Respingendo la soluzione prospettata dall'istante, l'Amministrazione afferma la rilevanza del beneficio economico conseguito con la stipula di un commodity swap nell'ambito dei tax credit energia e gas, in quanto componente direttamente collegato ai prezzi della materia prima.
Attese le finalità compensative della misura, in forza di un approccio di tipo economico-sostanziale l'Agenzia delle Entrate evidenzia come la sussistenza del presupposto dell'agevolazione sia ancorata all'effettivo sostenimento dei “maggiori oneri” di fornitura causati dell'eccezionale innalzamento dei prezzi.
Partendo da tale presupposto, a parere delle Entrate, per i casi in cui il beneficio è commisurato al “costo sostenuto”, nel determinare il credito d'imposta spettante occorre tenere conto dei flussi in entrata generati da strumenti finanziari derivati sottoscritti per far fronte al rischio di variazione dei prezzi di mercato del gas naturale e dell'energia elettrica, atteso il loro effetto rettificativo della voce di conto economico oggetto di copertura.
I differenziali positivi o negativi che scaturiscono da uno swap, infatti, si traducono in un incremento o in un decremento dei costi di approvvigionamento sostenuti nel periodo di riferimento, potendo persino determinare una sterilizzazione totale degli stessi.
Muovendo da una prospettiva simile, quindi, gli effetti positivi derivanti dai contratti derivati di tipo swap, da rilevare secondo la relativa competenza, finiscono per ridurre il costo effettivamente rimasto a carico cui commisurare i crediti d'imposta riconosciuti a fronte dell'acquisto e del consumo di energia elettrica e di gas naturale.
In base allo stesso principio, secondo l'Agenzia delle Entrate i proventi conseguiti dall'impresa in dipendenza dello swap sono altresì da considerare nell'accertare la sussistenza del requisito di accesso al credito d'imposta spettante per l'acquisto diretto di energia elettrica, consistente nell'incremento del costo medio dell'energia elettrica sostenuto in determinati periodi.
Ipoteticamente, per esempio, il conseguimento di ricavi da hedging di competenza 2022 potrebbe annullare l'incremento reale dei costi medi sostenuti per la fornitura di energia rispetto al medesimo periodo del 2019, determinando così l'esclusione per l'impresa dal tax credit.
Per avvalersi del credito d'imposta, infatti, è necessario avere sperimentato, entro periodi trimestrali ben determinati dalla disciplina, un aumento dei costi medi pari almeno al 30% rispetto ai corrispondenti periodi del 2019.
Diversamente, in relazione ai crediti d'imposta riconosciuti per l'acquisto di gas naturale per usi energetici diversi da quelli termoelettrici, la disciplina di riferimento condiziona il riconoscimento dell'agevolazione all'incremento dei prezzi di riferimento del Mercato Infragiornaliero (MIGAS), a nulla rilevando il costo effettivamente sostenuto dalla singola impresa, con la conseguenza che i flussi attivi derivanti dal commodity swap non devono essere considerati nel “test di accesso”.
Alla stessa stregua, in relazione al credito d'imposta riservato alle imprese energivore che producono e allo stesso tempo consumano energia elettrica, non assume rilievo, ai fini della determinazione della spesa agevolabile, la contabilizzazione di ricavi afferenti ai derivati di copertura, stante l'espressa previsione di legge secondo cui il beneficio è calcolato avendo riguardo al solo prezzo unico nazionale dell'energia elettrica (PUN).
Anche in tale ultimo caso, tuttavia, nell'ambito della verifica della condizione che legittima il diritto al tax credit, occorre considerare eventuali proventi ritratti da strumenti derivati di copertura; ciò in quanto, come precisato dalle Entrate, l'agevolazione è concessa alle sole imprese che abbiano registrato un incremento del prezzo unitario dei combustibili acquistati ed utilizzati per la produzione della medesima energia elettrica, sicché dell'effetto positivo dei ricavi da hedging si deve tenere conto nel valutare la variazione del prezzo unitario dei combustibili acquistati.
In definitiva, l'Agenzia delle Entrate, pur non rinviandovi espressamente, conferma e sostanzia quanto affermato nell'ambito della Circolare n. 13/E del 13 maggio 2022, laddove si escludevano, sia dal computo della base di calcolo che dall'incremento dei costi dell'energia, le c.d. coperture finanziarie, peraltro estendendo ora tale principio al credito d'imposta per l'acquisto di gas naturale.
Osservazioni
Ispirate da un criterio di ragionevolezza, indefettibile nell'ambito di una misura che mira a ristorare le imprese colpite dai rincari energetici degli ultimi anni, le conclusioni raggiunte dalle Entrate appaiono aderenti alla ratio della norma stessa.
Un'interpretazione difforme, d'altro canto, avrebbe potuto comportare indebiti vantaggi a favore delle imprese che hanno ottenuto benefici economici dalla sottoscrizione di strumenti derivati, che avrebbero potuto, per ipotesi, non solo coprire interamente i costi sostenuti nel periodo per l'acquisto della materia prima grazie agli strumenti sottoscritti, ma persino conseguire un surplus per mezzo del credito d'imposta ottenuto.
Si noti, peraltro, come un'impostazione diversa rispetto a quella avallata dall'Amministrazione sarebbe potuta risultare discriminante nei confronti dei contribuenti che non avessero sottoscritto strumenti derivati.
Da ultimo, benché la risposta ad interpello non affronti tale ipotesi, si ritiene che analoghe conclusioni dovrebbero rendersi applicabili a eventuali differenziali negativi da swap, ai fini sia del computo dell'incremento che della spesa agevolabile, comportando un aumento di quest'ultima.
Parimenti, i chiarimenti forniti dovrebbero potersi estendere a qualsiasi differenziale oggetto di copertura da parte di derivati, ivi includendo ad esempio le differenze cambi su valuta per energia o gas acquistato all'estero.