sabato 07/09/2024 • 06:00
Uno strumento utilizzato per la ricerca scientifica non è esente dai dazi doganali se non è destinato principalmente ad attività scientifiche. A chiarirlo è la CGUE con la sentenza 5 settembre 2024, C-344/23, che ha stabilito che le etichette in plastica utilizzate per il monitoraggio di pesci vivi non rientrano nella nozione di "strumenti scientifici" e non possono beneficiare della franchigia doganale.
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Franchigie doganali: il caso esaminato dalla Corte di Giustizia UE
La Corte di Giustizia europea ha chiarito che, in materia di franchigie doganali (Reg. CE 1186/2009), gli “strumenti scientifici” esenti dai dazi sono soltanto quelli strumenti che, per le loro caratteristiche tecniche oggettive, sono destinati principalmente allo svolgimento di attività scientifiche.
La vicenda esaminata dai giudici europei riguarda l'importazione, da parte di un istituto di ricerca scientifica, di alcune etichette rivestite di materia plastica o con astine di polietilene, destinate a essere applicate su pesci vivi per consentirne il monitoraggio della migrazione e della crescita a fini di studio.
Ad avviso dell’importatore, tali etichette, classificate alla voce doganale 3926 90 92 della Nomenclatura Combinata (“altri lavori di materie plastiche e lavori di altre materie delle voci da 3901 a 3914” che sono “ottenuti da fogli”), sarebbero "strumenti scientifici", in quanto importate esclusivamente per finalità non commerciali, e di conseguenza dovrebbero essere esenti dall'applicazione dei dazi doganali.
A seguito di un controllo, tuttavia, l’amministrazione tributaria della Lettonia ha ritenuto inapplicabile la franchigia doganale prevista dal Reg. CE 1186/2009 e ha riclassificato tali prodotti alla voce doganale 3926 90 97 (“altri lavori di materie plastiche e lavori di altre materie delle voci da 3901 a 3914” che non sono “ottenuti da fogli”), assoggettandoli a un dazio del 6,5%.
Tale decisione è stata motivata dall’impossibilità di qualificare le etichette come "strumenti o apparecchi scientifici" ai sensi dell'art. 46 Reg. CE 1186/2009. L’amministrazione lettone ha infatti argomentato che le etichette in questione si limitavano a contrassegnare l’oggetto della ricerca (la fauna ittica), consentendo la raccolta di informazioni, ma senza espletare in sé operazioni scientifiche specifiche, come invece richiesto per strumenti scientifici in senso stretto.
La vicenda è giunta all’esame della Corte di Giustizia europea, chiamata a pronunciarsi su due questioni pregiudiziali: in primo luogo, i giudici del rinvio, hanno chiesto alla Corte di chiarire quando uno strumento possa ritenersi “scientifico” ai fini della normativa sulle franchigie doganali; in secondo luogo, quale sia la corretta classificazione doganale da attribuire ai prodotti oggetto di contestazione.
Non sono esenti dai dazi gli strumenti che non sono destinati prevalentemente a uso scientifico
Nell’esaminare la prima questione sollevata dal giudice del rinvio, la Corte di Giustizia UE ha fornito alcuni importanti chiarimenti in merito all’ambito di applicazione dell’articolo 46 del Reg. CE 1186/2009, recante la disciplina in materia di esenzione dai dazi doganali per strumenti e apparecchiatura scientifica destinati a scopi commerciali. Obiettivo di tale norma è favorire l'importazione di strumenti scientifici che, se usati esclusivamente per ricerca o per scopi educativi, devono poter beneficiare dell’esenzione dai dazi doganali.
Il nodo centrale del quesito riguarda la possibilità di qualificare le etichette importate, utilizzate per finalità di ricerca scientifica, come “strumenti” e, nello specifico, come "strumenti scientifici".
La sentenza in commento chiarisce che il termine “strumento”, secondo il suo significato abituale nel linguaggio corrente, rappresenta un utensile o un manufatto che consente di eseguire un’operazione o un lavoro.
