martedì 24/10/2023 • 06:00
L’UNI ha avviato una consultazione pubblica per una nuova prassi che riguarda l’inclusione in azienda in favore di chi ne è portatore, sulla scorta del modello della UNI/PdR 125:2022. Ad essere promossa è la graduale integrazione dei disabili nell’organizzazione aziendale.
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Sulla cultura delle disabilità, soffia un vento di cambiamento. L’UNI, ente italiano di normazione, ha avviato una consultazione pubblica per una nuova prassi che riguarda l’inclusione in azienda in favore di chi ne è portatore. Sulla scorta del modello della UNI/PdR 135:2022, che ha giocato la più importante sfida della parità di genere con il meritato successo.
La consultazione si snoda lungo tre traiettorie.
La finalità
La prima riguarda la finalità.
La prassi di riferimento si propone lo scopo di “definire indirizzi applicativi per il lavoro inclusivo delle Persone con Disabilità” ma non sul modello del disabile come “onere” da assolvere per imposizione della legge bensì su quello del disabile come “opportunità” da cogliere. Il disabile è finalmente considerato un valore aggiunto, una leva di straordinaria produttività in contesti adeguati. Raccogliere best practices, attraverso il confronto pubblico con imprese ed organizzazione, significa offrire un importante benchmark per modellare questi contesti.
Ad essere promossa è, in termini altri, non solo e non tanto l’assunzione delle persone con disabilità, che è un atto che si esaurisce nell’immediato, ma la loro graduale integrazione nell’organizzazione aziendale.
I criteri di integrazione
La seconda traiettoria è disseminata dei criteri in grado di mettere a segno questa integrazione.
Tra questi, spiccano:
- il riconoscere e valorizzare pubblicamente pratiche inclusive attuate e/o attività particolarmente meritevoli svolte da persone con disabilità;
- l’individuare una figura di riferimento nel management dell’organizzazione per la promozione di progetti dedicati all’inclusione;
- il coinvolgere attivamente i gruppi di lavoro dove si concretizza l’integrazione della persona con disabilità;
- l’organizzare un percorso di conoscenza degli attori territoriali che possano contribuire alla realizzazione di progetti di integrazione sul tema;
- l’adottare condotte inclusive, anche attraverso momenti formativi e di sensibilizzazione, significa migliorare il clima e le relazioni aziendali nonché la reputazione dell’organizzazione.
Ad aver funzionato molto bene per la certificazione sulla parità di genere è il modello dei Key Performance Indicators: c.d. Kpi.
L’auspicio è che, all’interno della nuova prassi, trovino definitivamente ingresso Kpi come:
- la presenza di uno o più disabili nell’organizzazione;
- l’adozione e attivazione di strumenti con i Collocamenti Mirati volti a definire politiche di inserimento di Persone con Disabilità;
- l’eliminazione delle barriere all’inclusione, secondo i principi connessi all’adozione di accomodamenti ragionevoli, tra cui la rimozione delle barriere architettoniche, delle barriere digitali, delle barriere al cambiamento e alla comunicazione.
Le modalità operative
Lungo la terza traiettoria, scorrono infine le modalità operative, ovvero quella serie di iniziative che l’organizzazione deve compiere per “mettere a segno” un’inclusione efficace.
Le più importanti sono:
- la pianificazione delle azioni;
- la definizione del piano strategico al fine di dettagliare le modalità di attuazione delle azioni;
- la formazione;
- il monitoraggio delle azioni;
- la comunicazione interna ed esterna.
Conclusioni
In definitiva, deve essere chiaro un dato: il disabile è una persona “con” disabilità. “Con” un valore aggiunto, che gli altri non hanno. Lo insegnano le esperienze di PizzAut e di Alberto Etico.
Ecco il compito delle politiche di inclusione è quello di illuminare quei “con”, contro ogni tentazione di omologare tutti coloro che ne sono portatori a chi non lo è.
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