Tra le misure contenute nel DL 19/2024, c.d. Decreto PNRR , di particolare rilevanza quelle relative al contrasto agli appalti illeciti e, più in generale, all'esternalizzazione del lavoro priva dei requisiti delle diverse fattispecie.
Più specificamente, l'articolo 29 del decreto che ci occupa apporta modifiche sia al D.Lgs. 276/2003 (c.d. Legge Biagi) che al D.Lgs. 81/2015 (in quest'ultimo invero viene esclusivamente abrogato l'art. 38-bis).
La filosofia del legislatore è chiaramente quella di contrastare più incisivamente la somministrazione irregolare cui si riconducono le ipotesi di ricorso ad appalti ed i distacchi privi dei requisiti legali previsti, rispettivamente, dagli art. 29, c. 1 e art. 30, c. 1, D.Lgs. 81/2015.
A tale scopo, il legislatore introduce, attraverso diverse modifiche all'articolo 18 del d.lgs. 276/2003, in diverse ipotesi la sanzione penale dell'arresto che si affianca a quella della pena pecuniaria già prevista ma oggetto di depenalizzazione ad opera del d.lgs. 8/2016.
Segnatamente, la sanzione penale dell'arresto (da un mese fino a tre mesi, a seconda della diversa condotta sanzionata) riguarda, nelle diverse fattispecie previste, sia chi somministra il lavoratore senza essere autorizzato che l'utilizzatore che lo occupa.
Trattamento economico nella filiera degli appalti
Tra le novità introdotte dal legislatore - su cui ci si intende soffermare - la previsione contenuta nel novellato art. 29 D.Lgs. 276/2003, al quale è stato aggiunto il comma 1-bis.
Non si tratta in questo caso di una disciplina finalizzata a sanzionare violazioni ma che mira ad evitare che, nella filiera degli appalti, i lavoratori dell'appaltatore e dei subappaltatori ricevano un trattamento economico differente.
La fattispecie in esame prevede, in particolare, l'obbligo di assicurare al personale impiegato nell'appalto di opere o servizi e nell'eventuale subappalto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto.
Cosa prevede il nuovo Codice dei contratti pubblici
Prima facie la disposizione sembra ricalcare una misura avente analoga finalità prevista dal D.Lgs. 36/2023, con cui è stato approvato il Codice dei contratti pubblici.
Tale decreto, infatti, tra gli impegni dell'operatore economico prevede quello di garantire l'applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all'oggetto dell'appalto e alle prestazioni da eseguire, anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente, nonché garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell'appaltatore (cfr. art. 102).
Le differenze tra le normative
La comparazione delle due fattispecie, tuttavia, fa emergere importanti differenze delle due disposizioni.
Esaminando per i profili comuni, si può notare che il perimetro nel quale deve essere individuato il contratto collettivo (vedremo infra quale) sia quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto.
In tale ambito di applicazione, al personale impiegato (prestazioni da eseguire, per gli appalti pubblici), vanno garantite le tutele dei contratti collettivi individuati dal legislatore.
Sulle tutele e sui contratti collettivi previste dalle rispettive fattispecie, rispettivamente quella del D.Lgs. 276/2003 e quella del D.Lgs. 36/2023, emergono importanti differenze.
Infatti, l'articolo 29, comma 1-bis, D.Lgs. 276/2003 prevede che il trattamento da assicurare è quello economico e non anche quello normativo come invece previsto dal D.Lgs. 36/2023.
Invero, anche l'individuazione di quali siano i trattamenti che rientrano tra quelli considerati aventi natura economico non è così agevole come potrebbe sembra.
Non a caso, il “Patto per la fabbrica” sottoscritto il 9 marzo del 2018 da Confindustria con Cgil, Cisl, Uil prevede, tra le altre cose, che il contratto collettivo nazionale di categoria dovrà individuare il trattamento economico minimo (TEM) e il trattamento economico complessivo (TEC).
Contratti di riferimento
Venendo invece ai contratti collettivi indicati dal comma 1-bis, come si può notare dalla lettura della norma appena richiamata, il legislatore prevede che il contratto collettivo non sia da ricercarsi sulla base del grado di rappresentatività degli agenti negoziali che lo hanno firmato bensì tenendo conto di quello maggiormente applicato nel settore e per la zona.
Più precisamente, è previsto che al personale impiegato nell'attività oggetto dell'appalto deve essere corrisposto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale maggiormente applicato nel settore e per la zona.
Quello che rileva, pertanto, è l'effettiva maggiore applicazione del contratto collettivo a prescindere che i firmatari di quell'accordo siano o meno dotate di un determinato grado di rappresentatività.
Ciò, evidentemente, significa aver voluto attribuire rilevanza ad uno degli indici utilizzati dalla giurisprudenza per la misurazione del grado di rappresentatività, cioè solo a quello relativo all'effettiva applicazione.
Il compito non è sicuramente agevole, ma invero non lo è neanche nei casi in cui il legislatore fa riferimento al contratto collettivo comparativamente più rappresentativo, benché vada ricordato che negli appalti pubblici il Ministero del lavoro e delle politiche sociali approva periodicamente apposite tabelle sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali (cfr. art. 41, c. 13, D.Lgs. 36/2023).
I riferimenti al settore e alla zona
Per quanto concerne il settore e la zona richiamati dal comma 1-bis che ci occupa, si ritiene vada quindi individuato qual è il contratto collettivo nella cui sfera di applicazione sia ricompreso l'ambito di applicazione dell'attività oggetto dell'appalto.
Nella zona, che si tiene possa ritenersi l'area territoriale in cui ricade l'attività, risulteranno evidentemente più contratti collettivi applicati che ricomprendono l'attività di cui supra, tra essi quello che rileverà sarà quello effettivamente più applicato.
Le informazioni dell'INPS
Verosimilmente, ove la norma non subisse modificazioni in sede di conversione in legge, a poter fornire informazioni potrebbe essere l'INPS.
All'istituto, infatti, confluiscono dati utili attraverso le denunce contributive mensili nelle quali è obbligatorio indicare, come noto, il codice attribuito dal CNEL ai singoli contratti collettivi nazionali depositati presso l'Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro.
L'istituto fornisce peraltro periodicamente la mappatura dei contratti collettivi applicati, seppure per scopi differenti e comunque dovrebbero emergere anche i dati relativi alle diverse zone.