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mercoledì 09/08/2023 • 06:00

Impresa Sostenibilità

Due diligence ambientale: le linee guida OCSE 2023 per le multinazionali

Le linee guida OCSE per le multinazionali integrano il c.d. dovere di diligenza, individuando 6 fasi per la condotta d'impresa responsabile ai fini della sostenibilità. La due diligence dovrà necessariamente comprendere la prevenzione del degrado ambientale che si traduce in effetti negativi sulla salute.

di Andrea Quaranta - Environmental risk manager

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  • Tempo di lettura 9 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Le norme consolidate in materia di condotta d'impresa responsabile 

Nel 2011 l'OCSE, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, ha pubblicato delle linee guida destinate alle imprese multinazionali (Guidelines for Multinational Enterprises on Responsible Business Conduct- RBC); si trattava di una serie di raccomandazioni rivolte dai governi alle imprese multinazionali volte:

  • ad assicurare che le attività delle stesse siano sempre conformi alle politiche governative;
  • a rafforzare le basi per una fiducia reciproca fra le imprese e le società in cui operano;
  • a migliorare le condizioni per gli investimenti esteri e
  • a valorizzare il contributo apportato dalle imprese multinazionali allo sviluppo sostenibile.

Sette anni più tardi, la stessa organizzazione ha emanato una guida sul “dovere di diligenza per la condotta d'impresa responsabile”: il focus della guida era sulla c.d. due diligence, il “dover di diligenza, una procedura che le imprese dovrebbero attuare per individuare, prevenire, mitigare e rendere conto di come affrontano gli impatti negativi, effettivi e potenziali, nelle rispettive attività, nella catena di fornitura e nelle altre relazioni commerciali”.

Quest'anno, complice l'importanza sempre maggiore che l'ambiente (nonostante tutto…) sta avendo, non solo è stato pubblicato l'aggiornamento delle linee guida dedicate alle imprese multinazionali, che hanno integrato al loro interno il concetto di “dovere di diligenza”, prima del tutto obliterato, ma il Parlamento europeo ha portato (quasi) a compimento il “passaggio europeo” che porterà all'emanazione della direttiva relativa al “dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità”.

La due diligence ambientale multinazionale

Nelle 79 pagine delle nuove Guidelines RBC l'OCSE ha citato altrettante volte il termine due diligence, prima assente, sottolineando, per quanto riguarda la gestione ambientale (“parte importante dello sviluppo sostenibile che può comportare la conciliazione di un'ampia gamma di priorità”), che:

  • occorre istituire e mantenere un sistema di gestione ambientale adeguato all'impresa “associato alle operazioni, ai prodotti e ai servizi dell'impresa per l'intero ciclo di vita, anche mediante la due diligence basata sul rischio”;
  • la natura e la portata della due diligence ambientale dipenderanno dalle circostanze di ogni impresa;
  • il miglioramento delle prestazioni ambientali richiede l'impegno per un approccio sistematico e per il miglioramento continuo del sistema;
  • gli impatti ambientali negativi sono spesso strettamente interconnessi con altre questioni trattate dalle linee guida (come la salute e la sicurezza, gli impatti sui lavoratori e sulle comunità, l'accesso ai mezzi di sussistenza), e l'esecuzione della due diligence ambientale e la gestione degli impatti ambientali negativi implicano spesso la presa in considerazione di molteplici priorità ambientali, sociali e di sviluppo;
  • la comunicazione relativa agli impatti ambientali è una componente della due diligence.

La diligenza ai fini della sostenibilità: l'approccio “One Health”

Le norme internazionali vigenti ben consolidate in materia di condotta d'impresa responsabile, sopra richiamate, stabiliscono – fra l'altro – le modalità con cui le imprese dovrebbero rispettare e inserire la protezione dell'ambiente in tutte le attività che svolgono e le catene del valore cui partecipano.

Con queste parole, che si trovano diverse volte nei “considerando”, il Parlamento europeo ha avanzato le sue proposte di emendamento al testo della proposta di direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità: sono molte le novità suggerite dal Parlamento il quale ha sottolineato che il dovere di diligenza è stato esteso ai temi dell'ambiente e della governance per consentire alle imprese di individuare, prevenire e attutire gli impatti, siano essi effettivi o potenziali.

L'approccio sistematico è alla base anche della proposta di direttiva: “One Health”, infatti, è un «approccio integrato e unificante che mira a bilanciare e ottimizzare in modo sostenibile la salute di persone, animali ed ecosistemi», perché strettamente interconnesse e interdipendenti fra di loro.

Al centro della nuova strategia sull'adattamento ai cambiamenti climatici è stato messo il settore sanitario, rendendolo sostenibile dal punto di vista ambientale e climaticamente neutro e resiliente al più tardi entro il 2050: la due diligence ambientale, dunque, dovrà necessariamente comprendere la prevenzione del degrado ambientale che si traduce in effetti negativi sulla salute.

Il contesto e la diligenza a livello di gruppo

Sulla falsa riga di quanto già affermato dall'OCSE, il Parlamento riconosce che il modo in cui una organizzazione può essere associata a un impatto negativo varia: dipende dal contesto, dal ruolo svolto, dalla posizione nella catena del valore.

Dipende dal contesto, nella sua più ampia accezione: è il contesto a determinare la significatività dell'impatto.

Il livello corporate, dunque, svolge un ruolo fondamentale: le società madri, si legge nei considerando, “dovrebbero essere in grado di intraprendere azioni che possano contribuire al dovere di diligenza delle società affiliate”.

