Il D.Lgs. 87/2024, di riforma delle sanzioni amministrative e penali, contiene un complesso di innovazioni finalizzate a rendere maggiormente proporzionata la reazione dell'ordinamento giuridico in presenza di violazioni tributarie commesse dal contribuente.
La direttrice su cui si è messo il decreto attuativo è stata, innanzitutto, quella di ridurre sensibilmente le percentuali previste per le condotte di infedele o omessa dichiarazione, di omesso versamento dei tributi, nonché delle altre violazioni poste in essere nella fase dell'attuazione degli obblighi fiscali, e ciò anche per allinearsi alle scelte operate dagli altri paesi dell'Ue.
La proporzionalità è stata, altresì, perseguita dalla possibilità che è data al Fisco di ridurre la sanzione irrogata fino ad un quarto del minimo (e non più sino alla metà) in caso di manifesta sproporzione con l'entità del tributo cui la violazione si riferisce, ma d'altra parte di aumentarla fino al doppio (e non più sino alla metà) nel caso di violazioni della stessa indole commesse nei tre anni successivi alla definitività dell'atto o della sentenza che accerta la violazione.
Il cumulo giuridico
Il decreto attuativo sulle sanzioni ha poi agito (art. 3) sull'istituto del cumulo giuridico delle sanzioni, secondo cui qualora il contribuente con un'unica azione/omissione violi più disposizioni anche riguardanti tributi diversi (c.d. concorso formale), ovvero con più azioni/omissioni violi la medesima disposizione (c.d. concorso materiale), il Fisco deve irrogare la sanzione più grave con l'aumento di un quarto al doppio (e non la somma delle singole sanzioni previste per le violazioni con il criterio del cumulo materiale). Grazie alla riforma fiscale, il concorso materiale non è più limitato alle sole violazioni formali della medesima disposizione; pertanto, per fare un esempio, l'inserimento nelle fatture emesse di un numero di partita Iva inesatto, condotta che determina la violazione ripetuta della medesima disposizione in tema di fatturazione Iva, verrà sanzionata con il criterio del cumulo giuridico e non di quello materiale.
Vi è da aggiungere, però, che il legislatore della riforma ha definitivamente scelto di escludere dal cumulo giuridico le violazioni concernenti gli obblighi di pagamento e le indebite compensazioni, limitando l'applicazione di tale criterio alle violazioni che incidono sulla determinazione della base imponibile, ovvero sulla liquidazione del tributo. La modifica normativa ha posto fine al contrasto giurisprudenziale che a volte escludeva l'applicazione del cumulo giuridico (Cass. n. 27068/2017) ed altre volte lo ammetteva (Cass. n. 21570/2016; Cass. n. 11432/2022).
Un ulteriore intervento riguarda il regime sanzionatorio delle violazioni commesse in più periodi di imposta, anche incidenti su più tributi. Se la violazione riguarda lo stesso tributo ma è commessa in più periodi di imposta, l'aumento da un quarto al doppio si applica sulla sanzione più grave incrementata dalla metà al triplo. Se le violazioni rilevano anche per più tributi, i predetti incrementi operano sulla sanzione più grave aumentata di un quinto. Il legislatore della riforma riscrivendo il comma 5 dell'art. 12 D.Lgs. 472/97 ha, peraltro, superato la tesi interpretativa secondo cui per le violazioni commesse in periodi di imposta diversi si applichi solo l'aumento dalla metà al triplo della sanzione base (senza l'ulteriore aumento da un quarto al doppio).
Continuazione dell'illecito per progressione o per violazioni che rientrano nella medesima risoluzione
Occorre ancora notare che il concorso di azioni e di violazioni può sfociare anche nella c.d. continuazione dell'illecito, situazione per cui applica anche il cumulo giuridico, in quanto emerge parimenti un minor disvalore sociale. A differenza del concorso formale (una azione-più violazioni) e materiale (più azioni-una violazione), la continuazione si verifica nelle ipotesi di più azioni che determinano più violazioni, le quali azioni, però, sono commesse “in progressione”, ovvero rientrano nella “medesima risoluzione”.
