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lunedì 12/06/2023 • 06:00

Impresa Governance aziendale

Adottato il testo della Corporate Sustainability Due Diligence

Il Parlamento europeo ha adottato le nuove norme che impongono alle aziende di integrare i diritti umani e le considerazioni ambientali nella loro governance e di prevenire, porre fine o mitigare l'impatto negativo delle loro attività sulle persone e il pianeta.

di Eleonora Montani - Avvocato, Direttore corso Sostenibilità e Modelli 231 SDA Bocconi

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  • Tempo di lettura 1 min.
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La “due diligence” sulla sostenibilità nella governance d’impresa

Nella seduta plenaria del 1° giugno u.s. il Parlamento Europeo ha adottato, con 366 voti a favore, 225 contrari e 38 astensioni, la sua posizione sulla Corporate Sustainability Due Diligence Directive – CSDD. Il passaggio in assemblea plenaria segue l’adozione avvenuta dalla Commissione Affari Legali del Parlamento Europeo avvenuta lo scorso aprile (in questa rivista il commento al testo approvato). La deputata Lara Wolters, relatrice della proposta, dopo il voto ha dischiarato “Il sostegno del Parlamento europeo rappresenta una svolta nella riflessione sul ruolo delle imprese nella società. Una legge sulla responsabilità d'impresa deve garantire che il futuro sia delle aziende che trattano le persone e l'ambiente in modo sano, non di quelle che hanno fatto del danno ambientale e dello sfruttamento un modello di guadagno. La maggior parte delle aziende prende sul serio i propri doveri nei confronti delle persone e dell'ambiente. Noi aiutiamo queste aziende con questa ‘legge sul commercio equo’. E allo stesso tempo tagliamo fuori quelle poche grandi aziende cowboy che non rispettano le regole”. I risultati della votazione rendono però immediatamente evidente la frammentazione dell’assemblea e restituiscono plasticamente come il percorso che ha condotto all’approvazione di questo testo sia stato tortuoso lasciando pochi dubbi quanto alla complessità dei prossimi passi.

I prossimi passi per arrivare alla direttiva

Nei prossimi mesi saranno avviati i negoziati con i Paesi EU sul testo finale della Diretttiva.  In questa fase verrà sviluppato il confronto con la posizione degli Stati membri, espressa dal documento approvato dal Consiglio nel mese di dicembre dello scorso anno con l’obiettivo di giungere a un accordo sul testo definitivo che perfezioni una posizione comune. L’auspicio è che si giunga ad un testo condiviso prima delle prossime elezioni europee che si terranno dal 6 al 9 giugno 2024. Una volta trovato l’accordo toccherà agli Stati membri introdurre le nuove norme negli ordinamenti nazionali.

I punti sui quali vi sarà dibattito

Diverse le questioni sensibili attorno alle quali è prevedibile si svilupperanno nuovi dibattiti in ragione delle sensibilità che già ora si sono espresse.

Primo aspetto su cui è prevedibile un confronto concerne i soggetti ricompresi entro il perimetro di applicabilità della normativa e, nello specifico, riguarda la possibilità di estenderla alle istituzioni finanziarie. Il testo licenziato dal Parlamento europeo vede l’estensione delle regole di due diligence anche il settore finanziario includendo, in particolare, gli asset manager e gli investitori istituzionali, ma escludendo i fondi pensione, i fondi di investimento alternativi, gli operatori di mercato e le agenzie di rating del credito. Soluzione questa che non pare soddisfare tutti gli interlocutori.

Per quanto concerne i contenuti della due diligence un tema sensibile concerne l’estensione della catena di fornitura ricompresa nel dovere di diligenza aziendale in materia di sostenibilità e di responsabilità per le violazioni dei diritti umani e per l’ambiente.

