La sempre crescente mobilità delle persone, incentivata anche da regimi fiscali attrattivi (es. impatriati) e semplificata soprattutto nell'ambito dell'Unione Europea, pone frequentemente tematiche di fiscalità internazionale, diretta e successoria.
La risposta ad interpello n. 132/2024 aggiunge un chiarimento in questo articolato contesto.
Quesito e soluzione interpretativa prospettata dall'istante
L'istante, residente ai fini fiscali in Italia, interpella l'AE in merito alla valorizzazione del costo fiscale della partecipazione come da definizione prevista dall'art. 68 c. 6 TUIR in caso di eventuale plusvalenza futura.
In particolare, l'istante ha acquisito, da lascito testamentario, azioni di una società quotata francese cha hanno assunto rilevanza ai fini delle imposte di successione sia in Francia sia in Italia.
Il quesito chiarisce anche che, in virtù della differenza di aliquote dell'imposta di successione tra Italia e Francia e dell'applicazione dell'articolo 11 della Convenzione contro le doppie imposizioni siglata dal Governo della Repubblica Italiana e dal Governo della Repubblica Francese in materia di imposte sulle successioni e donazioni (L. 708/1994), l'imposta di successione italiana viene integralmente assorbita da quella versata in Francia.
Il quesito, dunque, si concentra sulla possibilità di considerare, a norma dell'art. 68 c. 6 TUIR, l'imposta sulle successioni versata in Francia quale onere accessorio all'acquisto delle azioni da considerare nel calcolo della plusvalenza imponibile in caso di una eventuale futura cessione.
L'istante ritiene che l'imposta di successione, anche se estera, debba essere considerata come onere accessorio ai sensi del citato art. 68, c. 6, in primo luogo perché la formulazione dello stesso articolo non pone limitazioni territoriali alle imposte di successione ed in secondo luogo perché la ratio della norma in esame sarebbe quella di incrementare il valore del costo fiscale di ogni onere strumentale ed accessorio all'acquisizione.
In ultimo, secondo l'istante, non permettere alle imposte di successione sostenute all'estero ed in particolare in un paese della comunità europea di incrementare il valore dell'investimento fatto all'estero creerebbe una penalizzazione rispetto agli investimenti fatti in Italia, contrariamente a quanto previsto dal Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea.
Parere dell'Agenzia delle Entrate
L'AE, citando la circolare del Ministero delle Finanze n. 165 del 24 giugno 1998, riprende la definizione di plusvalenza come differenza tra il corrispettivo percepito, comprensivo di interessi per le dilazioni di pagamento, ed il prezzo pagato all'acquisto. In caso di acquisto avvenuto per successione deve essere preso in considerazione il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato ai fini dell'imposta di successione.
Proseguendo si chiarisce che il costo d'acquisto, come chiarito dalla citata circolare, deve essere aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione portando a titolo esemplificativo anche l'imposta di successione e donazione.
L'Agenzia conclude il suo parere specificando quindi che il costo fiscale da assumere come riferimento per la determinazione della plusvalenza da assoggettare a tassazione può essere aumentato degli oneri strettamente inerenti all'acquisizione della partecipazione medesima, compresa l'imposta di successione e donazione, anche se pagata in Francia, la quale, tra l'altro, comprende quella dovuta in Italia.
Considerazioni conclusive
Le conclusioni a cui giunge l'AE assumono valenza generale essendo fondate sull'esame della normativa interna in materia di imposte sul reddito.
Le medesime, quindi, seguendo il percorso logico esposto nella risposta ad interpello si applicherebbero anche nel caso in cui con lo stato estero non vi fosse in essere alcuna Convenzione contro le doppie imposizioni in materia di imposte sulle successioni e donazioni. Invero, è utile ricordare che tali convenzioni sono state stipulate dall'Italia in un numero estremamente limitato (cioè sette e segnatamente: Stati Uniti d'America, Svezia, Grecia, Gran Bretagna, Danimarca, Israele e – appunto – Francia).
Se ne conclude che, nel caso di un Paese non convenzionato, per la determinazione del valore fiscale della partecipazione, dovrebbe essere sommata l'imposta assolta all'estero ed anche quella assolta in Italia a cui non è stato possibile scomputare quanto versato all'estero.