giovedì 17/10/2024 • 06:00
La Suprema Corte ha stabilito come, dopo la sottoscrizione dell'atto di accertamento con adesione da parte del contribuente e dell'Ufficio, non sia più possibile impugnare l'avviso di accertamento originariamente notificato; ciò a prescindere dal versamento delle somme dovute.
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La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 26618/2024, ha affermato come la sottoscrizione del verbale di accertamento con adesione, avvenuta sia ad opera del contribuente sia da parte dell'Amministrazione finanziaria, impedisca al primo la successiva impugnazione in sede giudiziaria dell'avviso a monte, anche nel caso in cui non sia ancora intervenuto il pagamento della somma dovuta o della prima rata, sebbene quest'ultimo sia previsto dal Legislatore come condizione per il perfezionamento della procedura.
La questione giuridica
La questione giuridica sottoposta al vaglio dei Giudici di legittimità trae origine dalle vicende di una contribuente, la quale si era vista destinataria, in qualità di ex socia responsabile d'imposta ai sensi dell'art. 36 DPR 602/73, di un avviso di accertamento volto al recupero a tassazione di alcune plusvalenze realizzate dalla società dalla stessa partecipata quando ancora esistente (quest'ultima, infatti, era già stata cancellata dal Registro delle imprese al momento dell'emissione del provvedimento). La contribuente, lamentando di non poter essere chiamata a rispondere per debiti erariali emersi successivamente all'estinzione della società, promuoveva istanza di accertamento con adesione ai sensi dell'art. 6 D.Lgs. 218/97, sottoscrivendone il relativo verbale. In un momento successivo, la contribuente, affidandosi al tenore letterale dell'art. 9 del Decreto da ultimo citato, il quale prevede espressamente che « La definizione si perfeziona con il versamento di cui all'articolo 8, comma 1 [delle somme dovute], ovvero con il versamento della prima rata, prevista dall'articolo 8, comma 2 », decideva, però, di non procedere alla liquidazione dell'ammontare di cui risultava debitrice sulla base dell'accertamento con adesione, ma di impugnare l'avviso di accertamento che le era stato originariamente notificato.
Il ricorso così promosso veniva ritenuto inammissibile sia in primo grado sia in appello. Ad avviso dei Giudici di merito, la proposta di accertamento con adesione era divenuta irretrattabile a seguito della sottoscrizione del verbale e, pertanto, l'avviso di accertamento conservava la propria efficacia solo a garanzia dell'integrale pagamento nei confronti dell'Erario della somma dallo stesso risultante.
La contribuente, dopo aver proposto ricorso dinanzi alla Suprema Corte, non si limitava a richiamare il tenore letterale degli artt. 9 e 6 D.Lgs. 218/97 (si ricordi come il comma 4 di quest'ultimo disponga che « all'atto del perfezionamento della definizione, l‘avviso di cui al comma 2 [nel caso di specie l'avviso di accertamento] perde efficacia »), ma portava a sostegno della propria tesi anche un argomento di tipo sistematico. L'art. 8, c. 3, del medesimo Decreto, infatti, prevede che, entro dieci giorni dal versamento dell'intero importo o di quello della prima rata, il contribuente debba far pervenire all'Ufficio la quietanza dell'avvenuto pagamento, ricevendo in cambio la copia dell'atto di accertamento con adesione: ad avviso della ricorrente, se fosse vero che già al momento della sottoscrizione di quest'ultimo l'atto impositivo perde efficacia, allora non avrebbe senso la previsione del rilascio della copia dello stesso solamente al momento dell'adempimento.
La Corte di Cassazione, pur riconoscendo la validità di un simile argomento, ha ritenuto infondate le doglianze della contribuente . A fronte di orientamenti nomofilattici ondivaghi, infatti, i Giudici di legittimità hanno deciso di dare continuità all'interpretazione secondo la quale, dopo la sottoscrizione del verbale di accertamento con adesione da parte di entrambe le parti, non è più possibile impugnare l'avviso di accertamento originariamente notificato. La tesi perorata dalla Suprema Corte si fonda sull'asserita inesistenza di uno ius poenitendi attribuito al contribuente nell'ambito della disciplina sull'accertamento con adesione e del procedimento in esso destinato a sfociare: concedere la possibilità di non versare quanto dovuto e di impugnare contestualmente l'atto impositivo originario, infatti, equivarrebbe ad accordare una facoltà di revoca unilaterale non prevista dal sistema. La Corte fa derivare tale conclusione sia dall'intervenuto perfezionamento di un negozio di diritto pubblico al momento della sottoscrizione (nonostante il tenore letterale della norma non faccia discendere da quest'ultima un simile effetto), sia dalla necessità di non svilire irragionevolmente l'importanza attribuita dall'ordinamento giuridico all' accordo tra il contribuente e il Fisco , facendo retrocedere il procedimento allo stadio anteriore alla conclusione della convenzione e consentendo al contribuente di revocare un atto bilaterale senza che l'ordinamento preveda espressamente un tale potere. Il versamento degli importi dovuti in base all'atto di accertamento con adesione, dunque, al di là delle espressioni letterali usate, rappresenterebbe una condizione legale unilaterale di adempimento, posta nell'interesse della sola Amministrazione: il rapporto d'imposta tra le parti, infatti, sarebbe regolato definitivamente dall'atto di accertamento con adesione, con rilevanza dell'atto impositivo originario solo nel momento in cui il contribuente non versi nei termini l'importo dovuto.
Osservazioni
La lettura prospettata dalla Suprema Corte in ordine al significato da attribuire al termine “perfezionamento” appare quanto mai forzata. Nella pronuncia qui in esame, infatti, viene sostenuta una discriminazione soggettiva degli effetti della sottoscrizione che non solo non è legittimata dalle norme sopra richiamate, ma che non trova asilo in nessun altro istituto analogo. Il momento perfezionativo della fattispecie è stato previsto dal Legislatore come comune alle parti e, pertanto, dovrebbe comportare identiche implicazioni per entrambe, non essendo ricavabile in alcun modo la scissione prospettata dalla Suprema Corte tra la sottoscrizione del verbale, che sarebbe vincolante per il contribuente, e il versamento delle somme dovute, che sarebbe valido per l'Amministrazione finanziaria.
Fonte: Cass. 14 ottobre 2024 n. 26618
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