mercoledì 09/10/2024 • 06:00
È configurabile un infortunio in itinere anche per lo smart worker durante un permesso richiesto per motivi familiari. Le sospensioni dal lavoro, infatti, in considerazione degli interessi costituzionalmente garantiti a cui sono destinate, non fanno venir meno il requisito dell’occasione di lavoro, necessario affinché si possa configurare un infortunio in itinere.
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Con sentenza del 17 luglio 2024 il Tribunale di Milano si è pronunciato su un caso di infortunio in itinere avvenuto ad una lavoratrice in smart working, che si allontanava dal lavoro con un permesso personale per prelevare la figlia da scuola.
La questione emersa nel contenzioso, risolta positivamente dal Tribunale, attiene alla possibilità di ritenere persistente “l'occasione di lavoro”, nelle ipotesi in cui un lavoratore in smart working si allontani per ragioni personali (rectius familiari) durante un permesso orario richiesto al dare di lavoro.
I fatti di causa
La ricorrente conveniva in giudizio l'INAIL, deducendo preliminarmente che, a partire dall'11 marzo 2020, quale misura di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, veniva attivato lo “smart working”, con svolgimento della prestazione presso il domicilio.
La lavoratrice deduceva, inoltre, che il 23 settembre 2020, svolgeva la propria attività in smart working, presso la propria abitazione, così come stabilito sulla base della programmazione bisettimanale del datore di lavoro.
Con email delle ore 11:38, come da procedura, la lavoratrice comunicava “(…..) con la presente comunico che mi assenterò in data odierna dalle 12:15 al fine di poter ritirare mia figlia da scuola. Provvederò ad inviare una mail al mio rientro e recupererò il permesso entro la giornata di oggi”;
Usciva quindi di casa alle ore 12:15 del 23 settembre, per andare a “ritirare” la figlia da scuola primaria, distante dall'abitazione della ricorrente circa 1,6 km, percorsi a piedi.
Mentre si recava a scuola a piedi durante il percorso rovinava improvvisamente al suolo, alle ore 12.20 – 12.25 circa, infortunandosi.
Nonostante il grave trauma subito e l'evidente collegamento con lo svolgimento della prestazione lavorativa, l'INAIL definiva negativamente l'infortunio sull'assunto che:
“l'infortunio viene definito negativamente in quanto l'infortunio non risulta avvenuto per rischio lavorativo, bensì per il verificarsi di rischio generico incombente su tutti i cittadini e comune ad altre situazioni del vivere quotidiano. Contro il provvedimento può essere avanzata opposizione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento”.
Avverso il provvedimento dell'INAIL la lavoratrice presentava ricorso.
Motivi della sentenza
Il ricorso della lavoratrice trovava accoglimento da parte del Tribunale di Milano, che respingeva la tesi dell'INAIL. L'Istituto sosteneva: "allorquando il lavoratore chieda e goda di un permesso, ogni legame con l'attività lavorativa cessa, non essendo configurabile alcun percorso necessitato, tantomeno predeterminato o predeterminabile. La fruizione di un permesso di lavoro per motivi personali interrompe ex sé il nesso rispetto all'attività lavorativa, con conseguente non indennizzabilità dell'evento infortunistico verificatosi nel percorso normale per rientrare al lavoro…”
La lavoratrice contestava tale assunto, sulla scorta di una pronuncia giurisprudenziale (Cass. ord. 18659/2020) secondo cui l'infortunio in itinere è ricompreso nella tutela INAIL anche nell'ipotesi in cui il lavoratore percorra il tragitto in fruizione di un permesso per motivi personali.
La ricorrente richiama anche la Circolare INAIL n. 62 del 18 dicembre 2014 che ha chiarito a quali condizioni risultano indennizzabili gli infortuni in itinere occorsi nel tragitto casa-lavoro interrotto o deviato per accompagnare il proprio figlio a scuola.
Il Tribunale fonda la propria decisione innanzitutto sull'art. 2, del testo unico sugli infortuni (DPR 1124/65), nel testo applicabile ratione temporis secondo cui “salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro”, precisando che “l'interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti” e che “l'assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato ”, mentre “restano [...] esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall'abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall'uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni”, nonché quelli avvenuti nell'ipotesi che il conducente sia “sprovvisto della prescritta abilitazione di guida”.
Il Tribunale di Milano si rifà, inoltre, alla pronuncia della Cassazione richiamata dalla ricorrente che pone a fondamento della copertura assicurativa durante i permessi le seguenti argomentazioni:
Alla stregua di tale interpretazione, può concludersi nel senso che la sussistenza di un rapporto finalistico tra il c.d. percorso normale e l'attività lavorativa è sufficiente a garantire la tutela antinfortunistica.
Il permesso costituisce una fattispecie di sospensione dell'attività lavorativa nell'interesse del lavoratore che ontologicamente non è differente dalle pause o dai riposi, differenziandosi da questi ultimi soltanto per il suo carattere occasionale ed eventuale a fronte del connotato di periodicità e prevedibilità che è tipico degli altri.
A tal fine la pronuncia richiama i permessi per l'assistenza ai disabili, i permessi e congedi per ragioni familiari, i permessi per motivi di studio, per visite mediche, ecc.
Il lavoratore è quindi tutelato tutte le volte in cui si allontani dall'azienda e vi faccia ritorno in occasione della sospensione dell'attività lavorativa dovuta a pause, riposi e permessi; ciò sul presupposto dell'identità ontologica delle tipologie di sospensione lavorativa indicate e della non configurabilità di un vuoto di tutela ogni volta in cui, per fruire di diritti connessi alla esecuzione della prestazione lavorativa, il lavoratore si allontani dalla sede aziendale.
Il Tribunale, fatto questo richiamo, considera che “i permessi retribuiti sono riconosciuti dall'ordinamento in ipotesi tassative, previste dalla legge o dai contratti collettivi, per le quali l'ordinamento ha operato un bilanciamento di interessi, sancendo la preminenza di specifici interessi costituzionalmente garantiti del lavoratore nei confronti dell'interesse del datore di lavoro alla continuità produttiva.”
“Nell'ottica di tale contemperamento di interessi non può, pertanto, sostenersi che il lavoratore, mentre esercita un diritto alla sospensione dell'attività lavorativa riconosciuto dalla legge per le ragioni sopra evidenziate, non sia tutelato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro."
La sentenza esclude, quindi, che la fruizione di un permesso di lavoro per motivi personali interrompa ex sé il nesso rispetto all'attività lavorativa, in considerazione del fatto che la sospensione dell'attività lavorativa in questione trova copertura nelle norme dell'ordinamento lavoristico a mezzo delle quali il Legislatore ha di volta in volta operato il contemperamento citato e che concorrono a regolamentare il rapporto a tutela dei diritti del lavoratore come persona.
Fonte: Trib. Milano 17 luglio 2024
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