Richiamando un orientamento ormai consolidato, la Corte di Giustizia ha chiarito che per qualificare un prodotto come “strumento” non è sufficiente che il bene venga impiegato nell'ambito di una ricerca scientifica, essendo necessario, invece, che svolga una funzione attiva e specifica nella realizzazione di operazioni scientifiche (Corte di Giustizia UE 10 novembre 1983, C-300/82 e 26 gennaio 1984, C-45/1983).
Secondo i giudici europei, i prodotti in esame rientrerebbero, pertanto, nella nozione di “strumenti”, essendo destinati a essere impiegati in una ricerca scientifica.
Tali prodotti, tuttavia, non possono essere qualificati come veri e propri “strumenti scientifici” e, di conseguenza, non possono beneficiare dell’esenzione dai dazi doganali.
Ai fini dell’applicazione del Reg. CE 1186/2009, occorre avere riguardo, infatti, alle caratteristiche tecniche oggettive e ai risultati che tali prodotti consentono di ottenere. Sulla base di tali elementi, uno strumento può essere definito “scientifico” soltanto se è destinato esclusivamente o principalmente allo svolgimento di attività di ricerca.
In particolare, secondo i giudici europei, le caratteristiche risultanti dalla fabbricazione dello strumento o gli adattamenti che vi sono stati apportati, devono consentire al prodotto di realizzare prestazioni di alto livello, superiori a quelle normalmente richieste per usi industriali o commerciali.
Nel caso di specie, secondo la Corte UE, le etichette in esame non presentano caratteristiche tecniche oggettive che le rendano atte allo svolgimento di attività scientifiche.
Ai fini della classificazione doganale rileva il carattere essenziale del prodotto
In secondo luogo, la Corte viene chiamata a pronunciarsi circa la corretta classificazione doganale delle etichette rivestite di materia plastica o con astine di polietilene importate dall’istituto di ricerca.
Al momento dell’importazione, tali etichette sono state classificate alla sottovoce 3926 90 92 della Nomenclatura Combinata, che si riferisce ad “altri lavori di materie plastiche e lavori di altre materie delle voci da 3901 a 3914” che sono “ottenuti da fogli”. L’autorità lettone ha successivamente riclassificato le etichette alla sottovoce 3926 90 97, la quale copre una categoria più ampia di "altri manufatti di materie plastiche”.
Con la sentenza in commento, la Corte di Giustizia UE ricorda che la classificazione doganale delle merci è determinata dal testo delle voci e delle note premesse alle sezioni o ai capitoli della Nomenclatura. Il criterio decisivo per la classificazione tariffaria delle merci va ricercato nelle loro caratteristiche e nelle loro proprietà oggettive, come definite dal tenore letterale della voce doganale in questione.
La regola 3 b) della Nomenclatura Combinata, richiamata dalla Corte nella pronuncia in commento, stabilisce che nell’eventualità in cui un prodotto sia composto di più materiali o sostanze, si deve identificare quale di essi conferisca al prodotto il suo carattere essenziale. Se un prodotto misto è composto, ad esempio, da materie plastiche e da altre componenti (come parti metalliche), è necessario individuare quale elemento sia prevalente e conferisca al prodotto la sua funzione principale.
Nel caso delle etichette in plastica, la Corte ha concluso che, se tali prodotti sono interamente composti da materie plastiche, devono essere classificati alla voce doganale 3926 90 97. Diversamente, qualora fossero presenti ulteriori componenti, quali una punta metallica per l’applicazione sugli organismi ittici, occorre fare ricorso alla regola generale 3 b) della Nomenclatura Combinata, al fine di individuare il criterio di classificazione prevalente.
Spetta, pertanto, ai giudici del rinvio verificare quale componente (plastica o metallica) conferisce alle etichette il loro carattere essenziale.
Fonte: CGUE 5 settembre 2024, C-344/23
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