Dall'analisi delle molteplici novità presenti nella bozza di Decreto sulle sanzioni, emerge la particolare attenzione che il legislatore ha rivolto all'istituto della compensazione di crediti tributari in merito al quale sono state introdotte diverse novità.
La compensazione per il pagamento delle sanzioni
Il Decreto sanzioni contiene una disposizione di favore per contribuenti che vantano crediti verso la P.A. e che, contemporaneamente, risultano debitori d'imposte non versate.
Dovrebbe essere aggiunto nel D.P.R. 602/73 – recante disposizioni in materia di riscossione delle imposte – un nuovo art. 28-sexies ai sensi del quale i contribuenti titolari di crediti verso le amministrazioni statali sorti a seguito di somministrazioni, forniture ed appalti potranno utilizzarli in compensazione per il pagamento delle somme dovute a titolo di sanzioni ed interessi correlati ad omessi versamenti delle imposte sui redditi che, seppur regolarmente indicate nelle relative dichiarazioni annuali, non sono state in origine versate.
La norma è rivolta ai contribuenti che, raggiunti da comunicazioni di irregolarità (c.d. avvisi bonari) scaturite da controlli automatizzati, entro il termine di 30 giorni potranno pagare le sanzioni e gli interessi correlati alle imposte non versate utilizzando in compensazione i crediti vantati verso la P.A.
Dovranno essere rispettate le seguenti regole procedurali:
la compensazione è consentita sino a concorrenza dell'imposta a debito che risulta dalla dichiarazione presentata;
la compensazione si applicherà con riferimento alle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2022;
i crediti dovranno essere certificati tramite la procedura ex art. 9 comma 3-bis D.L. 185/2008 e la certificazione dovrà indicare la data prevista per il pagamento;
le concrete modalità di attuazione della procedura dovranno essere stabilite con un futuro decreto del MEF.
Trattatasi di un ulteriore strumento che i titolari di crediti verso la P.A. potranno utilizzare in aggiunta a ciò che gli era già stato concesso tramite gli artt. 28-quater e 28-quinquies D.P.R. 602/73 per il pagamento con compensazione di crediti delle somme dovute per i carichi iscritti a ruolo e delle somme dovute in base agli istituti definitori della pretesa tributaria (come ad esempio, l'acquiescenza o l'accertamento con adesione) e deflattivi del contenzioso tributario (conciliazione).
Le indebite compensazioni
Con l'art.1 del Decreto sulle sanzioni il legislatore ha introdotto specifiche modifiche all'art. 10-quater D.Lgs. 74/2000 che detta la disciplina del reato per indebite compensazioni.
Il suddetto 10-quater attualmente punisce:
con la reclusione da sei mesi a due anni, chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione crediti non spettanti per un importo annuo superiore a 50.000 euro;
con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni, chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai 50.000 euro.
Da ormai molti anni è sorto un acceso dibattito – parzialmente risolto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 34419/2023 - in merito alla differenza tra credito non spettante e credito inesistente, le cui precise definizioni in ambito tributario non sono mai state ben delineate - soprattutto in alcuni specifici casi caratterizzati da complicati tecnicismi afferenti a materie non fiscali connesse alla disciplina attributiva dei crediti.
La questione è stata affrontata in modo speculare e parallelo tanto in relazione alle sanzioni amministrative previste dall'art. 13 D.Lgs. 471/97 per i casi di indebite compensazioni, quanto con riferimento al conseguente reato previsto dall'art. 10-quater. Per tal motivo, il legislatore della riforma ha cercato di dirimere i dubbi interpretativi del passato intervenendo su entrambi i fronti ed introducendo le seguenti nuove definizioni nell'art.1 D.Lgs. 74/2000 e, in modo pressoché identico, nell'art. 13 D.Lgs. 471/97.
Nel dettaglio, sono non spettanti i crediti (diversi da quelli ritenuti inesistenti) che siano fondati su fatti reali non rientranti nella disciplina attributiva per il difetto di specifici elementi o particolari qualità (ad esempio, il credito per R&S connesso ad attività effettivamente sostenute ma correlate a progetti “non innovativi”). Sono, inoltre, non spettanti i crediti utilizzati in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti (ad esempio, crediti utilizzati in assenza di visto di conformità) ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella prevista.
