giovedì 14/12/2023 • 14:15
Il Parlamento UE approva la Corporate Sustainability Due Diligence Directive riguardante l'obbligo, per le imprese, di applicare i criteri di “dovuta diligenza” nella gestione delle tematiche di sostenibilità lungo la catena del valore, comprendendo quindi anche la supply chain, per la prevenzione e mitigazione dei danni ambientali e sociali.
La nuova Direttiva è uno dei tasselli, tra i più importanti e con maggiori effetti pratici, che si inserisce nell'ambito dell'Action Plan sulla Finanza Sostenibile dell'Unione Europea per la corretta gestione delle tematiche di sostenibilità. La CSDDD segue la Direttiva sul Corporate Reporting, approvata nei mesi scorsi, che prevede nuovi e più ampi obblighi di rendicontazione per le imprese e, tra di essi, anche quelli legati all'identificazione e gestione dei rischi e le strategie dell'impresa per affrontarli. Questo nuovo tassello riguarda in particolare la gestione, applicando il principio della “dovuta diligenza”, degli impatti negativi che l'attività dell'impresa genera sui diritti umani e sull'ambiente, comprendendo nell'analisi l'intera catena del valore e quindi anche la catena di fornitura. Gli obblighi riguardano l'individuazione, la prevenzione, la mitigazione e la contabilizzazione di tali impatti negativi e dei connessi rischi associati. L'applicazione della Direttiva L'applicazione della Direttiva sarà graduale. Sarà in vigore dal 2024 con l'obbligo di essere applicata dal 2026 dalle imprese di più grandi dimensioni, con oltre 500 dipendenti e con un fatturato di oltre 150 milioni di Euro. Poi, dal 2028, si adeguerà alle previsioni dimensionali della CSRD – Corporate Sustainability Reporting Directive, e dovranno applicarla le imprese con più di 250 dipendenti e con oltre 40 milioni di Euro di fatturato. Successivamente riguarderà anche le imprese extra-europee con analoghi requisiti dimensionali che vorranno operare nel mercato UE. Appare però chiaro che, riguardando la nuova Direttiva la catena di fornitura di tutte tali imprese, saranno indirettamente coinvolte anche le imprese di più piccola dimensione che hanno rapporti con quelle obbligate. A tali imprese potranno essere richieste informazioni sui medesimi temi ambientali e sociali e sarà sempre più rilevante, anche per esse, identificare i rischi e le azioni nonché misurarne gli impatti. Inoltre, potranno essere richieste garanzie contrattuali sul rispetto di determinati requisiti ambientali o sociali che sono previsti a monte della catena del valore e compresi nei loro piani di azione e prevenzione. Il rispetto dei diritti umani Per quanto riguarda i diritti umani, la CSDDD recepisce di fatto i “principi guida su imprese e diritti umani” previsti dalle Nazioni Unite e che prevedono l'obbligo, per le imprese, di non violarli e di evitare che siano violati dai partner con i quali l'azienda si relaziona. Per quanto riguarda gli aspetti ambientali, la Direttiva recepisce di fatto l'Accordo di Parigi riguardante il cambiamento climatico e, per le aziende che abbiano tra gli impatti principali quelli ambientali, prevede la definizione di piani aziendali che includano gli obiettivi di riduzione delle emissioni e le relative azioni. Gli obblighi anche per gli amministratori Per le imprese più grandi, quelle coinvolte nel perimetro previsto dalla Direttiva, vengono introdotti degli obblighi anche per gli Amministratori. Tra di essi, l'istituzione e la supervisione dell'attuazione dei processi di Due Diligence, l'integrazione di tali principi nella Strategia aziendale e gli impatti che le tematiche ambientali e sociali possono avere nel perseguimento della strategia e nelle decisioni che gli amministratori devono adottare. Tali principi possono, a lora volta, riflettersi anche nella remunerazione variabile prevista per gli amministratori e per le figure apicali responsabili degli obiettivi sociali ed ambientali; in tale contesto è possibile legare le previsioni della nuova Direttiva con la cosiddetta Direttiva azionisti (o Shareholder Directive), che prevede che le politiche di remunerazioni contribuiscano alla strategia aziendale ed alla sostenibilità nel lungo termine della società. I nuovi principi contabili ESRS Come si diceva, la direttiva Due Diligence, è un elemento del puzzle che raffigura la strategia europea di transizione a modelli di business che siano sostenibili nel medio e lungo periodo. Tali previsioni si legano quindi anche con i nuovi principi contabili approvati dall'EFRAG – European Financial Reporting Advisory Group: gli ESRS – European Sustainability Reporting Standard. Tali principi prevedono, ad esempio, all'ESRS 1 – General Requirement obblighi generali di informativa riguardanti proprio la Sustainability Due Diligence e la Value Chain. Nel primo caso gli ESRS prevedono di indicare i processi con cui l'azienda individua e mitiga gli impatti negativi reali e potenziali su ambiente e diritti umani e come li integra nella strategia aziendale. Nel secondo caso estende la Disclosure anche alla catena di fornitura, laddove essa possa avere un impatto materiale sui medesimi temi. Ancora, sempre i Principi Contabili europei prevedono, con gli ESRS 2 – General Disclosure la descrizione del proprio modello di business, degli impatti, dei rischi ed opportunità ed il modello di Governance adottato dalla Società. Gli impatti della direttiva In sintesi, la nuova Direttiva fa un ulteriore passo in avanti affinché aumenti la trasparenza dell'informativa delle imprese, utile per tutti gli Stakeholder coinvolti, dai dipendenti agli operatori finanziari, per prevenire e mitigare i rischi di medio e lungo periodo che, come dimostrato dagli organi internazionali tra i quali il World Economic Forum, riguardano sempre più rischi di carattere sociale ed ambientale che, da un lato, possono impattare sulle performance dell'azienda (ottica Outside-In) e, dall'altro, possono essere influenzati dalle sue attività operative (ottica Inside-Out). La nuova Direttiva non è esente da critiche. Esse riguardano da un lato i costi di applicazione perché, come abbiamo visto, comportano diversi oneri che sono più difficili da sostenere specie per le PMI che caratterizzano il sistema produttivo italiano; dall'altro, anche il rischio di una eccessiva regolamentazione che potrebbe frenare la crescita e la competitività delle aziende e specie delle PMI. Tutti tali aspetti sono oggetto di analisi ed il legislatore dovrà tenerne conto, pur se con spazi di manovra ristretti, nel futuro recepimento della Direttiva. È però certo che la direzione intrapresa è chiara e che vi è la necessità di adattarsi a questi cambiamenti, cogliendone anche le opportunità per essere sempre più resilienti all'evoluzione del contesto con cui imprese e professionisti devono confrontarsi.
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