Il 31 ottobre 2024 scadrà il termine previsto dall'art. 5 c. 7 ss. DL 146/2021, per aderire alla procedura di riversamento spontaneo dei crediti di imposta per attività di ricerca e sviluppo, utilizzati in compensazione ai sensi dell'art. 3 DL 145/2013.
Per poter aderire, l'impresa deve inviare telematicamente all'Agenzia delle Entrate l'istanza tramite in modello denominato "Richiesta di accesso alla procedura di riversamento del credito di imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo”.
L'adesione (che comporta l'inapplicabilità di sanzioni e di interessi sul credito utilizzato) è riservata ai soggetti che, nei periodi d'imposta tra quello successivo al 31 dicembre 2014 e quello in corso al 31 dicembre 2019, abbiano effettivamente svolto le attività dichiarate e sostenuto i relativi costi, ma le abbiano erroneamente qualificate, in tutto o in parte, come attività di “ricerca e sviluppo” o abbiano erroneamente quantificato ed individuato le spese ammissibili.
L'accesso alla procedura è invece escluso qualora il credito compensato sia frutto di condotte fraudolente, di fattispecie simulate, di false rappresentazioni della realtà basate su documenti falsi, o qualora manchi la documentazione idonea a dimostrare l'ammontare delle spese. L'adesione è preclusa inoltre qualora siano stati già emessi atti di recupero divenuti definitivi prima dell'entrata in vigore della norma, mentre dovrà obbligatoriamente riguardare l'intero importo del credito oggetto di recupero, accertamento o constatazione, qualora a tale data l'utilizzo del credito sia già stato constatato con atto istruttorio, ovvero accertato con provvedimento impositivo non ancora definitivo.
Come effettuare il riversamento spontaneo
Il riversamento spontaneo va effettuato, senza compensazioni, entro il 16 dicembre 2024, o in tre rate di pari importo con scadenza 16 dicembre 2024, 16 dicembre 2025 e il 16 dicembre 2026, con applicazione di interessi legali a decorrere dalla scadenza della prima rata. La procedura si perfeziona con l'integrale versamento di quanto dovuto e comporta la non punibilità del reato di indebita compensazione eventualmente commesso. In caso di riversamento rateale, il mancato pagamento di una delle rate entro la scadenza prevista comporta l'iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti, nonché l'applicazione di una sanzione pari al 30% e degli interessi di cui all'art. 20 DPR 602/73, con decorrenza dal 17 dicembre 2024.
Con questa misura il legislatore tenta una via di uscita dalla crisi generata dal citato art. 3 DL 145/2013, che ha previsto l'autoliquidazione e l'utilizzazione di crediti di imposta in base a presupposti di fatto e di diritto assai evanescenti. Le istruzioni di prassi non hanno agevolato, ma hanno aggravato, i problemi applicativi: alle iniziali istruzioni, che sembravano includere nella nozione di “ricerca” le innovazioni di processo e di prodotto (cfr. Circ. AE 16 marzo 2016 n. 5/E), si sono contrapposti i postumi indirizzi della risoluzione 40/E/2019, secondo cui il beneficio sarebbe stato riservato ad attività riconducibili alle previsioni del cd. Manuale di Frascati (che pure, secondo la prevalente giurisprudenza, non può considerarsi fonte normativa, anche perché tradotto in lingua italiana solo il 7 dicembre 2021: cfr. in tal senso, CGT Rimini del 7 agosto 2023, n. 202/2023; CTP Bologna del 14 luglio 2022). Le oscillazioni e le incertezze hanno assunto i massimi vertici nei settori della moda e del made in Italy, nei quali gli indirizzi assunti dall'Agenzia nella fase di controllo si scontrano con le diverse e più largheggianti interpretazioni originariamente fornite dal MISE (cfr. soprattutto la CM 16 aprile 2009 n. 46586).
L'iter che ha condotto all'attuale formulazione delle norme di sanatoria è stato assai accidentato. Il legislatore ha più volte differito i termini per la presentazione delle istanze di adesione alla procedura e per l'esecuzione dei versamenti. Inoltre, l'art. 5 c. 1 bis DL 145/2023, inserito dalla legge di conversione n. 191/2023, ha consentito a chi avesse già aderito e non avesse ancora effettuato alcun versamento, di revocare integralmente l'istanza.