La “progressione” riguarda il caso più azioni/omissioni che determinano la violazione di più norme, pregiudicando la determinazione dell'imponibile per un determinato periodo di imposta, ovvero la liquidazione anche periodica del tributo.
Per configurarsi una situazione di “progressione” è necessario che le condotte siano connesse alla medesima compromissione dell'imponibile e della liquidazione del tributo, essendo esclusa qualora le singole violazioni riguardino attività tra di loro estranee (Cass. n. 24302/2022). Pertanto, si ha progressione nel caso di omessa fatturazione, seguita dalla omessa registrazione e dall'infedele dichiarazione Iva; non vi è continuazione dell'illecito qualora tra le violazioni non vi sia alcuna connessione, come nel caso dell'infedele dichiarazione Irpef e della omessa presentazione della denuncia di successione.
La continuazione per “medesima risoluzione” (in precedenza il legislatore usava l'espressione “della stessa indole”) evoca una situazione più ampia, in quanto riguarda il caso di violazioni incidenti su più periodi di imposta, ovvero su diversi tributi o su diversi adempimenti. Un esempio è dato dall'indebita detrazione Iva per due anni consecutivi in relazione ad una medesima tipologia di bene acquistato, ovvero dell'infedele dichiarazione ai fini Imu per più annualità.
L'efficacia temporale delle nuove norme
Tutte le nuove norme sulle sanzioni amministrative tributarie trovano applicazione alle violazioni commesse a far data dal 1° settembre 2024. Ciò vuol significare che nulla cambia per le violazioni pregresse non ancora contestate o non definitivamente accertate; occorrerà attendere del tempo affinché le stesse potranno prestare effetti concreti, e ciò vale anche per il nuovo criterio del cumulo giuridico, nonostante la riforma tributaria abbia consentito di utilizzare questo istituto in sede di ravvedimento operoso.
La scelta di postergare gli effetti della riforma, escludendo l'operatività del regime del favor rei di cui all'art. 3 D.Lgs. 472/97, è dettata da preoccupazioni di gettito, che invero non possono valutarsi quando si discute di sanzioni. Dovrebbe, invero, prevalere l'immediata applicazione delle norme più favorevoli per il reo, che trova giustificazione in relazione al fatto che, se la violazione è indicativa di un minor disvalore sociale, appare irragionevole continuare a dar rilievo alla norma sanzionatoria vigente al momento in cui fu commesso il fatto (c.d. ultrattività).
D'altra parte, la scelta del legislatore non è giustificabile sul piano costituzionale, in quanto il principio del favor rei, pur non rappresentando un valore assoluto ricavabile dall'art. 25 Cost. (riserva di legge in materia penale), è espressione del principio di uguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.; pertanto deve essere riconosciuto in caso di omogeneità tra i contesti fattuali e normativi in cui operano le disposizioni che si succedono nel tempo (Corte cost. 236/2011); circostanza agevolmente riscontrabile nel caso che ci occupa, posto che la struttura deli illeciti tributari è rimasta inalterata e le innovazioni apportate dalla riforma hanno riguardato il procedimento di attuazione dei tributi.
In conclusione, si segnala che una soluzione di “compromesso” tra il rinvio tout court al 1° settembre e il riconoscimento immediato grazie al principio del favor rei poteva essere quella di agganciare l'efficacia temporale delle nuove disposizioni alle violazioni contestate dopo la già menzionata data (anche se commesse anteriormente), così consentendo alle nuove e più proporzionate regole sanzionatorie - incluse quelle sul cumulo giuridico - di operare in tempi ben più rapidi di quelli che in atto si prospettano, e peraltro garantendo nel complesso una maggiore “tenuta costituzionale” della riforma delle sanzioni sotto il profilo appunto dell'efficacia temporale.