Con Circ. AE 17 settembre 2024 n. 18, l'Agenzia delle Entrate ha fornito i propri chiarimenti riguardo alla disciplina del concordato preventivo biennale (di seguito, “CPB”) di cui agli artt. 6-37 D.Lgs. 13/2024.
L'Agenzia, nello specifico, ha dato particolare spazio al tema delle condizioni ostative per l'accesso alla procedura (cfr. artt. 10, 11 e 24 D.Lgs. 13/2024), raggruppandole in tre categorie per omogeneità di ratio legis.
Tra di esse, la Circolare tratta segnatamente delle fattispecie considerate sintomatiche di scarsa affidabilità del contribuente, tali da minare il presupposto essenziale della reciproca trasparenza tra quest'ultimo e il Fisco su cui l'istituto si fonda.
Vedi anche: Concordato preventivo biennale: come aderire entro il 31 ottobre 2024 del 18 settembre 2024.
Vedi anche: Concordato preventivo biennale: le Entrate rispondono ai quesiti sull'istituto del 18 settembre 2024.
All'interno di questo gruppo assume una certa rilevanza la condizione ostativa enucleata all'art. 10 c. 2 D.Lgs. 13/2024, la quale preclude, al ricorrere di determinate circostanze, l'accesso al CPB ai contribuenti esercenti attività d'impresa, arti o professioni che applicano gli indici sintetici di affidabilità di cui all'art. 9-bis DL 50/2017 conv. in L. 96/2017 (cd. ISA).
I debiti tributari
La condizione negativa è integrata nel caso in cui tali soggetti abbiano debiti contributivi o per tributi amministrati dall'Agenzia delle Entrate riferibili al periodo d'imposta precedente a quello cui si riferisce la proposta e definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione.
L'accesso al concordato è nuovamente consentito nell'ipotesi in cui, nel rispetto dei termini previsti dall'art. 9 c. 3 D.Lgs. 13/2024 tali passività siano state estinte e l'ammontare complessivo del debito residuo sia inferiore alla soglia di 5.000 euro. Ai fini del computo di tale limite, la norma prevede che siano compresi interessi e sanzioni, mentre non concorrono i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione sino a decadenza dei relativi benefici secondo le specifiche disposizioni applicabili.
A fronte di tale esplicita previsione normativa, l'Agenzia ha fornito diverse indicazioni, tutto sommato condivisibili, su quella che sarebbe la corretta applicazione della preclusione. Ad esempio, la soglia di 5.000 euro riguarderebbe il complessivo ammontare delle passività indicate dall'articolo e riferibili al contribuente, anche nel caso in cui esso sia composto da singoli debiti di importo unitario inferiore. Inoltre, prevedendo la norma che la verifica della situazione debitoria debba essere effettuata con riferimento all'anno precedente ai periodi di imposta cui si riferisce la proposta di concordato, l'Agenzia ritiene che la stessa debba essere effettuata con riferimento al 31 dicembre 2023 nel caso in cui il contribuente abbia intenzione di aderire al CPB per i periodi d'imposta 2024 e 2025.
Nella Circolare viene infine opportunamente chiarito come la condizione di cui all'art. 10 c. 2 D.Lgs. 13/2024 non sia in alcun modo riferibile ai soci delle società eventualmente interessate al CPB, i quali non dovranno pertanto rispettare i parametri della soglia limite.
La controversa questione sulla cessione d'azienda
La Circolare si è espressa anche in merito alla controversa questione riguardante la cessione d'azienda come causa di esclusione per l'accesso al CPB.
L'art. 11 c. 1 lett. b-quater) D.Lgs. 13/2024 prevede, infatti, l'esclusione dalla procedura degli enti e delle società che, nel primo anno cui si riferisce la proposta di concordato, risultino interessati «da operazioni di fusione, scissione, conferimento», senza tuttavia specificare se la cessione di azienda rientri nel novero di tali operazioni straordinarie.
L'Agenzia, per risolvere il quesito, ha fornito la propria interpretazione riguardo alle motivazioni che sarebbero alla base di una simile scelta legislativa: la causa di esclusione di cui alla lett. b-quater sarebbe stata prevista nella consapevolezza che gli accadimenti citati dalla disposizione siano destinati a determinare il venire meno del diretto collegamento tra la proposta di concordato, predisposta nei confronti di una società avente determinate caratteristiche, e la diversa capacità reddituale conseguente all'assetto economico scaturito dall'operazione straordinaria.
Tanto premesso, all'Agenzia apparirebbe coerente con la ratio della norma assumere che «anche nel caso in cui sia effettuata una cessione di ramo d'azienda ricorra una causa di esclusione dal CPB, attesi i molteplici punti in comune tra la cessione di ramo d'azienda e il conferimento».
La soluzione prospettata nella Circolare non sembra però condivisibile, in quanto per nulla corrispondente al tenore letterale della disposizione: il fatto che il conferimento d'azienda presenti delle affinità con la cessione della stessa, infatti, non giustifica un'interpretazione analogica come quella operata dall'Agenzia, soprattutto se considerato che i due istituti differiscono per l'elemento (tutt'altro che marginale) del corrispettivo. Allo stesso modo, non può essere tralasciato come la pianificazione biennale alla base del concordato presupponga una certa costanza nella percezione del reddito da parte del contribuente, la quale potrebbe non essere garantita dalla perdita del cespite produttivo a fronte di un'entrata una tantum.
Nonostante tale indubbia esigenza di continuità, quella fornita dall'Agenzia resta comunque un'interpretazione che esula del tutto dal dettato legislativo e che, pertanto, dovrebbe essere rigettata.