mercoledì 03/05/2023 • 06:00
La partenza della delega per la riforma fiscale è avvenuta il 20 aprile 2023, quando la Commissione Finanze della Camera ne ha iniziato l’esame. I singoli provvedimenti dovranno superare il non facile scoglio della copertura finanziaria.
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A quasi un mese di distanza dalla presentazione ufficiale del 23 marzo 2023, quando non era ancora stato depositato il testo del disegno di legge, possiamo dire che è veramente iniziato l'iter per l'approvazione della delega fiscale.
Alcune puntualizzazioni sulla documentazione disponibile nel sito internet del Parlamento:
In tutte le disposizioni proposte aleggia il tema della “riduzione delle imposte”: agevolazioni alle famiglie con figli, riduzione delle aliquote in vista di una possibile flat tax generalizzata.
La relazione tecnica porta la firma del Ragioniere Generale dello Stato, in quanto non è nemmeno immaginabile una riduzione del complessivo gettito tributario. Al riguardo si legge: “La clausola di invarianza finanziaria è espressamente prevista dall'articolo 20 del presente disegno di legge, ed è volta ad assicurare la neutralità finanziaria e/o l'invarianza del gettito complessivo, così da non incidere sui saldi di bilancio e da assicurare il rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica. Ad ulteriore garanzia del rispetto di tale clausola di neutralità finanziaria, l'articolo 20, comma 3, stabilisce esplicitamente che qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri o minori entrate, che non trovino compensazione al proprio interno, si provvederà ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ovvero mediante compensazione con le risorse finanziarie recate dai decreti legislativi adottati ai sensi della presente legge, trasmessi alle Camere prima di quelli che comportano i nuovi o maggiori oneri.”
Abbiamo sottolineato la sequenza dei provvedimenti modificativi del gettito: prima si approvano i decreti legislativi che lo aumentano, per poter finanziare i successivi di segno contrario.
La possibile riduzione del gettito
Un ambito di notevole rilievo per la possibile riduzione del gettito riguarda la giusta e doverosa unificazione nell'unica categoria dei “redditi finanziari” di quelli che oggi noi distinguiamo tra “redditi di capitale” e “redditi diversi”. La distinzione teorica è che i primi danno frutti senza incidere sul rimborso del capitale (a meno che, come è più volte capitato, l'emittente del titolo sia insolvente), mentre i frutti dei secondi sono di due specie, comprendendo un rendimento da stacco cedola, che rimane nei redditi di capitale e si integra – con un segno che può essere negativo – con il risultato della cessione del titolo.
In concreto oggi un privato che ha venduto dei titoli in perdita potrebbe non avere in vista una vendita in utile nei quattro anni successivi, per la quale non pagherebbe imposte per la compensazione con il risultato negativo. Ma se: a) possiede anche altri titoli che hanno il segno meno, e b) nel frattempo riscuote dividendi, su questi paga il 26% di ritenuta secca, che non è una aliquota ridotta, in quanto se si tiene conto delle imposte pagate dalla società (che in passato davano diritto ad un credito d'imposta a favore del socio) l'aliquota complessiva è il 43%, cioè l'aliquota massima dell'IRPEF.
L'omogeneizzazione di questi redditi in un'unica categoria e la convergenza verso la tassazione dei titoli di Stato era già scritta in una legge delega di venti anni fa (articolo 3, comma 1, lettera d, legge 7 aprile 2003, n. 80), che prevedeva anche due sole aliquote IRPEF (23% e 33% oltre 100.000 euro).
Come ben sappiamo nulla di tutto questo è stato attuato, per il vincolo di bilancio, oggi ancor più stringente per la necessità di recuperare l'impatto (eufemismo) sul bilancio dello Stato del superbonus 110%.
Un'ultima osservazione sull'iter normativo, che si distingue rispetto ad analoghe iniziative del passato. I decreti legislativi delegati possono essere adottati entro due anni dall'approvazione della legge delega, ma un anno prima è prevista l'adozione dei testi unici, cui farebbe seguito l'adozione di un codice articolato in una parte generale, recante la disciplina unitaria degli istituti comuni del sistema fiscale, e una parte speciale, contenente la disciplina delle singole imposte, al fine di semplificare il sistema tributario e accrescere la chiarezza e la conoscibilità delle norme fiscali, la certezza dei rapporti giuridici e l'efficienza dell'operato dell'Amministrazione finanziaria.
In altri termini i testi unici verosimilmente saranno una mera raccolta editoriale della normativa vigente. Non avranno una lunga vita, il quanto verranno meno con la successiva adozione del codice.
Finalmente avremo anche noi il Code général des impôts (in Francia dal 1952) o l'Abgabenordnung (in Germania dal 1977).
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