Punto di partenza essenziale per ogni riflessione su questo aspetto è sicuramente da rinvenire nell’origine della Direttiva. Ricordiamo, infatti, che la proposta di direttiva affonda le proprie radici in un fatto storico occorso il 24 aprile 2013. Quel giorno un edificio di otto piani nel sub-distretto dell'area metropolitana di Dacca, capitale del Bangladesh, il Rana Plaza, a seguito di un cedimento strutturale, collassò e nel disastro persero la vita 1.134 persone. Le indagini che seguirono portarono alla luce le condizioni di profondo sfruttamento nelle quali versavano i lavoratori e le lavoratrici delle imprese tessili locali, che producevano capi d'abbigliamento per i grandi marchi occidentali; lavoratori e lavoratrici che, pur di non perdere il posto di lavoro e il relativo modesto compenso, furono costretti a entrare nell’edificio già pericolante.

La ratio della Direttiva mira a garantire una migliore protezione dei diritti umani e dell’ambiente veicolandone la tutela tramite la responsabilizzazione dei maggiori players economici, cui è posto in capo un dovere di svolgere un’attività di due diligence per identificare un attuale o potenziale impatto negativo dell’attività d’impresa e mitigare il rischio di offesa dei beni stessi.

In questa prospettiva la scelta effettuata dai parlamentari europei è stata quella di estendere l’ampiezza del concetto di catena di fornitura sino a ricomprendere, oltre alle attività legate alla produzione del bene, anche quelle relative a vendita, distribuzione, trasporto, stoccaggio e gestione dei rifiuti di prodotti e servizi. In questo modo si è scelto di riconoscere la centralità della tutela ambientale dando piena rilevanza agli ambiti indicati nel testo della norma in discussione. Per quanto riguarda l’ambiente, infatti, gli elementi che dovranno essere monitorati comprendono, oltre al cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, il degrado degli ecosistemi terrestri, marini e d’acqua dolce, il disboscamento, il consumo eccessivo di materiale, acqua, energia e altre risorse naturali e la produzione dannosa e la cattiva gestione dei rifiuti, comprese le sostanze pericolose. Secondo il testo della normativa, inoltre le aziende sono chiamate a implementare piani di transizione climatica coerenti con l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura al di sotto degli 1,5°centigradi dell’Accordo di Parigi e a inserire il raggiungimento di tali obiettivi climatici nella remunerazione variabili dei top manager.

Ulteriore profilo di sensibilità attorno al quale è prevedibile si concretizzeranno posizioni differenti concerne il tema della responsabilità dei vertici aziendali. Andrà infatti individuata l’autorità di vigilanza a cui spetterà il compito di verificare il rispetto della normativa e applicare le sanzioni previste in caso di inosservanza della stessa. Il legislatore europeo ha indicato, tra le previsioni, misure quali il “naming and shaming” (pubblicazione dei nomi degli inadempienti), il ritiro dal mercato dei prodotti dell'azienda o l’esclusione dagli appalti pubblici della UE, oltre ad una sanzione pecuniaria pari ad almeno il 5% del fatturato netto globale.

Una cosa è certa: si passa dalla governance  

La normativa pone in capo agli amministratori la responsabilità di integrare il dovere della dirigenza nelle politiche ambientali, di monitorarne l’efficacia, di individuare e, ove necessario, intervenire per mitigare gli effetti negativi delle attività aziendali sui diritti umani e sull’ambiente, non solo in riferimento all’azienda di appartenenza ma anche alla catena del valore in cui questa è inserita. L’obiettivo ultimo avuto di mira dal legislatore europeo è quello di coinvolgere tutte le articolazioni del processo produttivo nella transizione sostenibile attivando comportamenti collaborativi e di reciproco scambio.

La natura compartecipativa del progetto di transizione, rappresentata e declinata nella disciplina della Corporate Sustainability Due Diligence, richiama necessariamente la centralità di una buona governance, strumento essenziale per poter ridefinire l’approccio aziendale allo sviluppo sostenibile, permearne la cultura d’impresa e diffondere comportamenti coerenti e virtuosi in tutte le linee operative e di controllo.

Fonte: Corporate Sustainability Due Diligence Directive

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