Il 30 aprile 2024 entrano in vigore le nuove regole sul contraddittorio introdotte dal Decreto che, in attuazione della Legge delega per la Riforma fiscale, modifica lo Statuto del contribuente (art. 1, co. 1, lett. e), d.lgs. 219/2023). Secondo la relazione illustrativa, si tratta di un “punto-cardine” della riforma fiscale, che adegua “la protezione dei diritti fondamentali dei contribuenti agli standards di tutela internazionale e a quelli applicabili in base al diritto dell'Unione Europea, rispettando altresì i canoni interpretativi del giusto processo applicati alla materia tributaria dalla giurisprudenza della CEDU”.
Il contraddittorio costituisce “elemento costitutivo indefettibile della buona amministrazione per uno Stato di diritto moderno e avanzato”, perché consente “al soggetto amministrato di essere sentito prima della adozione di un atto che incida sfavorevolmente sulla sua sfera giuridica”, ed all'amministrazione di completare “la fase istruttoria e pre-decisoria, acquisendo le informazioni dal soggetto amministrato”, così realizzando un “ottimale bilanciamento” tra diritti del contribuente ed “esigenza di efficienza dell'attività amministrativa”. Il perseguimento di questi obiettivi è assistito da una forma di tutela assai intensa, perché l'art. 7 bis dello Statuto del Contribuente menziona espressamente la violazione delle norme in tema di partecipazione tra le cause di annullamento degli atti impositivi.
Le novità dello Statuto del Contribuente
I principi direttivi sono stati trasfusi nell'art. 6 bis, co. 1, dello Statuto, secondo cui “tutti” gli atti impositivi sono preceduti, almeno tendenzialmente, da “un contraddittorio informato ed effettivo”. Si superano così le anomale restrizioni prospettate nel passato, in base alla tipologia del tributo (armonizzato o non armonizzato), alle modalità di accertamento (“a tavolino” o previa verifica), alla prospettazione o meno di valide ragioni deducibili nella fase interlocutoria.
Nel nuovo art. 6 bis dello Statuto queste enunciazioni si intrecciano tuttavia con varie norme di dettaglio (da coordinare con numerose altre disposizioni dettate in materia), che sembrano limitare la portata dei principi espressi. Il secondo comma esclude dal contraddittorio gli atti “automatizzati, sostanzialmente automatizzati […] e di controllo formale delle dichiarazioni”, e quelli (di incerta natura) “di pronta liquidazione”, da individuare con successivo decreto del MEF, nonché “i casi motivati (anch'essi di difficile catalogazione) di fondato pericolo per la riscossione”; inoltre, la norma dispone che il contraddittorio si esercita “ai sensi del presente articolo”, e perciò nelle forme precisate negli ultimi due commi.
Tale specificazione appare assai limitativa, perché le predette norme prevedono che il confronto collaborativo si attiva non nella fase iniziale, ma in quella finale del procedimento, mediante comunicazione dello schema di atto impositivo già predisposto; e ciò in contrasto con le regole espresse dall'art. 7 Legge 241/90, riguardanti il procedimento amministrativo in generale, e dall'ormai abrogato art. 12, co. 7, dello Statuto, che conteneva la pregressa disciplina del contraddittorio in ambito tributario.
Poiché è difficile che l'Ufficio impositore modifichi il convincimento espresso nello schema di atto già pronto, si teme che le osservazioni che il contribuente dovesse presentare all'ultima ora (e delle quali l'Ufficio dovrà comunque tener conto) possano servire solo a perfezionare la motivazione del provvedimento già confezionato, piuttosto che a prevenire una pretesa ipoteticamente ingiusta. In ogni caso, l'eventuale desistenza dell'Ufficio dalla sua pretesa manifesterebbe scarsa efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, perché implicherebbe l'espletamento di un'istruttoria che si sarebbe potuto evitare, se i dati ed i rilievi del contribuente fossero stati acquisiti tempestivamente.
