La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con la sentenza del 14 settembre 2023, a conclusione del giudizio C-113/22, ha riacceso i riflettori sulla parità di trattamento tra i sessi. Ma, questa volta, per tutelare i padri che percepiscono una pensione di invalidità.
Con essa, infatti, la Spagna è stata obbligata a riconoscere anche in loro favore l'integrazione “per maternità”, che scatta in presenza di due o più figli, biologici o adottivi. Pena: la configurabilità di una discriminazione diretta basata sul sesso, in violazione della direttiva 79/7/CEE del 19 dicembre 1978 in materia di sicurezza sociale.
Sono due i più importanti punti su cui questa pronuncia ci provoca.
La discriminazione a rovescia
Il primo attiene alla chiara legittimità dell'orientamento della Corte di Giustizia.
Contro l'accusa di squilibrio in favore del sesso maschile, soccorrono infatti i criteri che i giudici europei hanno già utilizzato per respingere quella di “discriminazione a rovescia”, quando hanno riconosciuto speciali garanzie alle lavoratrici.
In sintesi, esse sono sempre legittime quando: sono le più efficaci a fronte di costi ragionevoli, il pregiudizio arrecato ai soggetti “non favoriti” non è sproporzionato ed eccessivo e non ledono alcun fondamentale diritto dei terzi.
È questo il ragionamento che, ad esempio, ha retto la scelta dei giudici europei nel 1997 quando con la sentenza Marshall, ad epilogo della causa 409/95, hanno dichiarato legittima la norma nazionale che impone di riconoscere la precedenza nella carriera alle candidate nei settori a bassa occupazione femminile.
Ma anche quello che ha suffragato le decisioni del 1999 e nel 2004, ad epilogo delle cause Abdoulaye e a. v. Régie nationale des usines Renault SA e Land Brandenburg v. Sass. Con esse, è stato chiarito che non discriminano il lavoratore i benefici riservati alla lavoratrice se essi hanno la finalità di compensare gli svantaggi professionali conseguenti all'allontanamento dal posto di lavoro durante la gravidanza e il puerperio. A determinarlo è, ad esempio, la fruizione del congedo di maternità.
A queste ragionevoli posizioni fa eco la Corte Costituzionale italiana secondo cui tutelare persone che appartengono a gruppi sociali svantaggiati, come le donne, per valorizzarne le accertate capacità professionali, non significa promuovere arbitrari privilegi in favore di tali gruppi. Lo stabilisce solennemente la sentenza n. 8 del 1998.
Pensione di invalidità: il criterio dei figli
Il secondo, e conseguente, punto su cui la sentenza ci provoca attiene all'opportunità per il nostro Paese di introdurre, sull'esempio della Spagna, un'integrazione, secondo il criterio dei figli, alla pensione di invalidità introdotta, nel lontano 1971, dall'articolo 12 della legge n. 118.
Ed infatti, le attuali relative maggiorazioni sono legate unicamente a criteri di reddito, per effetto del comma 6 dell'art. 70 Legge 388/2000, e di età, c.d. incremento al milione al perfezionamento dei 60 anni, ovvero sette anni prima della scadenza quando subentra l'assegno sociale, per effetto dell'art. 38 Legge 448/2001.
Tale secondo criterio è stato anche oggetto di scrutinio di costituzionalità con la sentenza n. 152 del 2020, secondo cui l'incedere dell'età, di per se', non fornisce la misura dell'effettivo stato di bisogno. Esso, nei casi inabilità grave, potrebbe infatti raggiungere l'apice anche al diciottesimo anno di età, ovvero l'età minima per l'accesso al beneficio.
All'Italia, del resto, non sono sconosciuti innalzamenti di tutela anche in favore del sesso maschile, nell'ottica della parità di trattamento e della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Tra i più recenti, l'estensione a 10 giorni del congedo di paternità ad opera del D.Lgs. 104/2022.
In definitiva, la sentenza della Corte di Giustizia dimostra quanto l'Europa sia consapevole della complessa sfida della parità di genere.
Per vincerla, sono essenziali un'elevata competenza, uno sguardo laico, in grado di rifuggire dai pregiudizi e di valorizzare le diversità naturali senza omologarle.
Ma anche molto ottimismo. Quello che ci ricorda nelle sue poesie Hikmet secondo cui: “il più bello dei mari è quello che non abbiamo ancora navigato”.
Fonte: CGUE 14 settembre 2023 n. C-113/22