Per questo motivo il Parlamento ha previsto l'introduzione di un nuovo articolo (7-bis), che disciplina la diligenza a livello di gruppo affidando agli Stati membri il compito di far sì che le società madri che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva possano adempiere a specifici obblighi (al ricorrere di specifiche condizioni) per conto delle società che sono loro “filiazioni” e che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva stessa.

Il ruolo degli Stati nella pianificazione della transizione

Gli Stati membri dovranno fare in modo che ogni impresa elabori e adotti un piano di transizione in grado di garantire che il modello di business e la strategia aziendale perseguiti siano in linea con gli obiettivi della transizione a un'economia sostenibile.

Il Piano di transizione dovrà descrivere:

  1. la resilienza del modello di business e della strategia aziendale della società ai rischi connessi alle questioni di clima;
  2. le opportunità per la società connesse alle questioni inerenti al clima;
  3. se del caso, l'identificazione e la spiegazione delle leve di decarbonizzazione all'interno delle operazioni e della catena del valore della società;
  4. il modo in cui il modello di business e la strategia aziendale della società tengono conto degli interessi dei suoi pertinenti portatori di interessi e del suo impatto sulle questioni di cambiamento climatico;
  5. il modo in cui la strategia dell'impresa è stata attuata e sarà attuata per quanto riguarda le questioni climatiche, compresi i relativi piani finanziari e di investimento;
  6. gli obiettivi stabiliti nel tempo relativi ai cambiamenti climatici fissati dall'impresa;
  7. il ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo per quanto riguarda le questioni climatiche.

Ma non solo.

Gli Stati dovranno provvedere affinché ciascuna società adotti misure adeguate a prevenire i potenziali impatti negativi sui diritti umani nonché gli impatti ambientali negativi che sono stati o avrebbero dovuto essere individuati, o per “attutirli sufficientemente”, qualora la prevenzione non sia possibile, o non lo sia immediatamente o “non sia riuscita”.

Rientrano in entrambe le categorie, in funzione del momento in cui le misure vengono attuate:

  • la predisposizione e l'attuazione di un piano operativo di prevenzione che preveda un “calendario ragionevole e preciso per l'attuazione di misure e interventi adeguati e indicatori qualitativi e quantitativi per misurare i progressi”, nel caso in cui la natura o la complessità delle necessarie misure di prevenzione lo esiga;
  • le modifiche, i miglioramenti, le revoche o gli investimenti necessari per quanto concerne le attività proprie della società;
  • l'adattamento dei modelli e delle strategie aziendali, al fine di prevenire potenziali impatti negativi;
  • lo sviluppo e l'utilizzo di politiche di acquisto che non incoraggino potenziali impatti negativi sui diritti umani o sull'ambiente;
  • il sostegno finanziario e amministrativo mirato e proporzionato alle PMI con le quali l'impresa ha un rapporto d'affari;
  • le relazioni d'affari sulle aspettative della società per quanto riguarda la prevenzione e l'attenuazione dei potenziali effetti negativi;
  • la gestione degli aspetti contrattuali.

Il dialogo e la comunicazione

Sembra scontato, ma non lo è: è necessario – si sottolinea più volte, sullo sfondo, a far da collante a tutte le nuove norme previste in materia di due diligence – avviare un dialogo significativo con tutti gli stakeholders, per consentire “un'interazione e un dialogo autentici nel loro processo di dovuta diligenza”.

A tal fine, il Parlamento suggerisce di inserire un apposito articolo, nel quale:

  • si sottolinea che l'impegno riguarda l'informazione e la consultazione dei portatori di interessi interessati e deve essere globale (quindi deve riguardare anche la supply chain), strutturale, efficace, tempestiva, sensibile alla cultura e alla dimensione di genere;
  • vengono indicate le linee guida per l'espletamento di questo fondamentale compito.

Il processo di attuazione del dovere di diligenza dovrebbe comprendere le sei fasi definite dalle linee guida dell'OCSE sul dovere di diligenza per la condotta d'impresa responsabile:

  1. integrazione del dovere di diligenza nelle politiche e nei sistemi di gestione;
  2. individuazione e valutazione degli impatti negativi sui diritti umani e degli impatti ambientali negativi;
  3. prevenzione, arresto o minimizzazione degli impatti negativi, siano essi effettivi e potenziali, sui diritti umani e sull'ambiente;
  4. verifica, monitoraggio e valutazione dell'efficacia delle misure;
  5. comunicazione;
  6. riparazione.

Come gestire il dialogo con gli stakeholder

Qualora non sia possibile svolgere un dialogo significativo con i portatori di interessi, le società si devono impegnare in modo significativo con altri portatori di interessi pertinenti (le organizzazioni della società civile o le persone fisiche o giuridiche che difendono i diritti umani o l'ambiente), al fine di ottenere informazioni credibili sugli impatti negativi potenziali o effettivi.

I portatori di interessi devono avere il diritto di richiedere informazioni aggiuntive per iscritto che vengono fornite dalla società entro un lasso di tempo ragionevole e in un formato adeguato e comprensibile. Fatta salva la direttiva (UE) 2016/943, se la società respinge una richiesta di informazioni aggiuntive, il portatore di interessi.

Le società istituiscono un quadro adeguato alla consultazione delle parti interessate: possono decidere di individuare e consultare le diverse parti interessate a seconda del contesto o dell'impatto negativo.

I lavoratori e i loro rappresentanti sono informati dalla loro società in merito alla sua politica in materia di dovere di diligenza e alla sua attuazione.

Nell'informare e consultare i portatori di interessi colpiti, le società identificano e affrontano gli ostacoli al dialogo, così come provvedono a che i partecipanti non siano soggetti ad azioni di ritorsione o rivalsa, anche mantenendo l'anonimato e la riservatezza.

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