lunedì 03/07/2023 • 06:07
In pieno periodo di predisposizione delle dichiarazioni dei redditi, Assonime pubblica una Circolare (n. 19 del 26 giugno 2023) con la quale vengono esaminate diverse novità relative alle dichiarazioni Ires e Irap e alla predisposizione dei versamenti delle relative imposte.
Tra i diversi punti di approfondimento presenti nel documento di Assonime (Circolare n. 19 del 26 giugno 2023), si vuole fare specifico riferimento alla “reintroduzione” della disciplina che limita la deducibilità dei costi black list (nuovi commi da 9-bis a 9-quinquies dell'art. 110 del TUIR) e alla disciplina della retrodatazione contabile della fusione e gli effetti sulla base ACE (Risp. AE 18 gennaio 2023 n. 71). La circolare si occupa anche della normativa relativa al versamento delle imposte, che tuttavia non ha subìto cambiamenti sostanziali rispetto al 2022. Nessuna variazione vi è stata per i termini di versamento e di calcolo delle imposte (Ires e Irap), compresi gli acconti che, per il loro calcolo si potrà utilizzare sia il metodo c.d. storico, avendo, cioè, riguardo all'imposta liquidata per il 2022, tanto quello c.d. previsionale, basato sull'imposta che si prevede di liquidare per il 2023. Deducibilità dei costi black list Una novità presente nella dichiarazione dei redditi fa riferimento al quadro RF dedicato alla determinazione del reddito d'impresa il quale, tra le variazioni in aumento e in diminuzione, accoglie anche quelle conseguenti al “ripristino” della disciplina che limita la deducibilità dei costi c.d. black list (Ripristino previsto dalla Legge di Bilancio 2023). In passato era prevista un'analoga disciplina che limitava la deducibilità dei costi provenienti da Stati e territori esteri a fiscalità privilegiata (c.d. Paesi black list o Paradisi fiscali), disciplina in origine particolarmente restrittiva, ma poi abrogata dalla Legge di stabilità 2016. Con le modifiche apportate dalla Legge di bilancio 2023 all'art. 110 del TUIR viene riconosciuta la deducibilità secondo le regole ordinarie di determinazione del reddito di impresa, fino a concorrenza del valore “normale” determinato ai sensi dell'art. 9 del TUIR, delle spese e degli altri componenti negativi che, pur avendo avuto “concreta esecuzione”, derivino da operazioni “intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali”. La deducibilità delle predette spese non incontra alcun limite allorché il contribuente provi che l'operazione concretamente realizzata risponde ad un “effettivo interesse economico”. L'elemento distintivo rispetto alla precedente disciplina attiene al profilo dell'individuazione dei Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali. La Legge di Bilancio 2023 identifica, tali Paesi e territori con le giurisdizioni individuate nell'allegato I alla lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, adottata con le conclusioni del Consiglio dell'Unione europea. La “reintroduzione” di questa disciplina era apparsa potenzialmente idonea a disincentivare gli investimenti delle imprese operanti dall'Italia nei Paesi e territori individuati nella lista e, nello specifico, a dissuadere il contribuente dal concludere operazioni con controparti ivi localizzate. Tuttavia l'inserimento di quattro nuove giurisdizioni (Isole Vergini britanniche, Costa Rica, Isole Marshall e in particolare la Russia) rende più probabile la possibilità di ricadere nell'ambito applicativo della nuova disciplina. Si è così posto il dubbio del momento a partire dal quale le operazioni intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Russia dovrebbero sottostare ai già menzionati limiti di deducibilità e, se di tale ultimo aggiornamento dell'elenco si debba tener conto per il periodo di imposta 2022 Viene chiarito che l'aggiornamento periodico della lista non può mai comportare un qualche effetto “retroattivo” sulle operazioni già effettuate prima di tale data, dunque, il contribuente non potrebbe mai essere tenuto a rivedere “retrospettivamente” le operazioni poste in essere nel periodo di imposta 2022 con le imprese operanti nelle quattro giurisdizioni aggiunte nella lista UE lo scorso febbraio 2023. La normativa individua un preciso dies a quo in quanto pone riferimento alle “giurisdizioni individuate nell'allegato I alla lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali, adottata con conclusioni del Consiglio dell'Unione europea”. Secondo Assonime posto che le conclusioni del Consiglio dell'UE diventano ufficiali solo nel momento della loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'UE, il