Nei primi sette mesi del 2023 sono 559 le vittime sul lavoro in Italia, con un trend che si conferma stabile negli ultimi decenni attestandosi a circa 1300 morti per anno, ovvero 3,5 persone al giorno, un dato da far rabbrividire.
La maglia nera per il maggior numero di vittime in occasione di lavoro negli ultimi quattro anni spetta al Molise che è sempre rimasto in zona rossa dal 2019 al 2022, seguito dal Trentino Alto Adige - in zona rossa negli ultimi due anni - e dall'Abruzzo in zona rossa dal 2019 al 2021, in giallo nel 2022.
Mentre la regione che non ha mai abbandonato la zona bianca nei primi semestri degli ultimi quattro anni è la Sardegna; seguita dal Friuli Venezia Giulia che solo nel 2021 era in zona arancione, dalla Liguria che dal 2021 al 2022 è rimasta in zona bianca lasciando la zona gialla dei due anni precedenti e dal Veneto in zona bianca per due anni dal 2019 al 2020 per poi passare però, in un progressivo peggioramento, alla gialla e all'arancione.
A livello europeo l'Italia si colloca al di sopra della media UE27 (2,2) per numero dei deceduti sul lavoro sul totale degli occupati, con 2,6 morti ogni 100.000 occupati.
Tra i Paesi più simili all'Italia per caratteristiche del mercato del lavoro, la Francia (4,8) e la Spagna (3,3) hanno registrato un dato più alto, la Germania (1,1) un dato più basso.
Quali sono le principali cause degli infortuni sul lavoro
Gli infortuni sul lavoro possono essere causati da una serie di fattori, e le cause principali variano in base al tipo di lavoro ed alle mansioni svolte dal lavoratore ma, la prima causa in assoluto rimane la mancata formazione del lavoratore.
Un lavoratore formato ed informato dei rischi e dei pericoli connessi allo svolgimento delle proprie mansioni ha sicuramente minori probabilità di infortunarsi rispetto ad un lavoratore che non ha ricevuto un'adeguata formazione.
Al secondo posto tra le possibili cause vi è la scarsa manutenzione delle attrezzature o, il loro funzionamento difettoso, mentre al terzo posto il mancato uso di dispositivi di protezione individuale (DPI).
Ovviamente i casi suindicati sono il frutto di un conteggio statistico degli infortuni dal momento che, ogni infortunio è un caso a sé stante le cui motivazioni vanno analizzate caso per caso.
Difatti, analizzare le cause di un infortunio può consentire di individuare le carenze nel sistema di prevenzione/protezione, identificare le azioni correttive e la relativa urgenza (eventuali misure alternative temporanee), individuare i fattori che possono causare e/o contribuire all'accadimento di incidenti/infortuni, identificare le opportunità per un miglioramento continuo.
Quali i possibili rimedi
La prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali ed il miglioramento delle condizioni di lavoro dipendono, prima di tutto, dalla conoscenza dei rischi ai quali i lavoratori sono esposti ogni giorno durante lo svolgimento della propria attività e, dalle misure di prevenzione e protezione che si possono mettere in campo.
Il punto di partenza è sicuramente il miglioramento delle condizioni di lavoro che dipende, prima di tutto, dalla conoscenza dei rischi ai quali si è esposti durante lo svolgimento della propria attività lavorativa nonché, dalle misure di prevenzione e protezione che si possono mettere in campo.
La conoscenza dei rischi avviene attraverso le attività di:
Informazione (art. 36);
Formazione (art. 37);
Addestramento (art 37);
Il D.Lgs. 81/2008 all'art.2 definisce l'informazione come il complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro.
La formazione come il processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi.
Mentre l'addestramento consiste nel complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di:
Attrezzature;
Macchine;
Impianti;
Sostanze;
Dispositivi;
anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro.
La normativa vigente:
L'Italia è uno dei paesi con la più ampia ed innovativa legislazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ma, nonostante ciò, gli infortuni non accennano a diminuire.
La legge 215/2021, ha apportato una vera e propria mini-riforma all'impianto normativo del D.Lgs. 81/08, intervenendo in maniera profonda per cercare di arginare il triste fenomeno degli infortuni sul lavoro che, nel nostro paese, si susseguono senza soluzione di continuità, specialmente nel campo dell'edilizia dove una recente indagine ha stabilito che oltre il 90% dei cantieri edili non sarebbe in regola rispetto alla normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro.
