mercoledì 18/10/2023 • 06:00
I tempi di attuazione della riforma fiscale sono stati declinati dalla L. 111/2023, in un modo del tutto singolare: (in teoria) prima i testi unici e poi i decreti correttivi delle disposizioni ora vigenti. Al momento il Cdm ha approvato gli schemi di decreto legislativo sulla fiscalità internazionale e sulle imposte sui redditi.
Da quello che si conosce attualmente dello stato di avanzamento della riforma, il 1° gennaio 2024 potrebbero vedere la luce i decreti legislativi di modifica delle norme vigenti, anche per dimostrare che il lavoro è stato già fatto con molto impegno e con molta attenzione. Il 16 ottobre 2023, il Consiglio dei Ministri ha approvato gli schemi di decreto legislativo sulla fiscalità internazionale e sulle imposte sui redditi. L'IRPEF, tema che comprende non solo la modulazione delle aliquote, ma anche un problema di notevole rilievo economico, come quello della riforma dei redditi finanziari, che dovrà porre termine ad un vero e proprio indebito arricchimento da parte dell'erario, conseguente all'impossibilità di compensare dividendi e interessi con le perdite in conto capitale. Approfondisci con il volume “Riforma fiscale” a cura di Antonio Tomassini: un’analisi di tutti gli aspetti della legge delega fiscale: tributi, rapporto fisco-contribuente, controlli, contraddittorio, sanzioni, contenzioso, riscossione e semplificazione normativa. Frutto del lavoro di economisti e tributaristi, rappresenta un prezioso contributo per il professionista nell’interpretazione della riforma. Le novità in arrivo per l'IVA Le novità in arrivo per l'IVA possono essere divise in due grandi ambiti, quelle che (finalmente) mettono fine alle difformità tra la direttiva europea e la nostra norma nazionale e quelle che rientrano nell'ambito delle scelte che la direttiva consente ai singoli Stati. Parliamo prima di questo secondo gruppo di disposizioni, in quanto sono di fatto limitate a poche possibili scelte: semplificazione del regime di tassazione degli immobili, poiché questi beni non possono formare oggetto di scambi transnazionali (tali non sono la diversità di chi compra e di chi vende), ritorno al pro-rata di detrazione limitato alle spese promiscue tra attività tassate e non, nonché estensione delle opzioni per l'imponibilità, sia nel settore delle vendite e locazioni immobiliari, sia nelle operazioni finanziarie. L'adeguamento alle norme europee Molto più rilevanti saranno le novità di ultratardivo adeguamento alle norme europee. Quella più significativa riguarda il momento di effettuazione delle operazioni, ed in particolare l'ambito di applicazione del terzo comma dell'articolo 6 che, da quando esiste l'IVA, prevede che le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento. A livello europeo questo termine viene definito come “fatto generatore” del tributo, distinto dal momento della sua esigibilità. Questi momenti di regola coincidono, ma la direttiva consente di rinviare l'esigibilità – non l'effettuazione – all'atto del pagamento per “talune operazioni”. La Cassazione ebbe a sollevare il dubbio che fosse incompatibile con la direttiva la nostra norma che si riferisce a tutte le prestazioni di servizi. Ma è pacifico che “operazioni” è il genus delle due specie, cessioni e prestazioni e pertanto tutte le prestazioni sono pur sempre talune operazioni. Così la Corte di Giustizia nella sentenza Italittica (26 ottobre 1995, causa C-144/94), senza che nessuno si accorgesse che il quesito riguardava l'effettuazione, cioè il fatto generatore del tributo, mentre la risposta si riferisce all'esigibilità. Questa innovazione chiarirà aspetti ai quali è arrivata la Cassazione a sezioni unite (sentenza 21 aprile 2016, n. 8059), in particolare per chi cessa l'attività senza aver fatturato o riscosso il corrispettivo di una prestazione effettuata (cioè eseguita): il fatto generatore si è manifestato durante l'esercizio di attività, e quindi la partita IVA può essere chiusa solo dopo aver emesso l'ultima fattura. Conclusioni Non distingueremo più tra imprenditori e lavoratori autonomi, essendovi nella direttiva un'unica nozione di soggetto passivo. Peraltro, nel tempo erano cadute distinzioni tra singole norme, come nel caso dell'autoconsumo, piuttosto che nel mantenimento della soggettività per gli eredi di entrambi i soggetti. Semmai il problema – non risolvibile dalla riforma - è quello di almeno un milione di partite IVA che lavora per un solo committente, allo scopo di beneficiare della tassazione forfetaria. Più rilevanti potrebbero essere le regole relative alle cessioni, in cui si deve avere riguardo al potere di disporre del bene come proprietario, in modo che non si manifesta questa operazione se la proprietà viene trasferita, ma disponibilità rimane al precedente titolare. Per il lease-back si veda la casistica lontana dalla realtà oggetto della risoluzione 3/E del 3 febbraio di quest'anno, in cui si ipotizzano contratti in cui il finanziatore potrebbe alienare il bene anche durante il contratto. Per il leasing dovrebbe venire l'adeguamento alle sentenze della Corte di Giustizia che parlano di leasing traslativo, come se fosse una anomala vendita rateale con riservato dominio, se l'opzione di acquisto, a motivo della modesta entità del cd. riscatto, rappresenta l'unica scelta ragionevole. Ma anche un pagamento anticipato eccessivo o una durata troppo limitata potrebbero essere elementi costitutivi di una vendita anziché di una prestazione. Quest'ultima categoria merita poi di essere adeguata alla direttiva, che la classifica in modo residuale come un'operazione economica non classificabile come cessione. La riforma dell'IVA sarà comunque di notevole impatto, potremmo dire psicologico, perché dovremo cambiare non pochi comportamenti che si sono stratificati in un cinquantennio.
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Renato Portale
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