I limiti della legge delega in punto di revisione del sistema sanzionatorio penale
La legge delega n. 111/2023 ha confermato la rilevanza penale delle condotte di evasione fiscale scevre di connotati fraudolenti, quali – tra tutte – quelle sottese ai reati di dichiarazione infedele e di omesso versamento di IVA e ritenute IRPEF. I criteri direttivi in essa contenuti, con specifico riferimento alle sanzioni penali si sostanziano nell'attribuire specifico rilievo:
all'ipotesi di sopravvenuta impossibilità di far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso;
alle definizioni raggiunte in sede amministrativa e giudiziaria ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto.
Il legislatore delegato deve, quindi, tenere conto dei ridotti margini di intervento sul fronte della rilevanza penale delle condotte di evasione: una eventuale radicale espunzione dal sistema penale delle condotte non fraudolente sarebbe frutto di un eccesso di delega.
Ciò nondimeno, nonostante il modesto spazio di intervento, la bozza di decreto legislativo apporta quanto meno con riguardo ai reati di omesso versamento di IVA e ritenute, “coraggiose” innovazioni, al fine di escludere numerosi imprenditori da procedimenti penali “odiosi”.
L'intervento del legislatore delegato sulle fattispecie di omesso versamento
La nuova formulazione degli artt. 10 bis e 10 ter, pur confermando le soglie di punibilità (150.000 per le ritenute e 250.000 per l'IVA), innanzitutto, prevede nuovi termini di configurazione del reato, considerando come data rilevante ai fini penali l'omesso versamento protratto sino al 31 dicembre dell'anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale dei sostituti di imposta o dell'IVA. Rispetto alla vecchia formulazione delle norme, quindi, il termine ultimo per la rilevanza penale dell'omesso versamento è stato ampliato di oltre un anno.
La seconda modifica è rappresentata dal fatto che la rilevanza penale della condotta è subordinata al fatto che:
il debito tributario non sia in corso di estinzione mediante pagamenti rateali ai sensi dell'art. 3-bis D.Lgs. 462/97;
si verifichi la decadenza dal beneficio della rateazione, ai sensi dell'art. 15-ter DPR 602/73 e l'ammontare del debito residuo sia comunque superiore a cinquantamila euro.
Tale innovazione fa sì che tutti i soggetti che, a seguito dell'omesso versamento dei tributi risultanti dalla dichiarazione, ricevono la comunicazione di irregolarità e provvedono a versare le somme dovute, beneficiando della ampia rateazione recentemente prevista dal D.Lgs. 462/97 pari a 20 rate trimestrali di pari importo (prima delle modifiche apportate dalla legge di bilancio per il 2023 le rate erano 8), non subiranno l'incriminazione penale ai sensi dell'art. 10 bis o 10 ter D.Lgs. 74/2000. La scadenza della prima rata del piano di rateazione precede ampiamente il termine del 31 dicembre dell'anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
L'eventuale decadenza dal piano per il mancato versamento di una o più rate non determina conseguenze penali, qualora il debito residuo sia inferiore a cinquantamila euro per le ritenute IRPEF, ovvero settantacinquemila euro per l'IVA.
Orbene, le descritte innovazioni che la bozza di decreto legislativo intende apportare al D.Lgs. 74/2000 sono certamente da apprezzare, nella misura in cui cercano di riportare su binari di ragionevolezza le fattispecie di omesso versamento di IVA e ritenute di acconto che, come è noto, hanno coinvolto numerosi contribuenti, nonostante mancassero intenti fraudolenti e vi fosse comunque l'intenzione di versare il tributo sia pur i tempi dilazionati.
E non è superfluo evidenziare che i criteri direttivi contenuti nella legge delega non disponevano chiaramente una razionalizzazione del sistema penale in tale senso. La scelta del legislatore delegato può, così, ritenersi coraggiosa.
Si precisa, comunque, che la restrizione delle fattispecie penali in questione non lascia sguarnito di tutela l'erario, in quanto resta ferma nei restanti casi la sanzionabilità amministrativa dell'omesso versamento, peraltro nella nuova e più lieve misura del 25 per cento.
Osservazioni
Per completare il quadro, occorre segnalare che il nuovo comma 3-bis dell'art. 13 D.Lgs. 74/2000, in tema di causa di non punibilità connessa al versamento del tributo, dispone che i reati di cui agli articoli 10-bis e 10-ter non sono punibili se il fatto dipende da cause non imputabili all'autore, sopravvenute, rispettivamente, all'effettuazione delle ritenute o all'incasso dell'imposta sul valore aggiunto. Il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dovuta alla inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di Amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi.
Ed allora, anche qualora il trasgressore non riesca ad evitare l'incriminazione per omesso versamento di IVA o ritenute IRPEF, grazie al pagamento rateizzato a seguito della ricezione comunicazione di irregolarità, il giudice penale ha, comunque, ampi margini per valutare la non punibilità dell'autore della violazione, in relazione appunto alla non fraudolenza della condotta.
In definitiva, grazie alle modifiche che saranno a breve apportate al D. Lgs. 74/2000, è possibile sostenere che l'odiosità delle fattispecie penali di cui agli art. 10 bis e 10 ter - tacciate all'indomani dello loro comparsa (2006) come una sorta di “arresto per debiti” – stia sensibilmente e progressivamente venendo meno.