venerdì 26/07/2024 • 14:30
La Corte Costituzionale, con sentenza 25 luglio 2024 n. 148, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 230-bis, c. 3, c.c., nella parte in cui non prevede come familiare anche il convivente di fatto e come impresa familiare quella cui collabora anche il convivente di fatto.
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La controversia nasceva da un'ordinanza interlocutoria con cui la Corte di cassazione, sezione lavoro, chiedeva l'intervento delle Sezioni unite al fine di chiarire se l'art. 230-bis, c. 3, c.c. (relativo ai diritti del convivente) potesse essere evolutivamente interpretato prevedendo l'applicabilità della relativa disciplina anche al convivente more uxorio, laddove la convivenza di fatto sia caratterizzata da stabilità. I fatti La questione aveva origine da un giudizio incardinato dinanzi al Tribunale di Fermo da una donna, nei confronti dei figli e coeredi dell'allora convivente, già coniugato con altra donna. La donna sosteneva di essere stata stabile convivente del de cuius dal 2000 sino al decesso avvenuto nel novembre 2012, chiedendo l'accertamento dell'esistenza di una impresa familiare, relativa ad una azienda agricola e la condanna alla liquidazione della quota spettante quale partecipante all'impresa. Il Tribunale di Fermo rigettava la domanda rilevando che il convivente di fatto non poteva essere considerato “familiare” ai sensi dell'art. 230-bis, c. 3, c.c.., così come la Corte d'appello di Ancona. La Corte di Cassazione, Sezioni Unite La Corte di cassazione, Sezioni Unite, sollevava quindi questioni di legittimità costituzionale dell'art. 230-bis (Impresa familiare), c. 1 e 3, c.c., nella parte in cui non include nel novero dei familiari il convivente more uxorio, e “in via derivata” dell'art. 230-ter (Diritti del convivente) c.c., che applica al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera nell'impresa dell'altro convivente una tutela inferiore rispetto a quella prevista per il familiare. La decisione della Consulta Con sentenza n. 148 del 25 luglio 2024 la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale: dell'art. 230-bis, c. 3, c.c., nella parte in cui non prevede come familiare anche il “convivente di fatto” e come impresa familiare quella cui collabora anche il “convivente di fatto”; dell'art. 230-ter cod. civ., laddove attribuisce al convivente di fatto una tutela più ridotta rispetto a quella prevista per il familiare, attraverso il mancato riconoscimento del lavoro “nella famiglia”, del diritto al mantenimento, del diritto di prelazione, nonché dei diritti partecipativi. La Corte Costituzionale affronta la questione effettuando preliminarmente una compiuta disamina dell'evoluzione della normativa e della giurisprudenza sul tema, in ragione dei mutamenti sociali intervenuti, dando atto di come la convivenza more uxorio rappresenti un rapporto ormai entrato nell'uso e comunemente accettato, accanto a quello fondato sul vincolo coniugale, ritenendo che la vita dei conviventi di fatto rientri nella concezione di vita “familiare”. La Corte dà quindi atto di come vi sia stata una convergente evoluzione sia della normativa, sia della giurisprudenza costituzionale nel dare piena dignità alla famiglia composta da conviventi di fatto. La Consulta effettua poi una disamina della disciplina dell'impresa familiare rilevando come la stessa - a differenza di quella dell'impresa coniugale che concerne il regime patrimoniale legale della comunione dei beni tra i coniugi – miri a tutelare il lavoro “familiare”, quale fattispecie intermedia tra il lavoro subordinato vero e proprio e quello gratuito, reso “affectionis vel benevolentiae causa”. La Corte rileva poi come sia stata l'esigenza di approntare una speciale garanzia del lavoro in tale contesto a portare all'introduzione dell'art. 230-bis c.c.., sottolineando come tale disposizione abbia un ampio raggio di applicazione che abbraccia non solo il coniuge e gli stretti congiunti dell'imprenditore, ma anche tutti i parenti fino al terzo grado e gli affini fino al secondo grado secondo l'elencazione contenuta nel terzo comma della disposizione, alla quale deve ritenersi che si siano aggiunti, nel 2016, i soggetti legati da unioni civili. La Corte Costituzionale evidenzia quindi come anche per il convivente more uxorio sussista il rischio che la relativa prestazione lavorativa venga attratta nell'orbita del lavoro gratuito, con la conseguente mancata protezione del lavoro del convivente che, nei fatti, non differisce da quello del lavoro familiare prestato da chi è legato all'imprenditore da un rapporto di coniugio, parentela o affinità. La Consulta puntualizza infatti che, pur permanendo differenti discipline fra la convivenza di fatto e quella fondata sul matrimonio, quando si tratta di diritti fondamentali la tutela non può che essere la stessa, con la conseguenza che il diritto al lavoro e alla giusta retribuzione, reso nel contesto di un'impresa familiare, richiede uguale protezione. Su questi presupposti, la Consulta rileva pertanto la violazione: del diritto fondamentale al lavoro (artt. 4 e 35 Cost.) e alla giusta retribuzione (art. 36, primo comma, Cost.), in un contesto di formazione sociale, quale è la famiglia di fatto (art. 2 Cost.); dell'art. 3 Cost. per la contraddittorietà logica della esclusione del convivente dalla previsione di una norma posta a tutela del diritto al lavoro che va riconosciuto quale strumento di realizzazione della dignità di ogni persona, sia come singolo che quale componente della comunità, a partire da quella familiare (art. 2 Cost.). La Corte Costituzionale ritiene quindi che il convivente di fatto dell'imprenditore vada inserito nell'elenco dei soggetti legittimati a partecipare all'impresa familiare di cui al terzo comma dell'art. 230-bis c.c.., e quindi prevedendo come impresa familiare quella cui collabora anche “il convivente di fatto”, precisando che ai conviventi di fatto (due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale) vadano riconosciute le stesse prerogative patrimoniali e partecipative del coniuge e della persona unita civilmente all'imprenditore. Fonte: C.Cost. 25 luglio 2024 n. 148 ...
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Federico Gavioli
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