Un contraddittorio depotenziato
Per queste ragioni, se si ritenesse che le regole procedurali inserite nell'art. 6 bis dello Statuto precludano ogni altra forma di partecipazione non espressamente prevista, occorrerebbe concludere che il contraddittorio, benché tendenzialmente generalizzato, risulterebbe sostanzialmente depotenziato, sul piano qualitativo, rispetto a quello disciplinato in precedenza. Nel verosimile intento di scongiurare queste conclusioni, il MEF ha adottato l'atto di indirizzo del 29/02/2024, ove afferma che la disciplina contenuta nella predetta norma “non fa mostra di volersi sostituire a quella che già da tempo regola le forme partecipative e l'esercizio del contraddittorio di cui introduttivamente si è detto, […]. Conforta in ciò, del resto, la lettura della Relazione illustrativa di accompagnamento del decreto legislativo delegato n. 219 del 2023, che ha novellato lo Statuto dei diritti del contribuente introducendovi il citato articolo 6-bis, la quale riporta che questa nuova norma non fa venir meno le garanzie procedimentali già esistenti a legislazione vigente”.
Il contribuente può comunque presentare memorie
Occorre dunque confermare l'opinione, già precedentemente espressa, secondo cui l'invio obbligatorio del preventivo schema di provvedimento non esclude che il contribuente possa sempre prendere visione degli atti del procedimento attivato nei suoi confronti e presentare in ogni tempo memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare, in diretta applicazione dell'art. 10, Legge 241/1990. Soccorrono a tal fine le tesi da tempo sostenute dalla più autorevole dottrina in merito alla valenza generale dei principi sul procedimento amministrativo affermati dalla Legge 241/1990, e quindi alla loro piena applicabilità anche al procedimento tributario, in contrasto con persistenti concezioni ispirate ad una pedissequa attuazione di regole particolaristiche e frammentarie, avulse da un sistema organico e coerente.
Norme da coordinare
Come già accennato, le regole sul contraddittorio contenute nell'art. 6 bis dello Statuto devono essere poi coordinate con svariate altre norme emanate in materia e contenute in fonti diverse, che finiscono per comporre un quadro di riferimento multiforme e variegato. In estrema sintesi:
- l'asserita inapplicabilità delle regole sul contraddittorio per gli atti automatizzati ed i controlli formali va rimeditata in base alle norme relative al preventivo invio di un avviso di irregolarità (art. 6, commi 5 e 5 bis, dello Statuto). Tale avviso assolve infatti alle funzioni tipiche del contraddittorio;
- rimangono fermi diritti e garanzie offerti al contribuente nella fase di verifica, che comprendono la facoltà di essere informato sull'oggetto dell'indagine e sulla documentazione acquisita e di formulare osservazioni e rilievi, ex art. 12, co. da 2 a 4, dello Statuto;
- le regole sul contraddittorio anticipato vanno coordinate con quelle sull'accertamento con adesione contenute nel d.lgs. 218/1997, rimodulato dal d.lgs. 13/2024, applicabili agli atti emessi dal 30/04/2024. In base ad esse il contribuente può:
aderire al pvc, ex art. 5 quater;
formulare istanza di accertamento con adesione, ai fini dell'eventuale definizione: a seguito della esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche; entro i termini per la presentazione di ricorso giurisdizionale, in caso di notifica di avviso di accertamento o atto di recupero non soggetto a contraddittorio; entro 30 giorni dalla notifica dello schema di atto impositivo, in luogo delle osservazioni; nei 15 giorni successivi alla notifica dell'avviso di accertamento o rettifica o dell'atto di recupero, in caso di mancata presentazione o di rigetto delle osservazioni sullo schema di atto.
La sensibile applicazione di queste plurime disposizioni, combinata con le facoltà di conciliazione previste in corso di giudizio, potrebbe utilmente migliorare il rapporto tra contribuente e fisco, nel rispetto di effettivi principi di collaborazione e buona fede.