Rimane spazio per ulteriori novità
Invero, nella fase di conversione del DL 113/2024 (cd. decreto omnibus) è stato presentato un emendamento che prevedeva, oltre ad ulteriori proroghe dei termini, la potestà di riversare “un importo almeno pari al 50 per cento del credito utilizzato”; l'emendamento è stato poi sostituito dall'odg G/1222/6/5 e 6 (testo 2), approvato dalla 5^ e 6^ Commissione del Senato, che, “al fine di addivenire a una soluzione che tenga conto delle iniziali obiettive condizioni di incertezza nell'applicazione della disciplina del credito d'imposta ricerca e sviluppo, e nel quadro delle risorse che potranno essere messe a disposizione nel bilancio dello Stato”, impegna il Governo “a prevedere, nel primo provvedimento utile, idonee misure di carattere finanziario e procedurali, e in particolare: a) per tutti coloro che aderiscono alla procedura di riversamento entro il 31 ottobre 2024, una congrua riduzione percentuale delle somme da riversare, ferma restando la non debenza di sanzioni e interessi; b) a prevedere il differimento del termine per il versamento delle somme, oggi fissato al 16 dicembre 2024” (cfr. Atto Senato n. 1222 – XIX legislatura).
Le iniziative del legislatore non sono coordinate con l'attività amministrativa
In mancanza di disposizioni che dispongano la sospensione delle procedure in corso, così da assicurare parità di trattamento a tutti i contribuenti in una situazione di certezza del diritto, l'Agenzia prosegue le proprie azioni di recupero dei crediti di imposta che ritenga indebitamente utilizzati. L'esperienza insegna che ciò avviene attraverso due diversi strumenti, utilizzati talvolta in via cumulativa e talaltra in via alternativa: il controllo automatizzato, che faccia emergere l'esistenza di un credito di tal genere e permetta la sua immediata iscrizione a ruolo, ed il controllo sostanziale, destinato a sfociare nell'adozione di un atto di recupero motivato [normalmente accompagnato dalla irrogazione della sanzione del 100% prevista dal pre-vigente testo dell'art. 13 c. 5 D.Lgs. 472/97, per le compensazioni di crediti “inesistenti”, sebbene nel caso di effettivo svolgimento di un'attività non qualificabile come “ricerca” occorrerebbe applicare la disciplina delle compensazioni di crediti “non spettanti”, secondo gli indirizzi giurisprudenziali recentemente trasfusi nell'attuale testo dell'art. 13 c. 4 D.Lgs. 471/97, come modificato dall'art. 2 c. 1 lett. l) n. 2) D.Lgs. 87/2024].
Anche sul fronte del contenzioso il legislatore è intervenuto con una misura-tampone, onde favorire (sia pure ex post e caso per caso) la verifica dell'esistenza o meno dei presupposti per fruire dell'agevolazione. Invero, l'art. 23 DL 73/2022, più volte modificato, ed il DPCM di attuazione del 15 settembre 2023, hanno concesso alle imprese la facoltà di richiedere ad un esperto qualificato la certificazione delle attività di R&S già svolte o in corso di esecuzione. Si tende così a sopperire alla mancanza di conoscenze tecniche adeguate da parte dell'Agenzia delle Entrate, che pure è tenuta ad effettuare i controlli e che normalmente ignora la facoltà di richiedere al MISE il parere previsto dall'art. 8 c. 2 DM 27 maggio 2015 (così esponendo i suoi provvedimenti impositivi a vizi di annullabilità per mancanza di un presupposto essenziale, secondo i prevalenti indirizzi della giurisprudenza di merito: cfr. per tutte CGT I^gr. Chieti, n. 454/2022, n. 454).
In buona sostanza, la vicenda dei crediti di imposta per R&S ex art. 3 DL145/2013, è ancora lontana da soluzioni uniformi, fondate su regole generali conformi a criteri di razionalità e di buona amministrazione. Le norme volta per volta emanate in materia potranno fornire qualche utile strumento per chiudere le singole posizioni attraverso una difficile opera di mediazione, affidata alle parti ed ai giudici ed auspicabilmente ispirata da criteri di buon senso.