lunedì 26/06/2023 • 06:00
La Cassazione ha escluso che la richiesta di chiarimenti, formulata nei confronti dell’utilizzatore di fatture per operazioni inesistenti nel procedimento nei confronti dell’emittente, possa rappresentare causa ostativa all’operatività del ravvedimento operoso come causa di esclusione della punibilità.
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Ravvedimento operoso come causa di esclusione della punibilità
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26274/2023, ha confermato, ai sensi dell'art.13 del D.lgs. n. 74/2000, la non punibilità del contribuente che aveva indicato nella dichiarazione dei redditi elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture aventi ad oggetto operazioni inesistenti, grazie al pagamento integrale del debito tributario.
Il citato art. 13 del D.Lgs. n. 74/2000 prevede, infatti, che i reati di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 non siano punibili se i debiti tributari, compresi sanzioni e interessi, siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito di ravvedimento operoso e "sempre che il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo di procedimenti penali".
Ebbene nel caso in esame il Procuratore della Repubblica (che ha impugnato con ricorso per Cassazione la decisione di secondo grado) contestava l'applicabilità del citato art.13 in quanto sosteneva che la richiesta di chiarimenti rivolta all'imputato dall'Agenzia delle Entrate nell'ambito delle indagini svolte nei confronti della società emittente le fatture false era idonea a determinare formalmente la conoscenza di un accertamento amministrativo e dunque a far venir meno il carattere spontaneo del ravvedimento.
A supporto della propria interpretazione il Procuratore richiamava anche la disciplina in materia di collaborazione volontaria contenuta nella legge n.186/2014 in cui il legislatore ha previsto come preclusione all'operatività di essa il fatto che il contribuente abbia avuto conoscenza di accessi e indagini "anche nei confronti di obbligati solidali o concorrenti nel reato".
La richiesta di chiarimenti in un procedimento amministrativo distinto non preclude il ravvedimento
La Corte di Cassazione, richiamando la portata deflattiva del predetto articolo 13 in quanto causa di esclusione di punibilità in senso stretto, sottolinea come con detta norma si sia voluta concedere al contribuente la possibilità di eliminare la rilevanza penale della propria condotta attraverso una piena soddisfazione dell'Erario.
Detta norma per i giudici presuppone una sorta di "spontaneità" individuata in un ravvedimento che interviene prima della formale conoscenza di un accertamento fiscale o di un procedimento penale. Si tratta dunque di verificare se detta formale conoscenza possa considerarsi configurabile anche quando le indagini vengono svolte nei confronti di soggetti terzi rispetto al contribuente destinatario dell'accertamento e/o dell'imputato.
I giudici mettono però in evidenza una sostanziale differenza tra il diritto penale e il diritto tributario; infatti, con riferimento al procedimento penale, precisano che il concetto di "formale conoscenza" rinvia ad atti tipici, descritti nel codice di rito, con cui l'indagato acquisisce conoscenza formale di un procedimento penale, mentre la nozione di "formale conoscenza" di un accertamento amministrativo non richiama esemplificativamente gli atti tipici dell'accertamento tributario.
Nel caso in esame, l'Agenzia delle Entrate, nell'ambito di accertamenti avviati nei confronti della società emittente le fatture false, aveva invitato l'imputato (utilizzatore di dette fatture) a fornire chiarimenti; quest'ultimo, prima che venisse compiuto un accertamento nei suoi confronti, ha però effettuato il pagamento di quanto richiesto (imposte, interessi e sanzioni). Ebbene proprio tale pagamento è stato ritenuto dalla Corte di cassazione (che in questo ha confermato la sentenza d'appello) spontaneo e tempestivo rispetto a qualsivoglia contestazione formale con la conseguente applicazione dell'art. 13 del D.lgs. n. 74/2000 e l'esclusione della punibilità del soggetto.
Quanto all'invocazione della norma sulla collaborazione volontaria, i giudici hanno chiarito che proprio la precisazione espressa del legislatore sul fatto che quest'ultima non sia ammessa quando il contribuente abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni e verifiche "anche nei confronti di obbligati solidali o concorrenti nel reato" implica che laddove non ha voluto operare tale limitazione ha mantenuto il silenzio come ha fatto, appunto, nel caso di specie.
Fonte: Cass. 19 giugno 2023 n. 26274
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