Invece, sono spettanti i crediti fondati sulla base di fatti reali, rientranti nella disciplina attributiva, nonché utilizzati in misura e con le modalità stabilite dalla medesima, ma in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi di carattere strumentale, sempre che gli stessi non siano previsti a pena di decadenza (ad esempio, mancata indicazione del credito in dichiarazione annuale o in specifica modulistica eventualmente prevista).
Infine, sono inesistenti i crediti per i quali mancano, in tutto o in parte, i presupposti costitutivi - con definitivo abbandono dell'ulteriore requisito secondo cui, per essere inesistente, un credito non deve essere intercettabile in sede di controllo automatizzato o formale delle dichiarazioni dei redditi o IVA.
Appare evidente la volontà legislativa di cercare di fornire specifiche definizioni che possano:
apportare un maggiore grado certezza ad una tematica che, da sempre, è stata fonte di accesi contenziosi e dubbi interpretativi;
restringere l'inesistenza alle condotte caratterizzate da fraudolenza, arginando le contestazioni per utilizzo di crediti inesistenti che in passato sono state spesso avanzate dagli organi ispettivi in modo sproporzionato – quanto meno per i casi in cui i crediti erano fondati su fatti reali e correlati a spese effettivamente sostenute, anche se non rientranti nella specifica disciplina di attribuzione del credito. Si pensi, a titolo esemplificativo, ai contenziosi sorti per i crediti di R&S per i quali è stato spesso contestato l'utilizzo di crediti inesistenti – in realtà, non spettanti - a fronte di progetti effettivamente eseguiti ma non rientranti nel concetto di innovazione previsto dalla normativa.
Inoltre, merita particolare menzione il fatto che, da oggi in poi, anche in ambito penale non si dovrà più tenere conto della definizione legislativa – presente dal 2015 nell'art. 13, c. 5 secondo periodo, D.Lgs. 471/97 – secondo cui, oltre che per assenza dei presupposti costitutivi, per essere inesistente un credito non deve essere intercettabile mediante controllo automatizzato o controllo formale della dichiarazione - definizione che in passato ha ridotto in modo rilevante le fattispecie in cui intravedere l'inesistenza del credito.
Con l'art. 3 della bozza di Decreto, infatti, la suddetta definizione è stata soppressa dal citato art. 13, facendo in modo che, anche in ambito penale, non debba più valere quanto precisato nella relazione illustrativa del D.Lgs. 158/2015 ove era stato precisato che, ai fini dell'art. 10-quater D.Lgs.74/2000, è rilevante la definizione di crediti inesistenti fornita dall' art. 13 c. 5 secondo periodo del D.Lgs. 471/97.
Con tale ultima modifica potrebbero trovare soluzione, tra l'altro, i dubbi sorti in passato in merito a fattispecie che, sebbene caratterizzate da particolare insidiosità e fraudolenza, fuoriuscivano dal perimetro dell'inesistenza a causa della specifica procedura di controllo mediante cui potevano essere rilevate. Si pensi, a titolo, esemplificativo, ad un credito d'imposta sostanzialmente inesistente posto in compensazione da un soggetto accollante per il pagamento di un debito altrui acquisito a seguito di accollo. Sebbene palesemente fraudolenta, la condotta del contribuente non dava luogo all'inesistenza del credito a causa della sua astratta rilevabilità in sede di un controllo automatizzato della dichiarazione dell'accollante.
Un'ultima novità presente nel decreto è rappresentata dall'introduzione di una nuova causa di non punibilità – che si affianca a quella già disciplinata nell'art. 13 D.Lgs.74/2000 - prevista, però, esclusivamente per i crediti non spettanti: l'agente non sarà punito quando, per la natura tecnica delle valutazioni, sussistono condizioni di obiettiva incertezza in ordine agli specifici elementi o alle particolari qualità che fondano la spettanza del credito.