riferimento corretto dovrebbe essere sempre posto alla data in cui viene data “pubblicità” a tali conclusioni. Poiché le conclusioni del Consiglio sulla lista UE riveduta delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea C 64 del 21 febbraio 2023 (2023/C 64/06), sarebbe logico e corretto fare riferimento esclusivamente a tale data. Non vi dovrebbero essere inoltre dubbi circa il fatto che le operazioni effettuate con imprese localizzate in Russia entro il 20 febbraio 2023, non rientrano nell'ambito applicativo della disciplina limitativa della deducibilità dei costi black list. Qualche problema di interpretazione potrebbe porsi tuttavia rispetto alle commesse, ultra o infra-annuali, che originano da contratti conclusi entro la suddetta data, la cui esecuzione si è protratta dopo il 20 febbraio 2023, e secondo il parere di Assonime (che comunque auspica chiarimenti ufficiali) per tale ipotesi vi dovrebbe essere una esclusione dalla disciplina in esame. Retrodatazione contabile della fusione ed effetti su base ACE Con riferimento alla retrodatazione contabile della fusione e agli effetti sulla base ACE, l'Agenzia delle Entrate, in risposta ad un interpello del 18 gennaio 2023 n. 71, ha confermato che il dividendo incassato dall'incorporante può concorrere alla formazione della base ACE a partire dal 2020 pur non essendo ricompreso nell'utile accantonato a riserva. Dopo aver conseguito nel 2018, un utile di esercizio e averlo distribuito nel 2019 alla propria controllante, la società era stata incorporata con effetti retrodatati all'inizio dell'esercizio 2019. Per effetto della retrodatazione il dividendo incassato dalla incorporante era stato stornato ed era stato imputato ad incremento del patrimonio netto contabile della incorporata con conseguente riduzione del disavanzo da annullamento. La società incorporante, a sua volta, aveva conseguito un utile nel 2019 integralmente accantonato a riserva nel 2020 con rilevanza ACE a partire dal medesimo anno. A causa della retrodatazione contabile e fiscale della fusione, tuttavia, non aveva potuto far concorrere alla formazione di tale utile il dividendo incassato. L'Agenzia delle Entrate osserva che nell'ambito delle fusioni, agli effetti dell'ACE, vale il principio di conservazione della base ACE, con la conseguenza che il beneficio spettante alle società che prendono parte all'operazione deve essere pari a quello che sarebbe spettato a ciascuna in assenza della fusione. Poiché in mancanza della fusione i dividendi distribuiti avrebbero concorso alla formazione dell'utile accantonato a riserva, in ossequio al principio in questione, deve attribuirsi rilevanza anche a questa componente, ancorché non evidenziata contabilmente. Ciò in quanto il principio di conservazione della base agevolabile deve considerarsi prevalente rispetto al principio di “derivazione contabile” che caratterizza normalmente l'ACE. Nell'analizzare l'orientamento espresso dall'Agenzia, Assonime afferma che è vero che in presenza di una fusione tra due o più società, il principio di conservazione della base ACE delle società coinvolte nell'operazione ha una valenza preminente rispetto al dato contabile, ma è anche vero, che le fusioni non sono del tutto neutrali per quanto attiene al loro impatto sulle vicende successive suscettibili di assumere una rilevanza ai fini dell'ACE. Il principio in questione non può travalicare il momento di perfezionamento dell'operazione, nel senso che non è possibile continuare sine die, post fusione, a calcolare la base ACE in modo da riprodurre quello che sarebbe stato l'incremento di capitale proprio delle imprese coinvolte in assenza dell'aggregazione. Il tema fondamentale è stabilire quale sia il limite temporale di operatività di tale principio nel caso in cui la fusione venga retrodatata ai fini contabili e fiscali. Dal documento di prassi dell'Agenzia, si protende per una linea interpretativa che tende ad equiparare, quanto agli effetti sulla base ACE, le fusioni retrodatate a quelle che non sono oggetto di retrodatazione. Poiché il dividendo incassato è stato effettivamente distribuito all'incorporante nel periodo interinale è ininfluente che sia intervenuta la retrodatazione, il dividendo deve comunque ritenersi come parte integrante dell'utile di esercizio, anche se non figura più in bilancio perché eliso contabilmente, così come sarebbe avvenuto in assenza della retrodatazione.
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Francesca Moretti
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