Ritenute più care sui bonus edilizi
Con il DDL di bilancio 2024 l'esecutivo ha innalzato la percentuale di ritenuta operata dalle banche e dalle Poste sui bonifici parlanti che danno diritto alle agevolazioni fiscali in commento.
Ad oggi tale ritenuta è fissata all'8%, ma a partire dall'anno che verrà sarà innalzata all'11% con importanti ricadute pratiche, tanto per la singola impresa quanto per le casse dello Stato.
Preliminarmente occorre constatare come tale percentuale sia stata, negli anni, oggetto di modifiche da parte dal legislatore: introdotta, infatti, nel 2010 al 10% è stata ridotta al 4% del 2011 per poi passare all'8% nel 2015 ed attestarsi così fino ad oggi.
Considerando che tale ritenuta è un acconto dell'imposta sui redditi effettuato al momento dell'accredito dei pagamenti dei cittadini ai loro fornitori, è agevole constatare come ciò determini conseguenze notevoli soprattutto in relazione al blocco delle cessioni dei crediti d'imposta.
Se, infatti, l'imprenditore non ha una tax capacity sufficiente per utilizzare personalmente il credito in compensazione, questo si troverà a subire la ritenuta al momento del pagamento del fornitore senza poi poter fruire dell'agevolazione determinandosi, così, un nocumento alla liquidità dell'impresa.
Qualche dato per consentire di comprendere la portata di tale disposizione: nel 2022 le ritenute hanno superato i 3,6 miliardi di euro (ciò per l'ampio utilizzo del Superbonus) cifra che probabilmente sarà replicata nel 2023 ancora non concluso e potrebbe essere destinata ad aumentare con l'incremento della percentuale di ritenuta.
La disposizione in commento, tuttavia, deve essere letta in combinato disposto con la previsione di eliminare l'opportunità di detrarre il 110% dei costi che riduce, per l'effetto, il ricorso, da parte dei cittadini, alle note agevolazioni fiscali perché in tal senso i livelli di ritenuta potrebbero essere destinati a diminuire nonostante l'incremento della percentuale.
Il Superbonus 110% nel DDL di bilancio 2024
Quanto alla possibilità di detrarre il 110% non si registra alcuna apertura verso la proroga per i lavori già iniziati su condomini che non potranno essere ultimati entro il 31 dicembre 2023, malgrado le reiterate richieste provenienti dal mondo dell'edilizia con in testa ANCE.
La pressione sul Governo in merito alla proroga (almeno tre mesi) non è giunta solamente dalle associazioni datoriali dell'edilizia ma dalle stesse forze politiche, anche di maggioranza, che hanno presentato emendamenti che non sono stati accolti.
Come è noto, l'agevolazione relativa al Superbonus sarà limitata al 70% delle spese sostenute nel caso di lavori eseguiti su condomini, mentre sparirà completamente nel caso di villette e unità unifamiliari.
Si evidenzia, peraltro, che la bozza normativa prevede la modifica dell’art. 119 DL 34/2020 con l’inserimento della tassazione della plusvalenza al 26% sulla vendita di un immobile ristrutturato con il Superbonus 110% (fruito come sconto in fattura o cessione del credito). Se il testo normativo verrà confermato sarà cancellata la possibilità di detrarre i costi della ristrutturazione per chi decide di vendere la casa entro cinque anni dalla fine dei lavori.
Cessione del credito e sconto in fattura
Il Ministro Giorgetti ha puntualizzato che i lavori debbono essere completati entro il 31 dicembre 2023 nel caso si intenda procedere allo sconto in fattura e alla eventuale cessione del credito maturato nel cassetto fiscale, diversamente l'unico meccanismo di cui si potrà usufruire sarà quello della detrazione: misura spesso inapplicabile dal titolare del credito in virtù della scarsa tax capacity.
Evidentemente, il meccanismo della cessione del credito, con le limitazioni introdotte con il DL 11/2023, continuerà ad essere operativo per tutti quei crediti maturati in precedenza.
Lo sconto in fattura e la cessione del credito rimarranno validi per il bonus fiscale introdotto per il superamento delle barriere architettoniche e per le Cilas e i titoli abilitativi richiesti entro il 16 febbraio 2023.
È noto che esiste ancora una “riserva di comunicazioni”, presentate in specie alla fine del 2022, che rende ancora attivo il Superbonus con detrazione al 110% e potrebbe alimentare (ed incrementare) a lungo il meccanismo della cessione del credito.
L'ammontare dei crediti che mensilmente entrano nei cassetti fiscali delle imprese ammonta a circa 3 mld (report Enea), circostanza che aggrava progressivamente la stima al ribasso dei conti pubblici.
La presa di posizione del Ministro Giorgetti, nel confermare il termine ultimo del 31 dicembre per l'ultimazione dei lavori, potrebbe essere letta come una modalità per scrivere la parola fine al meccanismo poco virtuoso che si è venuto a creare, soprattutto per quanto riguarda la stima del rapporto deficit/PIL.
L'unica possibilità che rimarrebbe a disposizione delle aziende sarebbe quella della detrazione che spesso, come evidenziato, non si accompagna ad una tax capacity adeguata: la circostanza, sommata al meccanismo di fruibilità dei crediti rinvenienti da bonus edilizi, crediti che non possono essere “portati a nuovo” cioè spalmati sugli anni successivi, comporterebbe la “perdita” di intere annualità di crediti presenti nei cassetti fiscali delle aziende.
La strategia appare chiara: rendere gestibile e prevedibile, nel 2024, la spesa che dovrà affrontare lo Stato per la gestione dei bonus edilizi.
In quest'ottica pare utile rammentare come nel Decreto Anticipi siano stati stanziati 15 mld per le “regolazioni” necessarie relativamente ai bonus edilizi.
L'eventuale possibilità di spalmare i crediti in dieci anni
Un'altra misura, tanto auspicata, che avrebbe potuto essere introdotta dal Governo attiene alla possibilità di spalmare i crediti in un arco temporale più ampio, dieci anni, come già fatto per le spese relative al 2022, anche per coloro che hanno usufruito parzialmente dei crediti relativi ad una singola annualità.
La modifica avrebbe consentito un utilizzo migliore della tax capacity delle singole imprese e, contestualmente, un minore aggravamento dei conti pubblici.