Il nuovo assetto per i rapporti a termine
Il preesistente impianto normativo di base dei contratti a tempo determinato non muta per effetto del recente intervento normativo: è confermata la possibilità di stipulare contratti a termine della durata non superiore a 12 mesi senza la necessità di doverne giustificare le ragioni, mentre per i periodi più lunghi, nel limite dei 24 mesi, anche questo confermato, è necessario apporre al contratto la causale, che però non deve essere più connotata da quella straordinarietà ed eccezionalità della disciplina previgente, ma sarà quella corrispondente, oltre che all'esigenza di sostituire altri lavoratori, ai “casi previsti dai contratti collettivi di cui all'art. 51”. Quest'ultimo inciso conferma il favore, sempre più diffusamente condiviso, per la promozione della contrattazione collettiva decentrata, con l'equiparazione dei livelli ed il riconoscimento anche ad un contratto collettivo aziendale, della possibilità di regolare tale previsione, anche in maniera difforme da quanto eventualmente previsto dal contratto collettivo nazionale, alle condizioni previste dallo stesso art. 51 D.Lgs. 81/2015. Emerge un quadro regolatorio di indubbia flessibilità ed adattività alle concrete esigenze della realtà produttiva, garantito dalla centralità del ruolo assegnato alle organizzazioni sindacali.
La disciplina transitoria
Considerando che non tutti i contratti collettivi recano le indicazioni dei casi previsti per poter stipulare un contratto a tempo determinato, e che comunque è ragionevole presumere la necessità di un certo lasso di tempo per la loro revisione o aggiornamento in tal senso, il primo comma dell'art. 19 D.Lgs. 81/2015, così come modificato dalle nuove norme, prevede che in assenza delle indicazioni premesse, la causale adottata può essere quella eventualmente prevista dai contratti collettivi applicati in azienda, o quella, determinata da esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, individuata dalle parti. Tale regime transitorio è attualmente concepito fino al 30 aprile 2024, data entro la quale si auspica che le parti sociali esercitino la delega loro assegnata.
Il reset per il calcolo del periodo acausale
In sede di conversione del DL 48/23, all'art. 24 è stato introdotto il comma 1 ter, per effetto del quale “ai fini del computo del termine di 12 mesi previsto dall'art. 19, c. 1, e dall'art. 21, c. 01, D.Lgs. 81/2015, come modificati dai commi 1 e 1-bis del presente articolo, si tiene conto dei soli contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto “.
Pertanto, nel caso di un nuovo contratto a tempo determinato (o di una proroga o di un rinnovo, visto il rinvio esplicito all'art. 21, co. 01, D.Lgs. 81/2015), se la durata non supera i 12 mesi, tenendo conto della finestra temporale decorrente dal 5 maggio 2023, non sarà necessario apporre causali. Ciò per l'effetto del reset riferito alla data di entrata in vigore della norma per il calcolo di tale termine, nel rispetto della durata massima di 24 mesi.
Le ricadute sui contratti di somministrazione
Gli effetti delle modifiche in materia di rapporto a tempo determinato si riverberano, come noto, anche sui contratti in somministrazione. Non soltanto perché l'art. 30 D.Lgs. 81/2015 prevede la possibilità della instaurazione di rapporti in regime di somministrazione a tempo determinato senza ulteriore specificazione, e quindi consente di ricondursi alla disciplina generale degli artt. 19 e seguenti, ma anche perché lo stesso art. 19, nell'indicare la durata massima del rapporto di lavoro a termine tra gli stessi contraenti e per mansioni di pari livello e identica categoria legale, ai fini del computo di tale periodo, equipara il rilievo dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell'ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato. Pertanto, la disciplina a tempo determinato è pacificamente identica anche per l'utilizzazione di lavoratori somministrati.
Le previsioni speciali per la somministrazione
Le norme in esame hanno inoltre introdotto alcune previsioni invece specifiche per i contratti di somministrazione, escludendo alcune fattispecie dalla considerazione del limite percentuale del 20% dei lavoratori somministrati a tempo indeterminato rispetto alla complessiva forza lavoro.
L'attuale formulazione dell'art. 31 D.Lgs. 81/2015, esclude infatti ogni rilievo ai fini della limitazione quantitativa per i lavoratori utilizzati in regime di somministrazione a tempo indeterminato assunti con contratto di apprendistato.
Sempre secondo quanto disposto dalle nuove previsioni introdotte all'art. 31, sono esclusi dai limiti quantitativi percentuali i lavoratori in regime di somministrazione che:
sono stati licenziati a valle di una procedura per licenziamento collettivo;
sono disoccupati da almeno sei mesi e godono della indennità di disoccupazione non agricola o ammortizzatori sociali;
rientrano nelle categorie di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell'art. 2 Reg. UE 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Le misure introdotte confermano l'opportunità di riconoscere alla somministrazione la necessaria collocazione quale esempio di flessibilità virtuosa e garantita per i lavoratori. Superati i pregiudizi storici infatti, che hanno fatto sempre negare asilo nell'ordinamento alla intermediazione privata, l'impianto normativo, con i requisiti preventivi richiesti alle agenzie di somministrazione, ad esclusivo fine di garanzia delle condizioni dei lavoratori, rappresentano un corredo di tutela adeguato delle condizioni dei lavoratori delle stesse agenzie di somministrazione e consentono di considerare il ricorso a tale opzione un momento di flessibilità virtuosa, che non preclude il riconoscimento di nessuno dei diritti normalmente garantiti ai lavoratori in forza presso l'utilizzatore. In quest'ottica deve leggersi pure la possibilità, riconosciuta sempre dall'art. 31 D.Lgs. 81/2015, che nel caso in cui il contratto di somministrazione tra l'agenzia di somministrazione e l'utilizzatore sia a tempo determinato l'utilizzatore può impiegare in missione, per periodi superiori a 24 mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, per il quale l'agenzia di somministrazione abbia comunicato all'utilizzatore l'assunzione a tempo indeterminato, senza che ciò determini in capo all'utilizzatore stesso la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato. A riprova che il lavoratore alle dipendenze dell'agenzia di somministrazione non necessariamente ha bisogno di ulteriori tutele rispetto a quelli impiegati “in via ordinaria” presso le aziende degli utilizzatori.