L'Accordo sui redditi da risparmio tra la Comunità Europea e la Confederazione Svizzera stipulato il 26 ottobre 2004 attua l'estensione del regime di tassazione dei dividendi previsto dalla Direttiva n. 435/90/CEE – attualmente direttiva 2011/96/UE – anche ai flussi di dividendi corrisposti da società figlie stabilite negli Stati membri dell'Unione Europea a società madri residenti nella Confederazione elvetica.
Con la Risoluzione del 10 maggio 2007 n. 93, l'Agenzia ha ritenuto che l'ambito soggettivo dell'articolo 15 (ora articolo 9) non può essere esteso alle società che, anche se non totalmente esenti da imposizione, siano beneficiarie di esenzioni ad almeno uno dei tre livelli (municipale, cantonale e federale) di tassazione diretta sul reddito.
A supporto di tale conclusione, si richiamava la Decisione del 13 febbraio 2007 della Commissione europea, che affermava come alcuni regimi di tassazione delle società elvetiche costituissero aiuti di Stato in contrasto con il buon funzionamento dell'Accordo di libero scambio, il cui articolo 23 ritiene incompatibile con il buon funzionamento dell'Accordo, nella misura in cui sia suscettibile di pregiudicare gli scambi tra la Comunità e la Svizzera, ogni aiuto pubblico che falsi o minacci di falsare la concorrenza, favorendo talune imprese o talune produzioni.
Sul tema è intervenuta la pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione europea nella causa C-448/2015, Wereldhave Belgium che ha negato i benefici della Direttiva madre-figlia nel solo caso di esenzione totale degli utili, considerando che una società che è assoggettata all'imposta sulle società, ad aliquota zero a condizione che tutti i suoi utili siano distribuiti ai propri azionisti, non soddisfa la condizione prevista all'articolo 2, lettera c), della direttiva 90/435 e non rientra quindi nella nozione di società di uno Stato membro ai sensi di tale direttiva.
Tale interpretazione del giudice unionale appare coerente con l'interpretazione data dalla stessa Agenzia in merito all'applicazione dell'esenzione prevista dall'articolo 9 dell'Accordo Svizzera-UE in caso di participation exemption: si è ritenuto infatti che tale istituto non costituisca un regime di favore e pertanto non osti al riconoscimento dell'esenzione da ritenuta alla fonte.
Si segnala, inoltre, che la riforma fiscale svizzera del 28 settembre 2018 ha soppresso, a decorrere dal 1° gennaio 2020, i regimi fiscali di favore, incluso quello per le società miste, che prevedeva l'esenzione da imposizione sui redditi ai fini cantonali.
Pertanto, al fine di evitare che la prassi italiana possa essere interpretata quale violazione dello spirito e della lettera dell'articolo 9 dell'Accordo Svizzera-UE e di assicurare un'applicazione della norma conforme al diritto unionale, i chiarimenti resi dalla citata Risoluzione n. 93/E del 2007 sono da ritenersi superati nella misura in cui comportino che la parziale esenzione da imposta sui redditi a livello della società madre elvetica osti al riconoscimento dei benefici dell'articolo 9 dell'Accordo in oggetto, con conseguente applicazione di ritenuta alla fonte sui dividendi corrisposti da società partecipate residenti nel territorio dello Stato.
La Svizzera è fuori dalla black list italiana
Quanto al rapporto tra Svizzera e Italia, si ricorda che con il DM MEF 20 luglio 2023, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 28 luglio 2023 n. 175, la Svizzera, a decorrere dal 2024, uscirà dalla black list italiana. Pertanto, non sarà più un paese a fiscalità privilegiata per le persone fisiche che ivi trasferiranno la loro residenza.
Fonte: Ris. AE 31 luglio 2023 n. 46