sabato 11/05/2024 • 06:00
Il riferimento è all'art. 12, c. 4-bis, DPR 602/73, che riconosce solo in taluni casi la meritevolezza della tutela "anticipata", riservando agli altri casi la strada dell'impugnazione "indiretta" al fine di censurare, dinanzi al Giudice tributario, l'atto esecutivo successivo viziato dalla mancata notifica dell'atto presupposto.
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In tema di riscossione, con specifico riferimento alla disciplina afferente l'impugnabilità dell'estratto di ruolo – la Corte Costituzionale - con l'ordinanza n. 81 in data 09.05.2024 – ha:
In particolare, la norma de qua prevede espressamente che “l'estratto di ruolo non é impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell'articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione”.
La pronuncia in esame, in dettaglio, nasce sulla base di specifiche questioni di illegittimità sollevate dal Giudice di Pace territorialmente competente, sorte nel corso di un giudizio di opposizione all'esecuzione promosso da un contribuente che, consultando l'estratto di ruolo, aveva appreso dell'esistenza di quattro cartelle di pagamento non pagate a proprio carico, con indicate le relative date di notifica, ma in realtà “mai giunte alla sua conoscenza o comunque affette da vizi insanabili”, aventi ad oggetto sanzioni “per violazioni del Codice della Strada”.
Il giudice a quo deduce, in particolare, la violazione del principio di uguaglianza e del diritto di difesa, in quanto la tutela "immediata" sarebbe riservata solo ai contribuenti che lamentano uno specifico pregiudizio nei rapporti con la P.A., costringendo tutti gli altri, che pure si trovano in situazioni omogenee a quelle tutelate per legge (ad esempio, pignoramento presso terzi; riduzione o revoca di finanziamenti bancari; effetti ostativi alla circolazione delle aziende su cui gravano pendenze fiscali risultanti dalla "certificazione di cui all'art. 14, D.Lgs. n. 472 del 1997"), ad attendere il successivo atto esecutivo per poter presentare ricorso giurisdizionale (in tal senso vgs Sentenza in nota).
La norma censurata, inoltre, sarebbe in contrasto con l'art. 117 Cost. (Potestà legislativa esercita dallo Stato) in quanto “sorgono dubbi in ordine alla adozione di misure urgenti di giustizia tributaria in assenza di legge delega a mezzo di Decreto Legge”, sicché “il comma 4-bis aggiunto all'articolo 12 del citato D.P.R. 602/1973 (ad opera del D.L. n. 146/2021, art.3 bis ) appare illegittimo per essere stato introdotto incostituzionalmente a mezzo decretazione d'urgenza”.
In tale cornice la Corte ha in primis rimarcato come nell'ordinanza di rimessione risulti contraddittorio l'unico riferimento alle notifiche in quanto:
Peraltro, il rimettente – precisa la Corte - avrebbe dovuto chiarire se le cartelle fossero state o meno regolarmente notificate, tenuto conto che l'accertata, eventuale validità delle notifiche degli atti impositivi avrebbe comportato de plano l'irrilevanza delle questioni sollevate.
In punto di legittimità, poi, è bene rimarcare che la Corte Costituzionale - già con la citata sentenza n. 190/2023 - ha avuto modo di riscostruire l'evoluzione normativa della tematica, a partire dalla sentenza n. 19704 del 2015 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo cui "è ammissibile l'impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l'estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell'ultima parte del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell'atto precedente non notificato unitamente all'atto successivo notificato non costituisca l'unica possibilità di far valere l'invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione".
Ovviamente, nei termini suddetti:
Il legislatore nazionale, a fronte di tale situazione, è dunque intervenuto con la disposizione censurata, che limita la possibilità di impugnare direttamente il ruolo e la cartella, che si assume invalidamente notificata, solo al ricorrere – come detto - di determinate fattispecie.
Sul punto, la Corte Costituzionale specifica espressamente che la situazione che si è prodotta coinvolge profili rimessi - quanto alle forme e alle modalità - alla discrezionalità del legislatore ribadendo comunque - in relazione alla indefettibile esigenza di superare, in definitiva, la grave vulnerabilità ed inefficienza, anche con riferimento al sistema delle notifiche, che ancora affligge il sistema italiano della riscossione - il pressante auspicio che il Governo dia efficace attuazione ai princìpi e criteri direttivi per la revisione del sistema nazionale della riscossione di cui alla richiamata Delega per la riforma fiscale.
Di qui, dunque, la dichiarazione di inammissibilità delle questioni sollevate, dal momento che il rimedio al vulnus riscontrato richiede, in realtà, un intervento normativo di sistema, implicante scelte di fondo tra diverse opzioni, tutte rientranti nella discrezionalità del legislatore nazionale.
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