In ambito tributario, l'atto di recupero è stato inizialmente regolato con disposizioni di prassi, legificate dall'art. 1 c. 421 ss. L. 311/2004 e poi incrementate mediante progressivo assemblaggio di norme successive. Alla disciplina fiscale si è sommata poi quella penale: l'art. 35 c. 7 DL 223/2006 ha introdotto nel D.Lgs. 74/2000 l'art. 10 quater, che ha configurato il reato di indebita compensazione.
I dubbi che hanno contraddistinto l'applicazione di questa normativa si sono accentuati con l'introduzione di una disciplina significativamente più rigorosa per le compensazioni di crediti inesistenti, differenziati dai crediti non spettanti. La distinzione è stata introdotta in sede:
tributaria dall'art. 27 c. 16 ss. DL 185/2008;
penale dall'art. 9 c. 1 D.Lgs. 158/2015.
La definizione di credito inesistente è stata fornita dall'art 15 c. 1 lett. o) D.Lgs. 158/2015, che ha qualificato tale “il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter DPR 600/73, e all'art. 54 bis DPR 633/72”. Sebbene finalizzata alla determinazione delle sanzioni, questa definizione sembra avere carattere generale, valendo per tutti i casi in cui la legge distingue le compensazioni di crediti inesistenti e non spettanti (e, in specie, per la disciplina dei termini di decadenza o delle forme di riscossione).
Tuttavia, i confini tra le due categorie sono rimasti assai incerti ed indeterminati, come dimostrano i contrasti insorti tra giurisprudenza penale e civile e nell'ambito della stessa giurisprudenza civile.
Vedi anche: Atti di recupero: controlli della dichiarazione per il credito di imposta del 24 agosto 2023
Bonus indebitamente dichiarati: accertamenti e controlli del 29 agosto 2023
La definizione di crediti inesistenti e non spettanti nella riforma fiscale
La riforma fiscale in atto ha offerto l'occasione per “riassemblare” le sparse disposizioni emanate in materia. Sebbene la legge-delega non faccia espresso riferimento agli atti di recupero, la materia è comunque interessata dai principi direttivi che prescrivono di:
semplificare il procedimento accertativo;
applicare in via generalizzata il principio del contraddittorio;
razionalizzare il sistema sanzionatorio amministrativo e penale e introdurre, in conformità agli orientamenti giurisprudenziali, una più rigorosa distinzione normativa anche sanzionatoria tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti.
Il legislatore delegato sta dando attuazione a questi principi direttivi, ricomponendo, a pezzi, il “puzzle” normativo. In particolare, ha rimodulato la disciplina degli atti di recupero mediante:
la generalizzazione del principio del contraddittorio endo-procedimentale;
la formale estensione delle regole sull'accertamento con adesione;
l'introduzione (con effetto dal 30 aprile 2024) dell'art. 38 bis DPR 600/73, in cui si riordina(male) la disciplina del recupero dei crediti non spettanti e inesistenti.
All'ultimo compito, riguardante una più rigorosa distinzione tra crediti non spettanti e inesistenti, il legislatore intende provvedere con il decreto legislativo sulla revisione del sistema sanzionatorio di prossima emanazione, approvato in esame preliminare nella riunione del Consiglio dei Ministri del 21 febbraio 2024. Con l'art. 1, comma 1, si introducono le lettere g quater e g quinquies nell'art. 1 c. 1 D.Lgs. 74/2000, fornendo le relative definizioni a fini penali; con l'art. 2, lett. l), nn. 2) e 3), che sostituiscono o modificano i commi 4 e 5 dell'art. 13 D.Lgs. 471/97, si definiscono le medesime nozioni ai fini della determinazione delle sanzioni amministrative (con riflessi sugli ulteriori profili procedimentali connessi alla suddetta distinzione).
In realtà, salve marginali differenze riguardanti il trattamento sanzionatorio amministrativo, le disposizioni hanno un tenore letterale pressoché identico, onde assicurare che la stessa nozione possa applicarsi allo stesso modo ai fini penali e tributari. Sono:
1) non spettanti, i crediti (diversi da quelli ritenuti inesistenti) che siano:
fondati su fatti reali, non rientranti nella disciplina attributiva per il difetto di specifici elementi o particolari qualità;
utilizzati in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella prevista.
2) spettanti, i crediti fondati sulla base di fatti reali, rientranti nella disciplina attributiva, nonché utilizzati in misura e con le modalità stabilite dalla medesima, ma in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi di carattere strumentale, sempre che gli stessi non siano previsti a pena di decadenza (o nella ricorrenza di alcuni ulteriori circostanze rilevanti ai fini delle sanzioni amministrative: n.d.r.);
3) inesistenti, quelli per i quali mancano, in tutto o in parte, i presupposti costitutivi.
Osservazioni
Si dubita che queste definizioni possano risolvere efficacemente il busillis che ha sempre angustiato dottrina e giurisprudenza. Merita di essere ovviamente apprezzato il coordinamento tra la disciplina penale e tributaria, che possa assicurare l'unitarietà della nozione; tuttavia, desta perplessità la tecnica di riscrivere interamente il precedente testo e di contrapporre le varie categorie con metodo casistico e con uso di espressioni di incerto significato, generando così inevitabili problemi di diritto intertemporale ed impedendo di tracciare una chiara distinzione concettuale tra le due categorie. In particolare, è difficile comprendere l'esatta differenza tra le ipotesi tra i crediti non spettanti, perché “fondati su fatti reali, non rientranti nella disciplina attributiva per il difetto di specifici elementi o particolari qualità” e crediti inesistenti, per mancanza dei “presupposti costitutivi”. Ciò fa temere un'indefinita riproposizione delle precedenti ed incerte dispute.
Una prima e sommaria interpretazione logico-sistematica induce a ritenere che il legislatore delegato abbia cercato di recepire (non senza imprecisioni) i principi cui sono recentemente approdate le SS.UU. della Cassazione con le sentenze “gemelle” nn. 34419 e 34452/2023, che – risolvendo i precedenti contrasti – hanno inteso affermare che la distinzione va colta sul piano concettuale, riservando la più rigorosa disciplina prevista per i crediti inesistenti ai casi di compensazioni effettuate in base a dichiarazioni false, con metodi artificiosi (immutatio veri) o in assoluta mancanza degli elementi costitutivi prescritti dalla legge a pena di inammissibilità, sempre che la violazione non sia rilevabile ictu oculi attraverso le ordinarie attività di controllo, e tenendo ferma per il resto, in via residuale, la disciplina prevista per i crediti non spettanti.
Un diverso testo normativo, di natura dichiaratamente interpretativa, che ponga in chiara evidenza questi principi generali e che potrebbe essere proposto dal Parlamento nel successivo iter legislativo, potrebbe meglio assolvere alle finalità espresse dalla legge-delega.