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martedì 08/08/2023 • 06:00

Impresa Indicazioni Banca d’Italia

Obblighi antiriciclaggio nella prestazione di servizi di private banking

Dall'attività ispettiva condotta dalla Banca d'Italia, concentrata su prestatori di servizi di “private banking”, sono emerse criticità sulle modalità di adeguata verifica della clientela, in termini profilatura del rischio e di monitoraggio costante del rapporto, con inevitabili riflessi sull'omessa segnalazione di operazioni sospette.

di Giuseppe Alfieri - Avvocato

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  • Tempo di lettura 5 min.
  • Ascolta la news 5:03

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L'Unità di Supervisione e Normativa Antiriciclaggio (SNA) ha diramato il 3 agosto una nota che trae origine dalle risultanze dell'attività ispettiva condotta su soggetti vigilati “significant” che prestano servizi di private banking alla clientela e cioè servizi bancari o finanziari a favore di privati con ampie disponibilità patrimoniali, delle loro famiglie o delle loro attività.

L'interesse della Vigilanza, sul fronte dell'antiriciclaggio, verso tale tipologia di attività bancaria va ricercato nell'elevato livello di personalizzazione dei servizi offerti alla clientela. Proprio perché non standardizzati, ma legati alle esigenze rappresentate di volta in volta dai clienti, tali servizi si sottraggono - quasi fisiologicamente - a presidi e controlli tarati su operatività bancaria ordinaria, imponendo, quanto agli adempimenti previsti dal D.Lgs. 231/2007, altrettanta specifica taratura ad hoc.

Tale ultima considerazione è chiaramente connessa con la tipologia di clientela (persone fisiche, soggetti giuridici opachi) che movimenta, impiegandoli in maniera diversificata, patrimoni consistenti.

Pochi essenziali elementi, di per sé sufficienti a giustificare un livello di rischio di riciclaggio elevato, soprattutto se la combinazione tra profili soggettivi della clientela e operatività per il tramite del private banker si presta a sfruttare impropriamente un'attività finanziaria del tutto lecita per occultare l'origine dei fondi o evadere le tasse.

Del resto, il tema dell'elevato livello di personalizzazione dei servizi richiesti dalla e/o offerti alla clientela non viene alla luce solo perché analizzato negli ultimi due Supra National Risk Assessment (l'ultimo è del 2022), ma risulta codificato già all'interno dell'art. 24 D.Lgs. 231/2007 quale fattore di rischio alto.

In buona sostanza, la prestazione dei servizi di private banking, ove si connoti di tale peculiare personalizzazione nell'interesse del cliente, imporrebbe - di default, secondo la SNA - il ricorso all'adeguata verifica rafforzata, ammettendo quale elemento di mitigazione (almeno) il riscontro sull'origine (lecita) dei fondi del cliente.

Il vero discrimen, a parere di chi scrive, è l'ancoraggio a parametri il più possibile oggettivi della valutazione sul livello di personalizzazione, proprio perché il principale rilievo emerso dall'attività ispettiva della Vigilanza attiene ad errori commessi in fase di profilatura annessa alla verifica dell'identità del cliente.

Il tema ha una sua apprezzabilità laddove bisogna decidere se, in assenza della riferita oggettivizzazione di ciò che costituisce offerta personalizzata al cliente, il soggetto obbligato debba procedere comunque ad un'adeguata verifica rafforzata perché private banker, prescindendo da elementi acquisiti in sede di profilatura che bilancino lo score di rischio o gli sia concesso di giustificare - ex post - il ricorso ad un'adeguata verifica ordinaria proprio perché non ha rinvenuto elementi di personalizzazione.

Non si comprende, altrimenti, perché la SNA eccepisca, nella nota in commento, che “gli intermediari non raccolgono regolarmente informazioni sulla complessiva situazione reddituale e patrimoniale dei clienti private oppure non riscontrano adeguatamente queste informazioni, facendo eccessivo affidamento sulle dichiarazioni rese dagli stessi. Infine, nei casi di rischio alto, non viene sempre effettuata la verifica dell'origine dei fondi utilizzati nel rapporto.

Sarebbe stato forse preferibile un approccio più salomonico? Il private banking è attività finanziaria ex se a rischio alto perché la personalizzazione dei servizi offerti costituisce un naturale negotii con conseguente, costante, ricorso all'adeguata verifica rafforzata, ed acquisizione di un set di informazioni reddituali e patrimoniali più organica e completa da verificare a scadenze serrate e il cui mancato riscontro dà luogo ad astensione e a potenziale segnalazione di operazione sospetta.

Perché se lo SNA solleva criticità sulla profilatura da cui discendono, inevitabilmente, errori di valutazione ai fini dell'avvio del procedimento ex art. 35 D.Lgs. 231/2007, la soluzione appena prospettata, contenendo i rischi di errore in sede di attribuzione dello score, costringerebbe il soggetto obbligato ad uno sforzo analitico ulteriore ai fini dell'invio di una sos.

In ogni caso lo SNA la vede diversamente perché rammenta ai destinatari che “la normativa impone agli intermediari di valorizzare in modo adeguato, nel calcolo del punteggio per l'assegnazione al cliente della classe di rischio, i fattori di specifica rischiosità che caratterizzano l'attività di private banking e di applicare misure rafforzate, se opportuno, alla luce del complesso delle informazioni disponibili e delle valutazioni effettuate” e che vanno valorizzate “le peculiarità del settore private nei processi di monitoraggio della clientela ai fini del corretto adempimento degli obblighi di segnalazione di operazioni sospette”, anche alla luce del novellato provvedimento recante gli indicatori di anomalia del 12 maggio 2023.

Fonte: Nota SNA 3 agosto 2023

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