La governance nelle imprese di famiglia
Secondo i risultati (pubblicati a gennaio 2024) dell'ultima edizione dell'Osservatorio AUB – promosso da Aidaf (Associazione italiana delle aziende familiari), Unicredit e Università Bocconi – in Italia le aziende con fatturato superiore a 20 milioni di euro sono rappresentate per il 65% da imprese familiari.
E' quindi in tale contesto che si innesta la necessità di introdurre, in particolare nelle imprese di carattere familiare soggette al fenomeno del passaggio generazionale, principi e strumenti di governance volti ad adottare regole e meccanismi chiari per quanto riguarda i processi decisionali, i ruoli e le responsabilità dei vari membri della famiglia.
A questo scopo, la holding “di famiglia” è certamente uno strumento particolarmente utile e duttile, che può consentire di concentrare in un unico veicolo societario le partecipazioni possedute dalla famiglia anche in settori diversi (società industriali, società immobiliari, società che investono le liquidità in titoli e strumenti sia quotati che non quotati, ecc.) e di definire le regole di gestione e il coinvolgimento di ciascun membro della famiglia, anche differenziandone l'ambito di attività e il ritorno economico. Le disposizioni del codice civile prevedono, in linea di principio, che l'attribuzione dei diritti ai soci sia regolata dal principio di proporzionalità rispetto ai conferimenti effettuati.
Tuttavia, è possibile derogare a tale principio così come previsto dall'art. 2346, quarto comma, per le SpA e dall'art. 2468, secondo comma, per le Srl. Nelle SpA, la differenziazione dei diritti, sia amministrativi che economici, può ad esempio avvenire attraverso l'emissione di azioni di categorie speciali (art. 2348, secondo comma), che possono consentire di attribuire ad alcuni membri della famiglia un maggior peso in ambito gestionale rispetto ad altri, ai quali viceversa potrebbe essere riservato un diritto agli utili maggiorato.
Per quanto riguarda il potere gestionale e la differenziazione dello stesso tra i soci della holding, secondo le disposizioni del codice civile - art. 2346 e seg. - è possibile prevedere nelle SpA sia categorie di azioni prive del diritto di voto o con diritto di voto limitato a particolari argomenti (fino a un massimo di azioni rappresentative del 50% del capitale sociale) sia categorie di azioni con diritto di voto plurimo (fino a un massimo di 10 voti per azione, come previsto dal “Decreto Capitali” recentemente approvato). Sempre con riferimento alle SpA, il codice civile - art. 2346, sesto comma - prevede inoltre la possibilità di emettere, a fronte di un apporto (di denaro o di opere e servizi), degli strumenti finanziari partecipativi, che possono attribuire al possessore diritti economici o anche alcuni diritti amministrativi, ma non il diritto di voto (se non su argomenti specificamente individuati).
Tali strumenti potrebbero essere ad esempio emessi dalla holding per attribuire ad alcuni membri della famiglia non coinvolti nella gestione soltanto diritti economici ma non il diritto di voto. La flessibilità di tali strumenti può essere molto utile anche per differenziare i diritti patrimoniali spettanti ai possessori. Si pensi a una holding il cui socio A è maggiormente coinvolto nelle attività industriali e il socio B nelle attività immobiliari. Entrambi potrebbero sottoscrivere strumenti finanziari partecipativi con regolamenti differenziati, che prevedano per il socio A una maggior remunerazione derivante dagli utili conseguiti dalla holding tramite l'attività industriale e per il socio B una maggior remunerazione derivante dagli utili conseguiti dalla holding tramite l'attività immobiliare. La possibilità di differenziare i diritti spettanti ai soci è consentita anche nelle Srl, attraverso l'emissione di quote con diritti particolari (art. 2468, terzo comma) che consentono di regolare, in modo ancor più flessibile che nelle SpA, i diritti di carattere patrimoniale e amministrativo dei membri della famiglia. Tutti gli strumenti finora descritti devono essere naturalmente adattati e cuciti “su misura”, con il supporto di professionisti specializzati su questo genere di tematiche, rispetto alle specifiche esigenze della famiglia e possono consentire, nell'ambito di un passaggio generazionale, di programmare un ingresso graduale, sia con riferimento ai poteri gestori che al ritorno economico, della nuova generazione nella compagine societaria della holding.
Le regole sui trasferimenti e la gestione degli equilibri familiari
Lo statuto e gli eventuali patti parasociali possono inoltre prevedere particolari disposizioni relative al trasferimento sia delle partecipazioni nella holding stessa sia delle partecipazioni possedute da quest'ultima, introducendo ad esempio clausole di prelazione o di gradimento che regolamentino i trasferimenti non solo nell'ambito della famiglia ma anche nei confronti di terzi investitori eventualmente interessati ad acquisire quote di maggioranza o di minoranza.
Da ultimo, ma non meno importante in tema di “buona governance”, occorre considerare che la presenza di una holding consente di gestire gli equilibri familiari ed eventuali situazioni conflittuali tra i soci a livello della holding stessa, limitando il rischio di conseguenze negative sulla gestione delle società operative. I soci (che non sarebbero quindi direttamente soci delle società operative) non potrebbero infatti esperire singolarmente azioni (quali, ad esempio, impugnazioni di delibere di assemblea o consiglio di amministrazione, azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori, ecc.) che potrebbero avere conseguenze dirette (spesso negative) sull'andamento delle società operative.