati a fattori sociali, economici, legali, di organizzazione della società.

Alla donna sono lasciati spesso i compiti di assistenza ai figli e alle persone anziane, e da questo deriva la predominante presenza di lavori a tempo parziale nel genere femminile.

Le carriere sono più agevoli per gli uomini, in ambienti dove conta essere presenti piuttosto che produttivi.

Secondo stereotipi ancora purtroppo molto vivi, il genere femminile è più portato per alcuni lavori (assistenza, istruzione, sanità), meno per le discipline scientifiche: ancora oggi conseguono lauree “stem” una ristretta minoranza di donne.

È un dato acclarato l'altissimo tasso di abbandono delle donne al lavoro, spesso costrette per esigenze familiari e assistenziali.

L'importanza della certificazione sulla parità di genere

Come sopra accennato, un ruolo significativo per il futuro potrà essere svolto dalla “trasparenza retributiva”, imposta dalla recente direttiva europea sopra citata.

Ancora più importante il passo avanti delineato dalla certificazione sulla parità di genere, la UNI Pdr 125:2022.

Conoscere ed analizzare i dati è quanto mai necessario per la gestione di qualsiasi problema, compreso quello del gender gap retributivo. Ottenere la certificazione significa dotarsi di specifici KPI. Uno di questi è appunto rappresentato dall'analisi dell'equità remunerativa per genere e per categoria. Il divario retributivo, per esempio, può essere analizzato da tre specifici indicatori, nella fattispecie tutti quantitativi:

  1. la percentuale di differenza retributiva per medesimo livello inquadramentale per genere e a parità di competenze; l'indicatore viene considerato raggiunto quando il delta tra retribuzione media maschile e femminile a parità di mansione/ruolo è inferiore ad una certa percentuale (e poi decrescente negli anni successivi)
  2. la percentuale di promozioni delle donne su base annua;
  3. la percentuale di donne con remunerazione variabile per assicurare la corresponsione del salario variabile in maniera equa, rendendo noti ai lavoratori le procedure e i criteri seguiti nell'attuazione delle politiche retributive di MBO e di premi.

Ragionare sull'obbligatorietà della certificazione, magari raggiungibile per le aziende più piccole in maniera più semplice, potrebbe essere una strada molto interessante per il futuro.

Il ruolo della contrattazione collettiva

Non secondario, infine, il ruolo della contrattazione collettiva (sia nazionale che aziendale) per intervenire a monte su alcune delle cause che provocano il divario retributivo uomo/donna.

Nel corso degli ultimi anni molte aziende hanno sottoscritto con il sindacato diverse intese in tal senso, prevedendo misure di welfare, conciliazione vita/lavoro, sostegno alla genitorialità.

La contrattazione sta lavorando moltissimo su questi aspetti, introducendo ad esempio contributi economici per i costi relativi agli asili nido, specifici permessi relativi agli inserimenti dei ragazzi alla scuola d'infanzia, all'assistenza dei genitori anziani, ad assenze giustificate per consentire alle mamme e/o ai papà di rimanere a casa in caso di malattia dei bambini, alla c.d. “paternity leave”.

In quest'ottica possono essere anche lette le prime intese sulla sperimentazione di nuovi modelli organizzativi, che prevedono una riduzione dell'orario di lavoro.

Una specifica finale osservazione sullo smart working. La decisione di alcune aziende di far rientrare al lavoro i propri dipendenti probabilmente segnala un problema di produttività e di modello di business, ma, sotto il punto di vista dell'attenzione alla questione di genere, potrebbe non aiutare a migliorare la situazione.

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