lunedì 11/12/2023 • 06:00
Lo schema di decreto legislativo in materia di adempimento collaborativo introduce per le imprese di minori dimensioni la facoltà di adottare un sistema di controllo del rischio fiscale in cambio della riduzione delle sanzioni amministrative e la non punibilità per il reato di dichiarazione infedele.
Lo schema di decreto legislativo attuativo della cooperative compliance rappresenta uno dei tasselli della riforma fiscale che il Governo è chiamato ad attuare sulla base della L. 111/2023. Il decreto in oggetto mira: al potenziamento dell'adempimento collaborativo già attualmente esistente per le imprese di grandi dimensioni – riducendo a partire dal 2024 gradualmente, tra le altre cose, la soglia minima di accesso, attualmente fissata a 1 miliardo di euro di volume d'affari o di ricavi; a introdurre un regime opzionale per le imprese più piccole che, in caso di adozione di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale (cd. Tax control framework - TCF), hanno diritto a una serie di benefici. Focalizzando l'attenzione su tale ultima fattispecie, l'art. 1, comma 1, lett. e), dello schema di decreto in commento introduce l'art. 7-bis nel D.Lgs. 128/2015, prevedendo per i soggetti di minore dimensione: la riduzione a un terzo delle sanzioni amministrative (da applicarsi comunque in misura non superiore al minimo edittale) per le violazioni relative a rischi fiscali comunicati preventivamente con interpello prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali o prima delle relative scadenze, sanzioni così applicabili nella sola ipotesi in cui il contribuente non si adegui alla risposta resa dall'Agenzia delle Entrate; la non punibilità per il reato di dichiarazione infedele ex art. 4, D.Lgs. 74/2000 qualora vi sia la rappresentazione preventiva e circostanziata all'Agenzia delle Entrate - sempre attraverso l'istituto dell'interpello - del caso concreto per il quale il contribuente ravvisa rischi fiscali relativamente ai soli elementi attivi. L'opzione per il regime in parola ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta in cui è esercitata, tramite apposita comunicazione all'Agenzia delle Entrate, ha una durata di due periodi d'imposta ed è irrevocabile. Al termine, l'opzione si rinnova tacitamente per altri due periodi d'imposta, fatta salva espressa revoca. È prevista l'emanazione di un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che dovrà disciplinare le modalità di applicazione delle disposizioni previste nel citato art. 7-bis. La certificazione del sistema di controllo del rischio fiscale Il TCF dovrà essere certificato da parte di professionisti indipendenti già in possesso di una specifica professionalità iscritti all'albo degli avvocati o dei dottori commercialisti, anche in ordine alla sua conformità ai principi contabili. Quest'ultima previsione rappresenta una delle modifiche apportate dallo schema di decreto relativamente al TCF. Viene infatti stabilito che il sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali di cui le imprese si devono dotare - nel rispetto della propria autonomia di scelta delle soluzioni organizzative più adeguate per il perseguimento dei relativi obiettivi - deve comprendere anche la mappatura di quelli derivanti dai principi contabili applicati. A tale riguardo, è demandato a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate l'individuazione delle linee guida per la predisposizione di un efficace TCF e del suo aggiornamento, fondamentale al fine di garantire che il sistema integrato sia sempre in grado di rilevare e gestire i rischi fiscali che derivano dai cambiamenti all'interno dell'azienda nonché per tenere conto di nuove disposizioni normative, interpretazioni e orientamenti giurisprudenziali che vengono ad esistere dopo la prima adozione del TCF. Cosa si intende per rischio fiscale Per rischio fiscale si intende il rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalità dell'ordinamento tributario. Occorre dunque che, partendo dal rispetto della normativa tributaria, il TCF assicuri una chiara attribuzione di ruoli e responsabilità ai diversi settori dell'organizzazione in relazione ai rischi fiscali, efficaci procedure per rilevare, misurare, gestire e controllare i citati rischi il cui rispetto sia garantito a tutti i livelli aziendali, nonché efficaci procedure per rimediare alle eventuali carenze riscontrate e per attivare le necessarie azioni correttive. Lo schema di decreto aggiunge altresì la mappatura dei rischi fiscali relativi ai processi aziendali. Come per le grandi imprese, il TCF deve essere inserito nel contesto del sistema di governo aziendale e di controllo interno, divenendo sostanzialmente parte del modello 231. In tale ambito, è previsto che almeno annualmente venga inviata una relazione agli organi di gestione dell'azienda per l'esame e relative valutazioni, con indicazione delle verifiche effettuate e i risultati emersi, le misure adottate per rimediare a eventuali carenze rilevate, nonché le attività pianificate. Tutto questo con l'obiettivo di sviluppare forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate fondate sul reciproco affidamento tra l'Amministrazione finanziaria e i contribuenti e, al contempo, incentivare la prevenzione e la risoluzione delle controversie fiscali. Conclusioni L'adozione di un sistema di controllo del rischio fiscale nei termini sopra delineati - che dovrebbe essere possibile già a partire dal 2024 - rappresenta, in particolar modo per le imprese di minori dimensioni, un cambiamento rilevante nel rapporto tra contribuente e fisco, basato su un approccio ex-ante piuttosto che ex-post come avvenuto sinora. In quest'ottica, al fine di incentivarne il più possibile la diffusione nonché a fronte della relativa complessità e onerosità, potrebbe essere valutata l'opportunità di ampliare ulteriormente i benefici – attualmente piuttosto limitati – in tema di sanzioni amministrative, prevedendone ad esempio la disapplicazione al posto della sola riduzione a un terzo (possibile alla luce di quanto stabilito dall'art. 20, comma 1, lett. a), n. 4, L. 111/2023), anche in considerazione dell'interpello preventivo richiesto. Come per le imprese di grandi dimensioni, i termini di accertamento potrebbero essere ridotti, al pari delle tempistiche entro cui l'Amministrazione finanziaria deve fornire le risposte alle istanze di interpello dei contribuenti (istanze che, peraltro, si apprestano a divenire onerose una volta che entrerà in vigore il decreto legislativo di modifica dello Statuto dei diritti del contribuente). Potrebbe essere inoltre eliminata la necessità di prestare apposita garanzia per il rimborso delle imposte, così come è auspicabile un intervento del legislatore volto a chiarire in concreto la previsione per cui i professionisti devono certificare il TCF anche in ordine alla sua conformità ai principi contabili. Si nota infine come la necessità dell'interpello preventivo per ottenere la riduzione delle sanzioni limiti di molto il potenziale beneficio, risultando di fatto complesso rappresentare all'Agenzia delle Entrate tutti i rischi di natura fiscale ai quali le imprese sono esposte.
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