giovedì 13/07/2023 • 06:00
Il Fisco ritiene che gli strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali rafforzati, non possono fruire della disciplina di esenzione di cui all'articolo 1, commi da 100 a 114, della legge di bilancio 2017.
redazione Memento
L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato due risposte ad interpello in tema di strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali rafforzati (Carried interest) e PIR Alternativi (Risp. 382) e sontratti di associazione in partecipazione con apporto di capitale e PIR Alternativi (Risp. 383). L'articolo 1, commi da 100 a 114, della legge di bilancio 2017 prevede un regime di non imponibilità, ai fini delle imposte sui redditi, dei redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria, derivanti da determinati investimenti (cd. ''investimenti qualificati'') operati tramite piani di investimento del risparmio a lungo termine (cd. ''PIR'') effettuati nel rispetto di determinate caratteristiche espressamente previste dalla normativa (vincoli e divieti di investimento) (cd. regime PIR). Si tratta di una disciplina fiscale diretta a favorire la canalizzazione del risparmio delle famiglie verso gli investimenti in strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali, italiane ed europee, radicate sul territorio italiano, per le quali maggiore è il fabbisogno di risorse finanziarie e insufficiente è l'approvvigionamento mediante il canale bancario. Ai fini dell'individuazione degli strumenti ammissibili, si deve far riferimento prima facie alla definizione di ''strumento finanziario'' rinvenibile nell'articolo 1 del testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), che all'articolo 1, comma 2 del TUF definisce «strumento finanziario»: «qualsiasi strumento riportato nella Sezione C dell'Allegato I, compresi gli strumenti emessi mediante tecnologia a registro distribuito. Gli strumenti di pagamento non sono strumenti finanziari». La normativa PIR non richiede necessariamente la negoziazione nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione e, pertanto, nel novero degli strumenti finanziari qualificati ai fini PIR possono essere inclusi anche quelli non negoziati in detti mercati e sistemi multilaterali. In ogni caso, la qualificazione di strumento finanziario, di per sé, non è sufficiente per far rientrare l'investimento tra quelli ammissibili ai fini della normativa in esame, ma occorre che lo strumento finanziario a cui sono destinate le somme del PIR presenti caratteri e finalità compatibili con l'impianto previsto dalla normativa. Con riferimento specifico alla costituzione dei PIR Alternativi, la normativa prevede che gli stessi rispettino i seguenti vincoli di investimento: per almeno i due terzi dell'anno solare di durata del piano, almeno il 70 per cento (cd. quota obbligatoria) del valore complessivo del PIR deve essere investito, direttamente o indirettamente, in «strumenti finanziari», anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione; gli «strumenti finanziari» devono essere emessi o stipulati con imprese fiscalmente residenti in Italia, con imprese residenti in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'accordo sullo Spazio Economico Europeo con stabile organizzazione in Italia; le imprese, oggetto degli investimenti, devono essere diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati; gli investimenti possono essere rappresentati anche da «prestiti erogati alle predette imprese nonché in crediti delle medesime imprese». Con riferimento alla possibilità di includere in un PIR Alternativo anche gli investimenti effettuati per il tramite di contratti di associazione in partecipazione con apporto di una somma di denaro, ai sensi dell'articolo 2549 del codice civile, occorre verificare se tali investimenti rientrino tra gli ''strumenti finanziari'' a cui fa riferimento la normativa generale PIR. Con riferimento alla possibilità di includere tra gli investimenti ''rilevanti'' ai fini del regime PIR gli strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali rafforzati per i quali ricorrono i presupposti previsti all'articolo 60 del decreto legge n. 50 del 2017, occorre verificare che lo strumento finanziario a cui sono destinate le somme del PIR presenti caratteristiche e finalità compatibili con l'impianto previsto dalla relativa disciplina. La scelta di investire nell'economia reale, circoscritta alle imprese con le quali l'investitore è legato, direttamente o indirettamente, da un rapporto di lavoro, vanificherebbe la ratio del regime di esenzione di favorire l'afflusso di capitale di rischio all'intera economia reale di mercato. Secondo l'Agenzia, l'inclusione degli strumenti finanziari partecipativi in un PIR non è in linea con la finalità sottesa alla relativa disciplina fiscale agevolativa, volta a favorire la creazione di uno stabile canale, alternativo a quello tradizionale, per far affluire risorse alle imprese dell'economia reale. Sulla base di quanto illustrato, pertanto, l'Agenzia ritiene che gli strumenti finanziari dotati di diritti patrimoniali rafforzati, non possono fruire della disciplina di esenzione di cui all'articolo 1, commi da 100 a 114, della legge di bilancio 2017. FONTE: Risp. AE 12 luglio 2023 n. 382 Risp. AE 12 luglio 2023 n. 383
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