Una delle novità più importanti riguarda la formazione dei datori di lavoro; infatti, fino ad oggi per i datori di lavoro non era previsto alcun obbligo formativo in materia di sicurezza, salvo il caso in cui il datore di lavoro cumulasse su di sé anche il ruolo di RSPP.
La nuova normativa ha modificato anche l'articolo 19 TUSL, in particolare il comma a), stabilendo che il preposto oltre ai compiti già previsti nella precedente formulazione: “sovrintendere e vigilare sull'osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di comportamenti non conformi alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dai dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza dell'inosservanza, interrompere l'attività del lavoratore e informare i superiori diretti.”
Ma, tutto ciò, non è bastato a prevenire gli infortuni verificatisi nei giorni scorsi a Brandizzo in Piemonte, dove sono morti 5 operai travolti da un treno mentre svolgevano operazioni di manutenzione sulla linea ferroviaria.
Le indagini della magistratura accerteranno le cause del sinistro e le rispettive responsabilità ma, allo stato, delle domande sorgono spontanee:
come mai degli operai stavano lavorando sui binari mentre la circolazione dei treni era ancora in corso?
chi li ha autorizzati ad iniziare il lavoro sulla linea ferroviaria senza la certezza assoluta che la circolazione dei treni fosse stata interrotta?
Le prime indiscrezioni investigative parlano di una “prassi” in voga fra le ditte addette alla manutenzione delle linee ferroviarie che era quella di iniziare i lavori anticipatamente all'interruzione del traffico ferroviario per risparmiare tempo, ovvero, si mandavano gli operai sulle rotaie pur sapendo che poteva arrivare un treno in corsa.
Tale modus operandi, se sarà accertato dalla magistratura, ci restituisce uno spaccato del modo di intendere la sicurezza sui luoghi di lavoro da parte delle imprese che è spaventoso.
La vita di cinque persone vale zero in confronto al risparmio di tempo che si può ottenere assumendosi il rischio di mandare degli operai sui binari con la circolazione dei treni in corso.
Difronte a tale affermazione non ci sono norme, leggi, regolamenti che possano preservare la vita di un lavoratore, nessuna normativa può sopperire all'incoscienza umana, alla assoluta mancanza di consapevolezza del rischio a cui erano esposti gli operai.
Le norme ci sono, il problema è che non vengono rispettate, la vicenda ThyssenKrupp non ha insegnato nulla, prima di tutto viene il profitto, il risparmio di spesa, le gare di appalto vengono aggiudicate al massimo ribasso, con buona pace del rispetto della normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Conclusioni
La prevenzione degli infortuni sul lavoro non è solo una questione normativa ma, è soprattutto un problema sociale ed etico.
Fino a quando gli imprenditori non comprenderanno che la sicurezza è un investimento non un costo le morti sul lavoro non caleranno.
Un infortunio sul lavoro genera dei costi enormi per l'impresa sia diretti che indiretti.
Fra i “costi diretti” vi sono:
i risarcimenti e le rendite vitalizie per i superstiti del defunto;
l'interruzione dell'attività lavorativa con la seguente perdita di produttività.
Ma oltre ai citati costi diretti vi sono i cd. “costi indiretti”, ovvero:
costi per scioperi o riduzione della produttività della forza lavoro dovuta all'elevata frequenza degli infortuni;
costi degli straordinari necessari a recuperare il tempo perso a seguito dell'incidente e dell'assenza dei lavoratori infortunati;
costo delle attività di indagine, compilazione di verbali e rapporti con le autorità di controllo;
eventuali spese legali per i processi;
costi di retraining (riqualificazione), e di recruiting (reclutamento) nel caso in cui ai lavoratori infortunati venga modificata la mansione, a causa dell'elevato turnover del personale che sempre si verifica in ambienti di lavoro poco sicuri.
E da ultimo, ma non certo in termini di importanza, il cd. “danno d'immagine” che nell'epoca dei social media e delle notizie in tempo reale è certamente il danno peggiore che un'azienda possa subire.